IL VALORE DELLE FESTIVITÀ: QUANTO SERVE ONORARLE?

Meno lampadine accese ma più vicinanza ai deboli a tutela dei loro diritti quotidiani e soprattutto della loro dignità. Ma la dignità vale un piatto di minestra e un panettone?

di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)

Forse peccherò di retorica, e mi scuso, ma non di ipocrisia se le mie riflessioni si rivolgono a questo periodo (per il vero come anche i precedenti), in cui in molte parti del mondo non si manca di “onorare” la ricorrenza natalizia. In altrettante parti del pianeta non si onora ma si vive, e in molti casi si rivive, una o più condizioni di indigenza. Nel nostro Paese, ad esempio, quasi 6 milioni di persone rientrano nella ormai nota casistica della povertà più o meno assoluta. Ora, mi chiedo, fino a che punto è giusto e lecito dare censo alle Festività, diffondendo ogni sorta di beni, spesso voluttuari (compresi gli eccessivi sfarzi) che di fatto si “contrappongono a chi non ha nulla da evidenziare… ad eccezione il fatto di non riuscire tutti i giorni a mettere insieme il pranzo con la cena? Parimenti è lecito che la vita deve continuare per gli uni e per gli altri, ma al tempo stesso fa parte del nostro destino da quando siamo venuti al mondo, e questa dicotomia (che non è un eufemismo) si accentua sempre di più in presenza dei 52 conflitti tuttora in corso nel mondo, che nessuno riesce a ridimensionare e tanto meno a porvi fine. Oltre ai casi di grave indigenza, si pensi agli orfani, ai malati gravi e alle persone disabili la cui esistenza può essere (forse) allietata dedicando una maggiore attenzione, sia appagando concretamente i loro bisogni che rispettando meglio la loro dignità. Proseguendo, trovo vergognoso e irresponsabile che alcuni soggetti (mi scusino gli interessati se non li cito come persone) che, per soddisfare il loro egoismo praticando sport estremi e attività non necessarie alla sopravvivenza, rischiano la vita e nell’evento maldestro richiedono di essere soccorsi dal Servizio sanitario pubblico con i costi a carico della collettività; una sorta di oltraggio in considerazione delle attuali e gravi carenze del nostro SSN. A questo proposito ritengo ulteriormente doveroso volgere un sguardo a tutti gli operatori sanitari che, tutti gli anni in queste occasioni, non hanno limiti di orari, di ulteriori responsabilità e sacrifici… come se fosse un ulteriore periodo pandemico. Come pure gli operatori delle Forze dell’Ordine e del Soccorso pubblico (oltre a volontari) in ogni ambito, sempre pronti alla tutela di cade in disgrazia a causa di qualunque evento. E che dire anche dei caregivers che per assistere le persone  alate e invalide loro affidate, non conoscono momenti di riposo e privi di tutela sotto ogni aspetto; anche questi faranno fatica a onorare questa festività… dal sapore sempre meno dolce e festaiolo! Ben venga comunque la ricorrenza del Santo Natale, ma chi vive nella agiatezza con quale spirito altruistico? Mi rendo conto di essere impopolare e la schiettezza non sempre “fa onore” a chi la esprime, ma questo è prerogativa di chi è anticonformista, non certo un rifugio ma un modo d’essere coerente; una coerenza che vorrebbe suggerire di essere più vicini ai deboli e disagiati, non solo con un piatto di minestra caldo e una fetta di panettone, ma anche invocando maggior rispetto da parte delle Istituzioni (oltre a quello da parte di tutti noi), affinché trovino un minimo di soluzione per alleviare le loro pene e quindi la loro indigenza. Questi eventuali provvedimenti non devono durare da Natale a Santo Stefano ma tutto l’anno: anche le persone poco o per nulla considerate hanno la bocca sotto il naso… finché vivono. Per coerenza aggiungo che vi sono molte persone che, a vario titolo, nel corso dell’anno manifestano gesti di solidarietà, a volte collettivamente tal’altra in anonimato, e questo nella cosiddetta ordinaria espressione umana; mentre non mi risulta (tranne rare eccezioni) che in Italia ci sia una pur minuscola schiera di cittadini votati alla concreta tutela del cittadino caduto nelle grinfie della burocrazia, a causa della quale vede stravolta ulteriormente la sua esistenza. Parimenti, un pensiero per questa ricorrenza sarebbe doveroso averlo per tutte quelle persone che sono detenute ingiustamente… a causa di errori giudiziari; e sempre in merito a ciò mi chiedo come onorerà il Santo Natale quella Giuria che sa (o ha il dubbio) di aver condannato un innocente?

Con questa doverosa disamina non intendo vestire i panni né di Ponzio Pilato e né di Catone il Censore, ma semplicemente di cittadino che, sia pur non privo di “debolezze” come tutti noi, è presente sul campo con determinate competenze nell’ambito del sociale, ma senza alcun seguito sia perché chi scrive non ama attivarsi attraverso i vari social, e sia perché non intende avvalersi di quella schiera che si usa definire “follower”; una sorta di codazzo che si rafforza sempre di più per onorare l’immagine dei loro beniamini (per la gran parte non certo utili al prossimo!), tra i quali molti personaggi noti sono meglio definiti “influencer”. Un popolo, questo, che a parer mio vive e sopravvive più per acclamazione che per concreti meriti di utilità sociale. Vorrei concludere evidenziando che anch’io non ho avuto una infanzia-adolescenza totalmente serena e non me ne rammarico in quanto ho avuto una famiglia, ma al tempo stesso le avversità incorse da quel periodo in poi, mi hanno indotto a concepire la società con i suoi pregi e i sui limiti, con la differenza che allora (trentennio ’60-’70-‘80) la vita era un po’ più a più misura d’uomo, anche se la burocrazia cominciava a dare i primi segni di irrazionalità verso il cittadino. Una presa d’atto che nel tempo mi ha portato a conoscere meglio un “nemico”, imparando ad affrontarlo a tutela mia, dei miei cari e del prossimo che a me si è sinora rivolto. Peccato che non riesco a fare di più, ma almeno posso dire Buon Natale a tutti!

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