Jovanotti a Cagliari: non solo musica

Sabato scorso Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti ha chiuso a Cagliari il suo tour negli stadi. A raccontarci la serata, con uno sguardo capace di penetrare ben oltre questo attesissimo appuntamento musicale, è Francesca Salis, una nostra lettrice:

 

15.000 persone  a un concerto, a Cagliari, sono comunque  un evento,  per quanta supponenza in certuni  questo possa scatenare, si tratta di un dato. Un dato che racconta di legami intergenerazionali che si focalizzano su un interesse comune. Una platea  trasportata da Steve  Jobs all’ultimo bacio, dallo sbarco sulla luna con la citazione di Tito Stagno, all’affettuoso  omaggio ad Andrea Parodi. Un dato che fornisce miriadi di occasioni osservative: migliaia di braccia tese, brancolanti verso l’alto, ma assolutamente attente a trattenere il cellulare. Esisti perché vivi un luogo ma ti stai proiettando altrove. Sei quel che vivi e condividi. Sarà davvero uno dei modi che maggiormente ci fanno sentire liberi, come ha affermato Lorenzo?

Premetto che Jovanotti mi piace,  un folletto maturo, saggio e folle al contempo, capace di creare sintesi su idee forti, solide, attinte da diverse culture, ispirate a un umanesimo autentico e non di maniera che arriva diritto al bersaglio,attraverso rime e accordi musicali forse non lirici ma sicuramente armonici, e nel rispetto delle diversità, di tutte le diversità, a cominciare da quelle delle idee,quelle fondamentali. Lorenzo ha trovato una originale modalità di espressione, fatta di riconoscimento e rispetto, di un pensiero orientale che enfatizza il presente( ora), di una visione dell’uomo complessa, sangue e carne, spirito e materia, in eterno movimento, determinato alla ricerca del senso. Tutti elementi  gravidi, fecondi, capaci di passare dalla rima baciata o dalla ripetizione ossessiva, in un contesto dove spesso la futilità sostituisce senza remore il senso. Di questo, a Jovanotti va dato atto, così come del cantare l’amore secondo le sue visioni, anche qui rispettose del dolore, della malinconia, a tratti dolci e tenere, a tratti brusche, ma sempre poetiche. Tutto questo viene donato naturalmente, il suo movimento sul palco è incessante, come l’eterno divenire che vuole raccontare. La sua generosità evidente, tangibile. Eppure nel concerto di Cagliari non si è colta  apertura piena. Lo scatenarsi di una energia che arriva a legare una folla, trasformandola in una unica fonte di emozioni. C’era lo slancio, la professionalità, il mestiere, ma un po’ di anima sembrava trattenuta, vincolata, nascosta . La sensazione è stata quella di trovarsi di fronte a  un ottimo prodotto artigianale che non è  ancora arte, una composizione preziosa a cui manca il filo per diventare altro, se non grazia e leggera armonia. Lo slancio bloccato, lo scorrere interrotto … questo l’aspetto critico di un messaggio  positivo, che cerca di penetrare i problemi oltre le parole, oltre la musica,la potenza di un valore che cresce e si alimenta sulla ricerca, nella consapevolezza di un tutto, assolutamente il prodotto  superiore alla semplice somma delle parti, che per sua condanna e vocazione deve continuare a cercare.

Francesca Salis

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