GIORNATA NAZIONALE IN MEMORIA DELLE VITTIME DELL’EPIDEMIA

Sono trascorsi cinque anni dall’invasione del virus Sars-CoV-2 ed è bene ricordare chi non ce l’ha fatta, ma al tempo stesso continuare a sostenere gli operatori sanitari nelle loro difficoltà

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)

È sempre triste rievocare eventi funesti, specie se le vittime sono state molte in poco tempo e, soprattutto, per cause “impreviste” come l’irruenza del virus Sars-CoV-2 (Severe Acute Respiratory Syndrome Corinavirus 2), quindi la conseguente epidemia. Questa premessa perché il 18 marzo è stata dichiarata la Giornata Nazionale in memoria delle vittime da Coronavirus. Una data che da tempo è e rimane scolpita nella memoria di tutti noi, sia per chi si è ammalato (e poi guarito), sia per coloro che non hanno contratto il  virus; ma soprattutto per i famigliari delle vittime: persone comuni di tutti i ceti, ma al tempo stesso anche di molti operatori sanitari che si sono prodigati per tutti i pazienti tra imprevisti, difficoltà organizzative… e personali. Se si vuole dare un valore alle cifre le stesse ci rammentano che in tale periodo in Italia i deceduti sono stati 197 mila (di cui circa 400 medici e 40 infermieri), e 25.400.000 i pazienti guariti. Anche se il nostro SSN presentava da tempo lacune d’ogni sorta, in quei cinque anni i suoi dipendenti (Istituzioni manageriali comprese) hanno cercato di superare determinati ostacoli, anche burocratici, avendo come principale obiettivo il porsi tra il virus e i pazienti; una sorta di barriera umana all’inverosimile sulla cui barricata medici, infermieri e Oss hanno cercato di essere più forti del nemico invisibile… ma purtroppo concreto. Durante questo lustro di sofferenza comune in tanti hanno contribuito a rispondere alle esigenze “imposte” dalla pandemia non dimenticando, appunto, scienziati, ricercatori, militari, addetti alla protezione civile, amministratori e volontari; un corpus che al di là del plauso merita considerazione e rispetto anche per il futuro. Ma in ragione di ciò non può  venir meno il dovere di ricordare che durante la gestione finanziaria-amministrativa e burocratica, non sono mancati errori vari di valutazione, gestione e scandali come ad esempio lo spreco delle mascherine, la carenza dei tamponi e la produzione di banchi scolastici a rotelle… risultati poi inutilizzabili. Sulla questione dei vaccini e del piano pandemico molto discusso, ci sarebbe da fare qualche considerazione a parte ma, ma visto il superamento e per “rispetto” di questa ricorrenza preferisco tralasciare, peraltro avendo già commentato in precedenza. Ora non può venir meno la seguente domanda: da qui in avanti quanto potrà durare questa memoria dovendo affrontare (e risolvere) i problemi del SSN, in parte a suo tempo sospesi? Una volta un detto popolare recitava: “Finita la festa gabbato lo Santo”; rapportato a questa realtà sembra essere un po’ cinico; ma a ben riflettere a mio avviso non è proprio così, perché non è solo una data a doverci rammentare un evento drammatico, bensì anche il dovere di continuare a valorizzare l’operato di chi ha scelto di curare il prossimo in qualunque circostanza; e proprio perché il SSN presenta lacune non ancora risolte, nonostante la buona volontà di chi è preposto a garantire una politica di garantismo ed efficienza risalenti alle origini della Riforma 833 del 1978, credo che la suddetta esperienza dovrebbe invogliare tutti noi (operatori e cittadini) a collaborare, cominciando a dialogare un po’ di più e per il tempo necessario; anche a fronte del fatto che l’evento pandemico e in molti casi l’effetto long-covid, hanno contribuito a “modificare” in molti casi il modo di rapportarsi l’un l’altro e quindi il modo di relazionare. È evidente che a parte gli addetti ai lavori, il cittadino comune non sempre riesce a connettere quanto può causare la virulenza di una agente patogeno sulla psiche umana, tant’è che molti casi (specie adolescenti e anziani) hanno dovuto ricorrere al sostegno psicologico che, detto per inciso, è stato assai insufficiente da parte del Sevizio sanitario pubblico. Certo, per il cittadino  non è una colpa ma nello stesso tempo va pure rilevato che la comunicazione (delle Istituzioni e dei mass media) durante il periodo pandemico è stata fin troppo “abbondante”, oltre che non sempre corretta… e anche un po’ deleteria per via dei pluri quotidiani bollettini medico-sanitari e relativa cronaca. In ogni caso onoriamo pure questa giornata del 18 marzo, ma ricordiamoci soprattutto un Requiem per chi non ce l’ha fatta, senza dimenticare i loro famigliari soprattutto quelli che sono rimasti senza sostegno economico ed assistenziale.

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