È NECESSARIO ESSERE PIÙ INCISIVI NELL’INVOCARE LA PACE

In prossimità delle Feste natalizie meno luci sfavillanti e meno armi sotto il sole

 di Ernesto Bodini (giornalista, biografo e divulgatore di tematiche sociali)

Forse è un tantino presto per farne un cenno, ma credo sia bene incominciare a fare qualche “debita” riflessione in merito a questo fine d’anno, preceduto dalla dedizione per le Festività natalizie. Se l’evento pandemia lo stiamo lasciando dietro di noi, ora dobbiamo fare i conti con i due attuali conflitti. Sintetizzando: il conflitto russo-ucraino è uno scontro politico, diplomatico e militare iniziato de facto dal febbraio del 2014 e che dal febbraio 2022 vede fronteggiarsi le truppe regolari dei due Paesi dell’Europa orientale; il conflitto israelo-palestinese è anch’esso un conflitto politico, armato e sociale in corso tra Israele e i palestinesi, ha origine all’inizio del XX secolo e l’offensiva di Hamas è iniziata il 7 ottobre 2023. Queste le date d’inizio ma non è possibile sapere il termine, e ora che si avvicina il Santo Natale (non me ne vogliano i musulmani o gli appartenenti ad altre religioni) che dovrebbe unire tutti i popoli del mondo (o quasi) nel segno della pace e della fratellanza, non c’è verso nemmeno per una possibile tregua, magari anticipatrice della deposizione definitiva delle armi. I politici di molti Paesi a livello internazionale sembrano sempre più coalizzati nell’intento di indurre i belligeranti al silenzio delle armi, compreso il Pontefice che nelle sue omelie non manca di esortare quei popoli “nemici del bene”, ma nonostante i loro proponimenti e sforzi distruzioni immani e vittime (morti e feriti) si perpetuano ogni giorno, tra i quali anche tutti i soccorritori volontari e non, giornalisti sul fronte, missionari, etc. A questo riguardo vorrei fare un’altra osservazione. Tra le persone che soffrono e che sono cadute in disgrazia come quelle colpite dalle calamità naturali (ivi comprese determinate responsabilità per l’incuria dell’uomo, spesso al potere di questa o quella entità istituzionale); si tratta di famiglie e centinaia di persone che quest’anno difficilmente potranno allestire un presepe o accendere le lucine di un alberello; ed è già tanto se sarà possibile garantire loro un tetto e un pasto caldo… ogni giorno a venire. A queste si aggiungano nel nostro Paese i 5,6 milioni di poveri, e i molti profughi, la cui cronica carenza di sostentamento completa il quadro di una nazione che, a mio parere, dovrebbe ridurre al minimo ogni iniziativa di carattere festivo: in presenza di così tanta immane sofferenza e povertà c’è ben poco da festeggiare. Ma non solo. E che dire, con una punta di critica, di tutte quelle persone che rincorrono successo e denaro partecipando “gioiosamente” a programmi televisivi dove “tirando ad indovinare” si elargiscono gettoni d’oro, tra sorrisi compiaciuti e applausi a non finire, come se vincere del denaro fosse un merito da osannare? Ed anche di quei professionisti dello sport e dello spettacolo che “lavorando-divertendosi” accumulano fortune su fortune?

Con queste mie considerazioni-riflessioni non intendo infierire in alcun modo su alcuno, ma fare un invito alla parsimonia e alla sobrietà, in  caso contrario non vorrei essere tra quelle persone di cui ho fatto cenno e non per la loro condizione in essere, ma semplicemente per non vedere quelle espressioni compiaciute di chi non ha problemi, soprattutto se in qualche modo distanti da una realtà umanitaria in via di parziale estinzione fisico-geografica… alla quale solo il buon Dio potrebbe porre fine, giacché l’Uomo (che ho il “coraggio” e il dovere di usare la maiuscola) non ha ancora compreso l’essenza della vita. E a coloro che si rendono ogni giorno responsabili di immani tragedie per presunzione od altra ragione, direi soltanto: «Dio già esiste. Non siete voi. Calmatevi!». Questo mio modesto contributo ha nulla a che vedere, almeno in senso stretto, con la religiosità tout-court, ma alla mia convinzione del rispetto della vita umana, sia pur con pregi e difetti, il cui concetto mi riporta sempre alla memoria la saggezza del dottor Albert Schweitzer (1875-1965), Premio Nobel per la Pace nel 1952, la cui dedizione esistenziale dovrebbe essere conosciuta da tutti e, magari, essere menzionata anche dal Pontefice nelle sue omelie. A riguardo il filantropo alsaziano ha scritto la memorabile opera “Rispetto per la vita”, e ancora oggi diverse sono le edizioni disponibili. Per concludere: sono un cristiano credente, con pregi e difetti, ma allo stesso tempo un biografo che cerca di assimilare, sia pur in minimissima parte, quello che mi trasmettono i protagonisti che leggo e studio ogni giorno.

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