CONTINUA L’INFORMAZIONE PER EVITARE I CONTAGI

Il prof. Roberto Burioni ospite a “Che tempo che fa” per spiegare e sollecitare l’uso della mascherina per prevenire il contagio da Coronavirus

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)

Ci sono programmi televisivi che una volta la RAI mandava in onda con proposte culturali più o meno accessibili a tutti, e ciò con tanto di cum grano salis, ossia con quel (oggi nostalgico) buon senso. Ma in questi ultimi anni tali proposte, a mio avviso, sono assai diminuite (a parte quelle trasmesse dal Canale Rai Storia (vera ed intelligente eccezione) per lasciare il posto a programmi ludici e di gossip decisamente di basso profilo, e quindi di maggior “intrattenimento” per la massa in quanto sostenuti dagli sponsor per effetto della  necessaria audience. Questa premessa per dissentire (personalmente)  a cominciare dal titolo del  programma “Che tempo che fa” (sia pur voluto) condotto da Fabio Fazio, peraltro dai ragguardevoli compensi (sic!). In via eccezionale ho seguito in parte la puntata di domenica 6 dicembre perché tra gli ospiti era in collegamento dalla California il medico e scienziato americano Eric Topol, uno dei dieci ricercatori più citati al mondo nella medicina, fondatore e direttore dello Scripps Research Translational Institute e vicepresidente esecutivo dello Scripps Research, uno dei più grandi centri di ricerca privati e non-profit al mondo nelle discipline biomediche, e al tempo stesso ospite in studio l’immunologo Roberto Burioni. Un appuntamento in parte dedicato alla pandemia da Coronavirus, in merito al quale il cattedratico pesarese ha richiamato l’attenzione su come cautelarci dall’infezione di Covid-19, conosciuta anche come malattia respiratoria acuta da SARS-CoV-2 o malattia da coronavirus 2019. Burioni ha esordito con veemenza ribadendo che oltre alla igienizzazione delle mani sia molto importante l’uso della mascherina ogni volta che si è a contatto con il pubblico o che si entra in un locale chiuso, in quanto è la via aerea la principale fonte di trasmissione del virus che si muove nell’aria. Ma in che modo ciò avviene? «Siamo noi a facilitare il percorso del virus – ha spiegato – attraverso le goccioline che emettiamo involontariamente tutte le volte che parliamo. Le goccioline possono essere piccole o in po’ più grandi che si chiamano droplets. Queste cadono entro due metri di distanza, poi però ce ne sono delle altre molto più piccole: l’aerosol, ossia qualcosa di simile ad una nuvola di fumo che rimane sospesa nell’aria e che può raggiungere anche distanze maggiori, soprattutto se si è in un ambiente chiuso». Sul modo di difendersi  da queste goccioline il clinico ha ricordato che per quelle più grandi è sufficiente tenere una distanza di almeno due metri per essere al sicuro; per quelle più piccole, se ci si trova in un ambiente chiuso è opportuno aprire le finestre in quanto il contagio è molto più difficile, mentre all’aperto dove questo aerosol viene disperso. Un paziente contagioso (magari asintomatico) che adotta la mascherina emette un numero molto basso di queste goccioline; quindi la mascherina è indispensabile ed è estremamente efficace, ed in merito ci sono decine di studi che lo affermano tanto che su questo si ritiene che non ci sia più nulla da replicare.

«Quando si valuta qualunque situazione – ha sottolineato il cattedratico (nella foto) – bisogna tener presente quali sono i fattori che aumentano il rischio del contagio. Prima di tutto c’é maggior rischio se non si porta la mascherina, poi si rischia se si sta in un ambinte chiuso e con poca ventilazione; inoltre si rischia di infettarsi se contemporaneamente si mettono in atto comportamenti od azioni che aumentano l’emissione delle goccioline come il parlare, cantare, uralare, starnutire, etc. Infine, bisogna considerare anche la vicinanza , ossia se si è vicini tra più persone il rischio aumenta e ovviamente il tempo stesso di esposizione al rischio». Classico è l’esempio di un bus, citato dal relatore, con 68 passeggeri. É un ambiente chiuso come pure lo sono i finestrini, si sta vicini, si parla, e quelli che non avevano la mascherina, 23 su 68 risultavano contagiati. Altra situazione in cui si concentrano questi fattori di rischio è quando si è a tavola per mangiare, magari più persone insieme: non si porta la mascherina (ovviamente) e si è in un ambiente chiuso, si parla e si è vicini l’uno l’altro. Purtroppo molti focolai epidemici sono stati legati ad episodi conviviali. A Pavia, è stato ricordato, recentemente su 24 invitati ad un matrimonio sono risultate contagiate 21 persone, e queste hanno trasmesso il contagio a casa dove si sono verificati altri 13 casi. Il contagio è poi arrivato in una scuola con altri 2 casi infetti; come pure in un altro ristorante, dove c’era un pranzo di battesimo, e infine in una seconda scuola con altre 6 persone contagiate. Quindi il pericolo non è passato. «Dobbiamo tenere duro – ha concluso – il prof. Burioni – perché tutto ci fa pensare che siamo veramente all’ultimo quarto d’ora, contro questo terribile nemico che ci ha rovinato (e ci sta rovinando, ndr) la vita. E sarebbe un peccato lasciare che questo virus possa colpire un nostro caro proprio negli ultimi minuti. A mio parere, se tutto va bene, fra poco questo incubo sarà dimenticato e potremo tornare a manifestare il nostro sentimento più bello che è quello di voler stare insieme, voler abbracciare le persone che amiamo».

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