Il Festival della Valle d’Itria fa cantare i Sassi di Matera

MILANO – Ho avuto il privilegio di parlare a parlare a Matera, metropolis eximia, origine peruetusta, il 22 marzo 2013, presso lo stupefacente Salone degli Stemmi dell’Episcopio. Quella sera, avviandomi alla conclusione della mia relazione “Fare Impresa per Organizzare la Speranza”, feci un regalo al progetto di Matera Capitale Europea della Cultura per il 2019: la meravigliosa definizione di “Cultura” di don Tonino  Bello.

“Cultura è impegno, servizio agli altri, promozione umana come il riconoscimento della persona libera, dignitosa e responsabile. Cultura è cemento della convivenza, orizzonte complessivo, strumento di orientamento, alimento di vita. L’elaborazione culturale è una via obbligata per individuare stili di vita, modalità di presenza e di comunicazione, attenzione alle attese delle persone e della società, per esprimere le ragioni della speranza e accettare responsabilità in spirito di servizio”.

Conclusi (io, che vivo, lavoro e insegno a Milano e sono nato a Martina Franca), affermando che “con una simile definizione di Cultura niente è precluso, tutto è possibile: anche che i  Sassi, i più famosi sassi del mondo, un patrimonio dell’umanità … finalmente … inizino a danzare”. Matera … Milano … Martina Franca …

A Milano, nel 1947, due ragazzi di 26 e 28 anni, Giorgio Strehler e Paolo Grassi, inventarono un sogno: il Piccolo Teatro di Milano.

A Martina Franca, nel 1975, un gruppo di appassionati musicofili, capeggiati da Alessandro Caroli, con il determinante supporto di Franco Punzi, allora sindaco della città pugliese, e di Paolo Grassi, all’epoca sovrintendente del Teatro alla Scala, inventarono un altro sogno: il Festival della Valle d’Itria.

È proprio vero: “Se non si sogna, non si progetta. E se non si progetta, non si realizza”. È incredibile a dirsi ma, ogni anno, nel ricordo di Paolo Grassi, i due citati sogni annullano i mille chilometri che li separano e si uniscono. Ciò avviene ogni anno, senza soluzione di continuità, al punto che Sergio Escobar è solito dire: “Il Festival della Valle d’Itria è una costola del Piccolo Teatro di Milano. E il Piccolo Teatro di Milano è una costola del Festival della Valle d’Itria”.

Il momento più significativo di tale unione si celebra in occasione della presentazione del Cartellone del Festival della Valle d’Itria, che da 39 anni avviene presso il Piccolo Teatro di Milano. Quest’anno la presentazione si è svolta il 29 maggio. Tanti soci dell’Associazione Regionale Pugliesi, appassionati del Teatro d’Opera, erano lì ad ascoltare i messaggi lanciati da Franco Punzi e Alberto Triola, rispettivamente, Presidente e Direttore Artistico del Festival.

Due volti a noi ben noti, anche perché la sera del 5 maggio 2012 l’Associazione Regionale Pugliesi di Milano ha consegnato nelle loro mani il Premio 2012 “Ambasciatore di Terre di Puglia” con la seguente motivazione: “La qualità delle proposte artistiche e l’elevato livello professionale e organizzativo fanno del Festival della Valle d’Itria una manifestazione di interesse internazionale contribuendo nei campi dell’arte, della musica e della cultura a far conoscere e apprezzare la Puglia ben oltre i confini nazionali”.

E vengo al messaggio che, a Milano, il 29 maggio 2013, nel Chiostro del Piccolo Teatro Grassi intitolato a Nina Vinchi, ha unito Martina Franca a Matera, facendomi emozionare e commuovere.

“I giovani artisti dell’Accademia del BelCanto “Rodolfo Celletti”, oltre che negli altri spettacoli e concerti del Festival della Valle d’Itria, avranno ancora modo di misurarsi col proprio talento in un’opera appositamente prodotta, che quest’anno è di particolare valore, trattandosi della prima assoluta in tempi moderni di un’opera riscoperta di Leonardo Leo, tra le somme espressioni della gloriosa Scuola pugliese-napoletana. Si tratta di un lavoro dell’età matura, in effetti dell’ultima opera comica del grande figlio di San Vito dei Normanni (la partitura è del 1742), il cui autografo è conservato a Parigi: “L’ambizione delusa”.

Questa commedia pastorale abbandona il napoletano come lingua ufficiale dell’opera comica settecentesca, per caricarlo di significato espressivo e drammatico, dando conto – in chiave ironica – delle differenze di classe sociale tra i diversi personaggi dell’opera. La revisione del manoscritto è stata affidata a Luisa Cosi, brillante musicologa del Conservatorio di Lecce. Lo spettacolo, allestito a Martina Franca nel rinnovato e splendido Chiostro di San Domenico, si avvarrà della regia di Caterina Panti Liberovici, limpida e fresca regista esperta di teatro da camera, mentre le cure musicali del piccolo ensemble d’archi previsto in partitura saranno affidate a un ispirato e sapiente musicista, clavicembalista e direttore d’orchestra specialista di repertorio sei-settecentesco, quale Antonio Greco.

Lo spettacolo, con le scene di Sergio Mariotti e i costumi di Caterina Botticelli, sarà rappresentato anche nei  Sassi di Matera il 22 luglio 2013. Sia lode e gloria al Festival della Valle d’Itria, un sogno pugliese-milanese che da 39 anni inorgoglisce, emoziona e commuove nel nome della Cultura. Anche nel terzo millennio è la Cultura che cambia il mondo, crea nuova mentalità, favorisce un nuovo stile.

La Cultura rappresenta un obiettivo per realizzare il talento delle persone, dei giovani in particolare. In questo caso dei brillanti allievi dell’Accademia del BelCanto “Rodolfo Celletti”: Candida Guida (Foresto), Giampiero Cicino (Ciaccone), Minni Diodati (Delfina), Alessia Martino (Laurina), Riccardo Gatto (Lupino), Federica Carnevale (Silvio) e Michela Antenucci (Cinzia). Saranno loro, salendo sulle spalle di giganti (tutta l’organizzazione sopra citata), a far cantare i più famosi sassi del mondo: i Sassi di Matera.

 

Francesco Lenoci

Docente Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano

Vicepresidente Associazione Regionale Pugliesi – Milano

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