Cosa è cambiato nelle RSA dopo un anno di pandemia

A esattamente un anno dall’inizio della pandemia mondiale dovuta al corona virus Covid 19 la situazione per molti anziani ospitati all’interno delle residenze sanitarie assistenziali ancora non è sicuramente buona e la luce in fondo al tunnel, nonostante tanti proclami che si sentono in giro, sembra essere ancora lontana.

Non bisogna infatti dimenticare che queste persone durante l’ultimo anno hanno assistito alla morte di molte persone che erano ospitate come loro all’interno di queste strutture e che sono stati lontani dai propri parenti e cari per tantissimo tempo senza poterli vedere se non tramite video call; solo negli ultimi mesi hanno avuto un po’ di sollievo e hanno potuto rivedere i loro affetti più stretti tramite strutture dedicate quali la stanza degli abbracci, che gli hanno permesso di vedersi e abbracciarsi tramite una tenda di plastica in mezzo.

Questo isolamento forzato, unito sicuramente alla paura e allo sconforto di vedere morire le persone che erano ospitate insieme a loro, hanno prodotto degli effetti drammatici in persone che già si trovavano in situazioni piuttosto difficili sia dal punto di vista fisico che mentale. L’unico aspetto positivo e che sta dando speranza a queste persone è il vaccino, che già hanno iniziato da fare e che ha permesso di vaccinare un buon numero di persone all’interno di queste strutture.

La drammatica situazione che è stata vissuta durante quest’ultimo anno ha messo in evidenza le grandi pecche del nostro sistema sanitario (non solo quello italiano, ma anche quello di tutti i paesi del mondo con forse qualche eccezione) e questo si è visto ancora di più sulle RSA, dove si sono notate grandi disparità che hanno creato problemi notevoli nella gestione e nel contenimento della situazione.

Una delle evidenze più grandi per quanto riguarda le residenze sanitarie assistenziali è sicuramente la notevole disparità che c’è fra alcune strutture ed altre: ad esempio in molte strutture non è presente neanche un infermiere durante la notte, in molte altre manca addirittura il geriatra, figura medica che si occupa di tutti quei problemi che sono tipici della terza età.

Come si evince è evidente che uno dei primi interventi da fare sarà quello di ripensare e ristrutturare il sistema delle rsa per cercare di ovviare a tutte le problematiche che ci sono state e che hanno messo in evidenza l’estrema fragilità di queste strutture. Nel processo di ristrutturazione diventerà fondamentale anche inserire dei protocolli ben precisi e definiti per quanto riguarda l’attività fisica che riguarda queste persone: molte delle persone morte all’interno delle residenze sanitarie assistenziali infatti sono morte, oltre che per covid, anche per problemi quali infarti, ictus, e altre malattie simili che sono anche frutto della mancata attività fisica e di una vita troppo sedentaria.

Le persone infatti colpite da questa tipologia di malattie spesso non sono state salvate in quanto non potevano essere portate in ospedale o al pronto soccorso dove avrebbero potuto contrarre facilmente il virus; se queste persone avessero fatto un’adeguata attività fisica probabilmente non ci sarebbero stati così tanti casi di problemi legati alla circolazione e al cuore e quindi sicuramente si sarebbe ridotta la mortalità fra le fasce più deboli quali appunto gli anziani.

In conclusione, si può dire che la situazione sia migliorata grazie al vaccino e alla maggiore conoscenza del virus, ma sicuramente c’è ancora della strada da fare per lasciarsi indietro definitivamente uno degli anni più brutti della storia dell’umanità.

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