DA CITTADINO SUDDITO A CITTADINO UTENTE-FRUITORE

Breve vademecum sulla conoscenza del diritto e del dovere.

 di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)  

Non è sufficiente “reclamare” un diritto o stabilire un dovere per ottenerne il rispetto in quanto l’esperienza del vivere quotidiano dimostra come fra i due concetti lo spazio è infinito. È importante rilevare come, a volte, viene a mancare l’applicazione  delle Leggi (anomìa) da parte della P.A., anche se non di rado dipende dalla mancata conoscenza del diritto da parte del cittadino. Ma se da un lato non se ne può fare ad egli una colpa, anche perché conoscere leggi e normative (oltre a saperle interpretare) comporta un impegno costante non indifferente, proprio perché la causa della mancata applicazione delle leggi stesse trova origine nella mancanza di fiducia, nella pigrizia e nell’atteggiamento passivo del cittadino che, per dirla fino in fondo, non ha tutti i torti quando si avvede che chi deve applicare le leggi e quindi farle rispettare, è a sua volta coinvolto politicamente… nel senso negativo del termine. Magistratura compresa. In ogni caso vale sempre (per tutti) il principio “ignorantia legis non excusat” (la Legge non ammette ignoranza), ma una “Legge ignorante si?”… Ma è bene precisare che quando il cittadino si trova di fronte alla P.A. deve sempre ricordare due princìpi fondamentali inerenti le Leggi: la mancata conoscenza di una Legge non giustifica chi ne ignora l’esistenza, la Legge si applica comunque, anche se non si ne conosce il contenuto. Chi pretende di applicare una determinata normativa deve indicarne la fonte, in particolar modo tale obbligo riguarda i pubblici poteri: “iuris novit curia” (il giudice conosce le leggi), quindi è libero di applicare le norme di diritto che meglio ritiene adattabili al caso concreto; inoltre, nessun dipendente pubblico può rifiutarsi di offrire una prestazione o negare un determinato atto dovuto, tranne per comprovata ragione che è tenuto a giustificare (anche per iscritto). Perché tutto ciò è alle basi del diritto? Semplicemente perché se così non fosse, tutti i reati sarebbero giustificabili (o comunque opinabili): basta dire che non si sapeva di compiere un reato (o che una certa azione ne fosse tale) per essere scusati praticamente sempre. Il diritto-dovere di sapere il perché di un determinato fatto od azione è generalmente riconosciuto e, il contrario, potrebbe apparire come un sopruso (abuso). Per quanto riguarda le ingiustizie per effetto della burocrazia, l’art. 24 della Costituzione riconosce a chiunque il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi nei confronti della P.A., la quale deve servire prima di tutto gli esseri umani, e non solo i cittadini proverbialmente e burocraticamente definiti utenti. I diritti che la P.A. deve cercare di rendere  effettivi sono quelli enunciati negli artt. dal 13 al 54 della Costituzione: diritti dei cittadini e diritti umani. La P.A. è chiamata in causa soprattutto quando si tratta di diritti sociali: alla salute, allo studio, al lavoro, alla previdenza, alla tutela della propria ed altrui incolumità, etc. Se viene rifiutato l’accesso ai documenti amministrativi (con richiesta scritta o verbale) è sempre possibile fare ricorso al T.A.R. entro 30 giorni (o esposto alla Autorità Giudiziaria) avvalendosi dell’art. 328 del Codice Penale (omissione in atti di ufficio) perseguibile, appunto, tramite legale di fiducia o Forze dell’Ordine quali i Carabinieri. Questi brevi suggerimenti, se messi in pratica anche dal cittadino stesso fruitore di beni e servizi e al tempo stesso osservante dei propri doveri, si eviterebbe una serie di “dispiaceri” e conseguenze varie da ambo le parti. Pertanto vale il concetto che nulla è più spaventoso che un’ignoranza attiva; del resto l’ignoranza è un (meraviglioso) rifugio che protegge da tutte le ribellioni, da tutte le riflessioni e da tutte le proteste della coscienza, ma al tempo stesso non ci ripara dalle nostre responsabilità.

 

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