UN’ANALISI COMPARATA DELLA PARZIALE UTILITÀ DEL VOLONTARIATO IN ITALIA

Se ci si dedicasse a contrastare la burocrazia molti problemi non si verificherebbero. Ma i “paladini antiburocrazia” in Italia sono mera utopia

di Ernesto Bodini

Quante parole, quanti articoli, quante pubblicazioni editoriali; e quanti incontri e manifestazioni pubbliche, quanti interventi a destra e a manca, e quanti i protagonisti di questo lungo ed interminabile elenco? Mi riferisco al ruolo sociale del volontariato e relative associazioni di appartenenza. Un esercito quale risorsa per un Paese che per certi versi non sarebbe tale se non fosse “supportato” da tanta buona volontà e gratuità. Le aree di intervento sono infinite e un po’ tutti abbiamo fruito di una “mano generosa”, denaro compreso, in momenti di particolare difficoltà. Ma ci sono due settori che non sono seguiti dal volontariato (sia pur con qualche eccezione): quello dell’attività divulgativa) non priva di particolare professionalità, e quello relativo alla “lotta alla burocrazia”. Tralasciando il primo caso che potrebbe rientrare in una particolare consuetudine per chi agisce di penna o di mouse, nel secondo caso personalmente non mi sono mai imbattuto in cittadini dediti a contrastare la burocrazia, come pure non ho mai sentito un parlamentare (presidente della Repubblica compreso) suggerire come alienare concretamente gli aspetti burocratici, e tanto meno un privato cittadino che senta il problema di come far fronte ad un ostacolo che da tempo, ormai, ho definito il “cancro dell’Italia”. A mio avviso questa carenza rappresenta la squallida ipocrisia di molti, proprio perché nel concreto tutti si lamentano delle difficoltà (specie tra le più assurde che comprendono i paradossi), ma non si è mai saputo di un paladino o di una associazione votata a tal lotta… democraticamente, bene inteso! Se si vuole essere coerenti fino in fondo non ci si può lamentare delle assurdità perpetrate dalle Pubbliche Amministrazioni (P.A.) se poi si china il capo. Per questa ed altre ragioni, personalmente non condivido, a parte qualche rarissima associazione, iniziative pro-volontariato, in particolare se tra di esse si fa richiesta del classico obolo. Come più volte ho scritto trovo disdicevole e per nulla etico da parte di non poche associazioni invitare il pubblico a versare una quota per sostenere le loro “umanitarie” iniziative, con l’aggravante di stabilire la cifra e la durata di tale offerta (solitamente almeno per un anno). Inoltre, sostengo da sempre che tutto ciò che è “supportato” dal volontariato è un risparmio delle Istituzioni. Ma quello che ritengo più utile ai fini della solidarietà umana, è il rendersi disponibili nell’aiutare, difendere e tutelare i nostri concittadini che sono in procinto di affrontare le maglie della burocrazia, in taluni casi veri e propri ingranaggi dai quali si rimane stritolati, e magari anche con qualche conseguenza. Ma quali i casi prioritari che si potrebbero (dovrebbero) aiutare? I disabili gravi, gli anziani (specie se soli), i malati che non riescono a farsi curare in modo mirato e tempestivo; e anche quella larga fascia di popolazione che è rappresentata da detenuti processati e condannati… seppur innocenti. È evidente che intervenire con estrema dedizione in questi casi implica un impegno non da poco, oltre avere alcune competenze e una certa determinazione. Ma uno degli ostacoli che si possono incontrare  è il fatto di non essere a volte coadiuvati dagli stessi interessati, e oggi, quel che è peggio è che gran parte delle P.A. tendono a non dare più udienza “de visu” al cittadino, il quale si dovrebbe arrangiare (è il caso di dire) con azioni alternative che non sono il dialogo diretto. E se questa impostazione-veto non è burocrazia che cos’è? È evidente che di questo passo, aggravato dalla quasi totale inerzia del cittadino stesso si andrà incontro ad ulteriori problemi di incomprensione, delusioni e inosservanze sia da parte del cittadino che delle P.A. e, manco a dirlo, ad un eccesso di volontariato là dove non servirebbe, o poco, alla giusta causa. Credo di poter concludere con quanto sosteneva l’americano Mark Victor Hans (1946), uno dei maggiori esperti nell’ambito del potenziamento umano, il quale sosteneva: «Il più gran spreco di risorse umane è il lasciarle inutilizzate». Forse il riferimento non è ai volontari, ma sarebbe utile includerli in queste risorse in quanto parte del tessuto sociale. E, non intervenire contro la burocrazia, è anche una dispersione della dignità umana…!

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