Reportage: A Bruxelles “Without consent it’s rape” l’8 Marzo davanti al Parlamento Europeo con l’Associazione Differenza Donna
Se c’era da fare rumore, lo hanno fatto. Malgrado l’angusto e sporco giardinetto messo loro a disposizione per la manifestazione organizzata davanti al Parlamento Europeo, nella Grand Place di Bruxelles. Rumore, tanto, slogan scanditi con determinazione per farsi sentire, tra fischi e urla, per esserci, ma soprattutto per non abbassare la guardia, per non mollare. Stiamo parlando delle indomabili attiviste dell’Associazione Differenza Donna partite da Roma piene di entusiasmo e tenacia, sono più di 30 anni, infatti, che lottano per i diritti delle donne e stanno continuando a farlo, perché ancora oggi, nel 2024, si sta tentando di disconoscere quello che è il diritto fondamentale di ognuna: quello di negare il consenso all’uomo che vuole appropriarsi del suo corpo anche se lei urla NO. E lo si fa con una legge europea che non tiene conto degli accordi presi a Istanbul e anzi si vuole compiere passi indietro e ignorarla. A Bruxelles abbiamo incontrato la presidente di Differenza Donna, Elisa Ercoli. –Perché questa scelta di venire l’ 8 marzo davanti al Parlamento Europeo non è provocatoria?– ” No. E’ proprio in contatto con quello che stanno decidendo sulle nostre vite, è stata elaborata una direttiva contro la violenza sulle donne che nel testo del Parlamento Europeo ci soddisfaceva completamente ed era rispondente alle evoluzioni importanti che sono le conquiste e le lotte delle donne in questi cinquant’anni di storia. La direttiva è passata al Consiglio che ha stralciato tutte le parti importanti, l’articolo 5, ad esempio, sulla definizione di stupro che invece era una definizione identica a quella ottenuta nella Convenzione di Istanbul, hanno tolto le molestie sessuali sul luogo di lavoro, hanno tolto anche tutta la parte relativa alla formazione di Magistratura e Forze dell’Ordine, insomma hanno neutralizzato tutto il linguaggio e il background teorico che invece nella Convenzione di Istanbul c’è in maniera molto chiara e forte tanto da essere uno strumento davvero efficace e che aveva alzato molto il livello della prevenzione e del contrasto alla violenza.”- Cosa è accaduto, quali sono le motivazioni di questo arretramento?– ” Secondo noi sono successe tante cose diverse, la prima è che come sempre questi temi sono considerati gli ultimi nell’agenda della politica, e quindi hanno espresso dei pareri anche tecnici contrari al primo testo della direttiva, ad esempio la Francia e la Germania all’Ufficio normativo del parlamento Europeo hanno detto che non potevano ammettere la definizione di stupro perché esiste un limite per l’Unione Europea rispetto all’invadere il Diritto Penale dei singoli Stati membri. Noi allora abbiamo chiesto: perché avete messo le mutilazioni genitali femminili, il matrimonio forzato e lo sfruttamento sessuale? Maria Grazia Giammarinaro, che è una giudice italiana importantissima, ha scritto un articolo sulla stampa su questo argomento spiegando che la motivazione addotta non era sostenibile. Ci hanno anche detto di stare attente, perché donne di altri Paesi che hanno uno standard più basso potrebbero godere di questa direttiva e quindi che non dovevamo essere italocentriche, ma di pensare a tutte le altre. Noi siamo entrate in contatto con Femminoteca della Polonia ed altre organizzazioni polacche e loro ci hanno detto che assolutamente no, noi non vogliamo questa direttiva, perché non aiuterebbe nessuna. Oltretutto ogni articolo si conclude con- ogni Stato membro potrà applicare la direttiva come meglio vorrà, in sintonia con il proprio diritto interno…- Tornando alle motivazioni notiamo pochissimo interesse per questo tema, perché non è un tema sul quali creare conflitto e quindi chiunque chiede di abbassare i livelli viene ben accolto, soprattutto se sono paesi così potenti come Francia, Germania o altri paesi all’interno dell’Unione Europea. Quindi poca attenzione, poco valore a questi temi, invece noi continuiamo a dire che finché c’è una grave violazione dei diritti umani come la violenza maschile contro le donne, questa non è una nostra cittadinanza, non è una nostra rappresentanza. Per concludere ribadisco che noi siamo molto autentiche, non vogliamo provocare, vogliamo solo esprimere la nostra opinione, perciò noi non vi votiamo perché non avete voluto affermare nel Diritto Europeo quello che invece per noi una certezza, il nostro corpo non si può violare, e soprattutto non esistono rapporti sessuali senza consenso, perché questo per noi è un grave reato.“
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I NUMERI DI DIFFERENZA DONNA
330 volontarie, 130 dipendenti circa che lavorano nei centri antiviolenza, nelle case rifugio e nelle case di semi autonomia e al 1522, 2500 donne all’anno accolte con i loro bambini nei centri antiviolenza, varie case rifugio e centri antitratta. 5mila sono state le richieste di aiuto a ottobre, 10mila a novembre, 13mila a dicembre. “Si nota una maggiore emersione da parte delle donne e un importante coraggio da parte loro di dire basta alla violenza” spiega un’attivista di Differenza Donna ” e oggi, dopo la tragica morte di Giulia Cecchettin anche genitori, amici, vicini hanno capito che tacere sulla violenza delle donne non è rispettare la privacy come da anni ci insegna il patriarcato, ma essere conniventi di un gravissimo reato che può essere un omicidio o un femminicidio.”
Francesca Lippi