Val di Susa: “No Tav” guerra in montagna

Riportiamo due video girati da Vittorio Bertola del Movimento 5 Stelle di Torino e il suo racconto della guerra a Chiomonte. Quello che sta succedendo in Val di Susa rappresenta la sconfitta dello Stato italiano e ricorda, come scrive Bertola,  il “fascismo di qualsiasi dittatura”. Poliziotti, circa duemila,  in tenuta antisommossa che sparano lacrimogeni proibiti dalle convenzioni internazionali, perché considerati armi chimiche, le tende dei manifestanti tagliate e saccheggiate, gli amministratori locali allontanati con spintoni e manganellate, un presidio controllato da 600 uomini, fili spinati alti 2 metri e blocchi di cemento a delimitare i lavori che stanno andando avanti. E l’assenza di qualsiasi dialogo: da una parte un gruppo di mille cittadini che difende la propria Valle dalla costruzione, probabilmente insensata, di una linea dell’alta velocità che costerà circa 20 miliardi, dall’altra uno Stato che adotta la violenza pianificata  per rispondere ai cittadini che mettono in atto il proprio dirittto a manifestare. Al centro di tutto, come sempre, l’interesse economico, quei 600 milioni di euro che la UE dovrebbe erogare al governo italiano, un “grande affare” che sottomette tutto e non guarda in faccia nessuno. Alla faccia, e mi si passi il gioco di parole, della democrazia! (F. Lippi)

 

 

di Vittorio Bertola  29.06.11 11:07

È due giorni che penso a come raccontarvi per bene una giornata memorabile, allucinante, meravigliosa, terribile, che resterà a lungo nei miei ricordi, con l’orgoglio di essere stato lì per dovere istituzionale e insieme per le mie idee, una sensazione che vale tutto, vale qualsiasi sofferenza e qualsiasi dolore fisico, una sensazione che in una società dominata dal senso di vuoto vale davvero un’esistenza.

Lunedì mattina a Chiomonte è andata in scena la guerra, lo Stato italiano – o meglio, l’entità di potere che pretende di esserlo – ha scelto di usare la violenza contro l’opposizione politica, contro una manifestazione e un presidio di oltre mille persone, sostenute da gruppi, associazioni, comitati, intellettuali e da tre movimenti politici, una violenza che non può che ricordare il fascismo di qualsiasi dittatura.

Come vedrete nei filmati, è stata una giornata di guerra: sembrava di essere in Vietnam. Lo Stato ha rifiutato il dialogo, ha ignorato gli amministratori e i mediatori politici, ha pianificato e applicato la violenza. Lo Stato ha cercato di far male ai propri cittadini nel modo più sottile ma più spietato, braccandoci senza necessità e sparandoci addosso i lacrimogeni al gas CS, vietato in guerra dalle convenzioni internazionali sulle armi chimiche, ma usato senza ritegno dalla Repubblica Italiana contro i propri cittadini inermi; sapendo perfettamente che in una fuga sulle rocce molti si sarebbero fatti male, magari cadendo in un dirupo – e soltanto la preparazione e la (relativa) saldezza di nervi dei manifestanti ha evitato il peggio, con squadre di medici che soccorrevano i feriti, altre squadre che aiutavano a liberarsi dai gas, e in generale tutti che aiutavano tutti a risalire la montagna.

Il mio racconto è nei due filmati qui sotto, fatti col cellulare, sgranati, ma spero eloquenti, utili a capire cos’è stato veramente il lunedì in cui i politici che pretendono di essere Stato, da Maroni a Fassino, hanno portato la guerra in Piemonte. Domenica ci sarà una manifestazione oceanica, a Susa, pacifica e ferma, i dettagli seguiranno. Scegliete voi se esserci, o se chinare la testa.

Guarda il video su Youtube: Guerra in montagna 1/2

Guarda il video su Youtube: Guerra in montagna 2/2

Vista la vergognosa disinformazione dei giornalai di regime (e poi si lamentano se vengono insultati), aggiungo alcune cose.

1) Il bello di fare politica è trovare sulla propria strada grandi uomini, e ripeto: sulla strada, non nei palazzi. Ammiro all’infinito Turi Vaccaro, una persona capace di farsi volontariamente pestare a sangue dalla polizia per le proprie idee – io non ne sarei capace. Spero stia bene, spero che qualcuno ne abbia notizie.

2) Io non ho visto lanciare sassi o chiodi sui poliziotti. Non dico che non sia avvenuto, non posso saperlo, dico che dove c’ero io, compreso il fronte del primo sfondamento sull’autostrada, ho visto solo resistenza pacifica e passiva, ho visto autodifesa con quel che si poteva. L’unico lancio di sassi di cui ho avuto notizia è all’inizio del primo filmato ed è stato fatto da persone non identificate, non del nostro gruppo. Anche qui, non sto dicendo che siano per forza provocatori travestiti da manifestanti stile Genova, ma certo il dubbio viene. D’altra parte mi pare naturale che più tardi, nel momento caldo, vedendosi arrivare addosso centinaia di poliziotti in assetto da guerra, qualcuno abbia risposto tirandogli addosso tutto quel che aveva sottomano.

3) Caro Torino Cronaca, pubblicare un video intitolato “I No Tav lanciano pietre, la polizia spara lacrimogeni”, in cui si vede solo la polizia che spara i lacrimogeni, è davvero vergognoso. Se c’è un ordine dei giornalisti, che batta un colpo.

4) Il presidio della Maddalena era assolutamente legale. Si trovava su terreni privati usati col consenso dei proprietari, o su suolo pubblico per cui era stata ottenuta l’autorizzazione dal Comune di Chiomonte pagando la relativa tassa (834 euro). Chissà perché nessun giornale l’ha scritto.

5) Pare che la polizia abbia distrutto anche il sito archeologico neolitico e il museo realizzato con tanta fatica alla Maddalena. E poi quest’opera porterebbe sviluppo e turisti. E poi i vandali sarebbero i No Tav. Persino la giunta Sì Tav di Chiomonte non ne può più.

6) La giustificazione per lo sgombero è stata un’ordinanza del prefetto (che non ho ancora avuto il piacere di veder pubblicata) che requisisce l’intera area per chilometri. Sottolineo “requisisce”: perché la Repubblica Italiana ha delle procedure di esproprio che permettono allo Stato di ottenere forzosamente terreni privati per costruirci opere pubbliche, procedure che ancora non sono state effettuate. Dopo lunedì, sappiate che potrebbe arrivare un’orda di carabinieri davanti alla porta di casa vostra, dirvi che casa vostra è requisita per decisione insindacabile del prefetto, e buttarvi fuori di casa coi lacrimogeni. Non sto scherzando e non sto esagerando.

Valutate dunque voi se non siamo tornati ai tempi del fascismo. Penso che la Resistenza fosse così, che i partigiani, con le loro povere dotazioni fabbricate in casa contro i blindati dei tedeschi, si trovassero su quei monti nella nostra stessa situazione, con i paesi occupati con le armi, con case e terreni requisiti in punta di fucile dall’invasore. Non stupitevi se decine di migliaia di persone, in Valsusa e altrove, non si sentono più italiane – o meglio, si sentono italianissime, tanto che lunedì la polizia è stata accolta anche con l’inno di Mameli, ma pensano che chi ci governa attualmente abbia usurpato la democrazia: invasi e sottomessi da una nuova repubblica sociale, con oggetto societario i grandi affari.

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