L’angolo di Full: “La Storia che non conosciamo”

 

Ritroviamo oggi, nel nostro spazio dedicato ai racconti brevi, l’amico Full.
Cogliamo l’occasione per segnalarvi che diversi suoi racconti sono stati pubblicati da Lillibook. Li trovate in ben 30 librerie online, comprese le più note: Ibs, Rizzolila Feltrinelli,  Amazon e in Mondadori. Non solo: è in programma  anche la loro pubblicazione su formati appositi per i cosiddetti cellulari intelligenti.

Ora vi lasciamo alla lettura di un suo recente brano, da leggere con molta attenzione:

 

La Storia che non conosciamo
      
    Alcuni anni fa, durante un temporale, m’ero rifugiato col mio piccolo cabinato in un porticciolo del lago Maggiore e stavo preparandomi alla notte quando, un radio giornale svizzero, diffuse la notizia di un atto di pirateria nel vicino porto di Locarno. Si trattava di due balordi sorpresi, nottetempo, a rubare gli strumenti di navigazione da una imbarcazione nonostante la presenza del proprietario che stava dormendo a bordo coi propri bambini. Il bravo papà affrontò con foga i ladri scaraventandoli entrambi in acqua.
A questo punto lo speaker trasformava la vicenda in teatrino raccontando che la gendarmeria svizzera, subito avvertita, arrestava i due balordi ma era costretta a rilasciarli in quanto il furto non era stato consumato. I mancati pirati, baldanzosi per il rilascio, tornarono alla barca per vendicarsi del bagno forzato, ma furono rispediti in acqua dal bravo papà il cui coraggio e forza erano certamente moltiplicati dalla presenza dei suoi bimbi, cioè dalla necessità di difendere la cucciolata.
La notizia dell’atto (quasi) piratesco non mi allarmò più di tanto anche perché, in cabina con me, dormiva la mia cagnolina Fly, pronta a casini furibondi se un solo passo avesse sfiorato il ponte della barca: per quanto svezzato e stagionato, ero io il suo cucciolotto.
Tuttavia, quell’avvenimento mi spinse a rinverdire certe nozioni storiche sui feroci pirati Mazzarditi che, seicento anni prima, imperversavano sul lago Maggiore facendo base ai castelli di Cannero.

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      Sui due isolotti che fronteggiano questo paese piemontese, ci sono i ruderi di due fortezze costruite fra il 1220 e il 1300, detti “castelli di Malpaga”. Alla fine del XIV secolo erano abitati dai cinque fratelli Mezzarditi, temutissimi briganti. Una sorta di pirati lacustri che depredavano ogni villaggio nei pressi e ogni imbarcazione che incontravano. Questi castelli rappresentavano il loro rifugio e, avvolti nelle brume, apparivano tetri e inespugnabili. Di fatto, nessuno osava avvicinarsi con la propria imbarcazione. Dopo dieci anni di scorribande, il duca Filippo Maria Visconti, a seguito delle incessanti lamentele da parte degli abitanti del luogo, decise di assediare la rocca con quattrocento soldati, facendo arrendere i fratelli e distruggendo il castello.
Si dice che, nell’arco degli anni, i fratelli Mazzarditi erano riusciti ad accumulare molte ricchezze e, prima di capitolare, gettarono tutto nel lago, così come vi gettavano le donne dopo averle rapite e violentate. Alcune di loro riuscivano a recuperare la riva a nuoto, altre annegavano miseramente.

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Abbiamo fatto una tale assuefazione a queste notizie sul perpetuo martirio delle donne che non sempre ci colpiscono come dovrebbero. I loro figli le stracciano per nascere e i figli altrui tornano a stracciarle ignobilmente. Eppure dovremmo amarle senza condizioni, fosse solo per il fatto che ci hanno messi al mondo e siamo stati parte del loro corpo: in qualche senso, noi tutti siamo stati donna.
Un’altra vittima predestinata di ogni conflitto è la verità: infatti, secondo la versione ufficiale, i famigerati predoni avrebbero trattato la resa col duca Filippo in cambio della vita mentre, altre fonti, li dicono tutti affogati, legati a un unico macigno, perché si dannassero coi fantasmi delle loro vittime innocenti che, secondo leggenda, abitavano le profondità del lago.

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  In seguito (1520) uno dei due castelli fu ricostruito e ristrutturato dai Borromeo, all’epoca signori del lago, per essere utilizzato come elegante residenza che prese il nome di Vitaliana. L’altro castello restò una torre di avvistamento contro le incursioni svizzere.
Nel corso dei secoli successivi le strutture andarono incontro al definitivo declino e divennero, via via, rifugio di contrabbandieri, base dei pescatori e persino sede di una banda di falsari. Attualmente rimangono solo le rovine di queste antiche fortificazioni.

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Negli ultimi anni sono state avanzate varie ipotesi di ristrutturazione della rocca, ma l’operazione, finalizzata al turismo, è osteggiata dalle associazioni ambientaliste, volte anch’esse al giusto o all’errore come ogni iniziativa umana. In conclusione, per chi ha visto mortificare ogni proposito di restauro di quelle antichità sempre più in rovina, la rocca rimane tuttora un… covo di pirati!

Il sonno, intanto, cominciava a sbattere le sue ali pesanti, o forse era il vento a sbatacchiare qualche attrezzo affrancato male sul ponte della barca. “Domani lo sistemo”, fu il proposito che recitai come preghiera della sera, prima di scivolare negli abissi di altri mondi.

Fulvio Musso

(Dalle letture per le scuole di riabilitazione alla parola AILAR – Associazione Italiana Laringectomizzati – sezione Ospedale di Busto Arsizio – VA)

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