L’ETERNO DILEMMA DEI DIRITTI DELLA PERSONA IN SANITÀ ED ALTRO…

Istituzioni Pubbliche e Cittadino: due strade divergenti con notevoli difficoltà di incontro. Da qui la “svalorizzazione” dei diritti e della dignità.

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e divulgatore di tematiche sociali)

Non si può fare di tutta un’erba un fascio, ma le eccezioni (specie se negative) sono da evidenziare, soprattutto nell’ambito della Sanità pubblica. Da tempo memorabile e ripetutamente ci viene ricordato il valore della Costituzione Italiana, la cui ricchezza di articoli enuncia princìpi degni di una civiltà da fare “invidia” ad alcuni Paesi; ma per quanto riguarda la gran parte della loro applicazione lascia molto a desiderare. Poiché oltre a garantire la stessa, che è il Presidente della Repubblica, è bene rammentare (anche se non ce ne sarebbe bisogno) che sono i politici governanti i preposti a vegliare sulla applicazione, e ciò attraverso l’emanazione di Leggi e normative e se necessario coinvolgendo la Magistratura laddove si ravvisino vere e proprie inadempienze e quindi eventuali reati. Ma richiamando la voce Sanità Pubblica (che per rispetto della stessa istituzione ho usato le iniziali maiuscole) è necessario evidenziare che le prestazioni previste da erogare non sono sempre garantite, e quando lo sono in tempi non consoni alle esigenze del paziente confermate dai medici prescrittori. Ora, a giustificazione di ciò si vanno accampando una serie di scuse più o meno lecite a cominciare dalla penuria di medici e infermieri, eccessive richieste del cittadino, carenze strutturali e logistiche, senza contare casi di  mal practice sanitaria (o medica), a seconda dei casi, ossia abuso o illecito, negligenza o imperizia e,  purtroppo, a volte si evidenziano atteggiamenti professionali che non trovano corrispondenza con la deontologia medica e con gli standard minimi di assistenza. In ogni caso non mancano certo gli effetti della “buona sanità” per merito di coscienziosi professionisti, i quali a volte sono soggetti ad aggressioni da parte del pubblico; ma questo non deve suscitare alcuna sorta di “alibi” tanto da disattendere le aspettative e i diritti del cittadino-paziente. Per quanto riguarda la gestione politica della Sanità nel nostro Paese la stessa è sempre stata oggetto di controversie, proprio perché essendo politica la gestione deve considerare una serie di aspetti soprattutto dal punto di vista economico-finanziario, come ad esempio la spending review, gli obiettivi da raggiungere, le esigenze di aggiornamenti vari, etc. Ma a fronte di ciò, cosa ne può il cittadino-paziente quando bussa alla porta di questa o quella Struttura sanitaria (ospedaliera o territoriale) per farsi curare? Nulla, ovviamente, ma sta di fatto che non di rado le difficoltà per essere curati non mancano, e in queste circostanze molti (per non dire quasi tutti) non sanno come far fronte per tutelarsi e, le persone più a rischio, sono gli anziani, i disabili e quelle più “sprovvedute” dal punto di vista culturale e dell’istruzione. È evidente che questo andamento è in antitesi con i dettami della Costituzione e della razionalità, e ancora oggi non si intravedono soluzioni di sorta per migliorare la gestione della Sanità pubblica; mentre per quanto riguarda quella privata, ovviamente non ci sono problemi: basta pagare in modo cash, ossia in contanti e al momento della prestazione.

Questa differenza è una dicotomia che lede i diritti dell’Uomo sia dal punto di vista delle sue esigenze che da quello della sua dignità, e ciò dimostra quanto poco conta (in non pochi casi) la salute e la vita della Persona, per il cui rispetto talvolta si deve ricorrere ad azioni legali se non anche, in via eccezionale, facendo ricorso alla Corte Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo. Quest’ultima soluzione, se necessaria, metterebbe in cattiva luce il nostro Paese dimostrando che la sua Costituzione si va sempre più “frantumando” dal punto di vista della concretezza, e questo non viene recepito dal cittadino comune e per assurdo nemmeno dai politici governanti, tant’è che l’Italia è il primo Paese con più sentenze della Corte europea dei diritti umani (CEDU) non eseguite. Ad esempio, secondo una tabella elaborata da Politico, su 9.944 sentenze Cedu non implementate, 2.219 riguardano l’Italia: il 22,3%. Per capirci, una su cinque. Distanza siderale rispetto a Francia con 56 sentenze non eseguite e Germania con solo 17. Stati non proprio famosi per il rispetto dei diritti umani come Russia (1.540) e Turchia (1.342) sono più virtuosi di noi. Insomma, facciamo peggio di tutti e 47 i Paesi che fanno parte del Consiglio d’Europa (Fonte: SACE, L’Inchiesta, del 21/9/2017). E che dire dei diritti violati dei disabili? Vorrei approfondire questa parentesi, ma sono certo che mi perderei nei meandri delle ulteriori assurdità istituzionali. Quindi è meglio stendere (per il momento) quel fatidico velo pietoso… per buona pace degli stessi.

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