Raccontonweb: “Consigli” di Gigi Giussani

Consigli

Dicono si debba mettere la testa a posto, ma io so di avercela ben piantata sul collo, tra due spalle larghe e due braccia forti che, al minimo cenno di lite, son pronte a dispensare fendenti e manrovesci.

Come mi chiamo io, a voi non deve interessare. Se volete, chiamatemi Elio, che come nome è gassoso e forse un po’ buffo, ma soprattutto fa rima con: lasciatemi stare ch’è meglio. Per voi.

Ho visto posti assurdi, bettole unte e malsane, luoghi dove non vorresti essere neanche nel peggiore degl’incubi. L’ultimo in ordine di uscita – perché alzai subito i tacchi – è il Mitù, che come nome, vorrebbe fare il verso a tendenze americanizzanti ma che di Oltreoceano ha solo un vago sapore. Il Mitù è il classico locale situato alla periferia della città, sporco quel tanto che basta per farti vomitare, con luci tenue per coprire le macchie di muffa che soggiornano negli angoli, e un viavai di gente, più che altro avventizi senza fissa dimora e delinquenti dello stesso rango di quelli comunemente chiamati rubagalline. Una nuvola di fumo stazionava in attesa, sopra le teste dei clienti ed il caldo era così asfissiante da farmi credere di essere nel bel mezzo della foresta amazzonica, non foss’altro per le facce da scimmia che bazzicavano il locale.

Mi avvicino al bancone assaporando l’idea di una dissetante, fresca bevuta , quando un tale mi blocca la strada e, con lo sguardo truce dice: “Fesso, che ci fai da queste parti?”. Io, sapendo di non essere Fesso rispondo con un gancio che finisce in mezzo ai denti del disgraziato, che, oltre che cieco, è anche lento di riflessi. Con uno schianto, il tonto va a finire dritto dritto tra le braccia di Morfeo senza un lamento, così, con tutta calma,  riprendo il passo.

Accidenti, la faccia del tipo mi ha lacerato una nocca e brucia un po’, ma tant’è… la birra che mi aspetta, bionda e invitante, mi farà dimenticare tutto.

Alle mie spalle, con la coda dell’occhio, scorgo un gruppetto di sbandati, avvezzi alla lite e alle sbornie, prendere a calci il tonto, reo di avere interrotto la loro sacrosanta partita a carte e, con termini degni di un poeta, affibbiargli nomi che offenderebbero la di lui madre.

Bevo in un sorso la mia birra, pago ed esco lentamente cercando di non attirare su di me l’attenzione. La prudenza, con questi “signori” non è mai troppa.

Il Mitù non mi vedrà più. Ahahah…ho fatto anche la rima. Che ganzo che sono!

Fuori, in strada, vedo un assembramento di gente raccolta intorno a non so cosa, ma sicuramente interessante, a giudicare dalla calca.

Mi faccio strada spintonando un po’ e fissando con lo sguardo un punto non meglio identificato. Poi lo vedo, eppure stento a crederci.

Un tizio sulla cinquantina, capelli brizzolati e barba incolta, sorridendo, distribuiva soldi a tutti, senza distinzioni, quasi avesse una grave allergia al denaro. Pazzesco. Un uomo di colore tendeva così tanto le braccia da sembrare handicappato mentre una signora vestita elegantemente, ma senza alcuna grazia, arraffava le banconote che incautamente toccavano terra e le infilava nelle tasche del suo lungo pastrano di cashmere in una frazione di secondo, neanche fosse un prestigiatore. Altri uomini si contendevano una mazzetta di soldi come la più bella donna del mondo e mancava veramente poco a che questo gruppo di disperati si pigliasse a pugni.

Nella confusione anch’io riuscii a racimolare qualche moneta, infilata negli interstizi dell’asfalto rovinato dal tempo e mentre nell’aria regnava forte l’odore dell’ingordigia e della bramosia, mi allontanai dalla ressa e dal signor Manna, che chissà quale strano pianeta aveva parcheggiato lì, contento ed un po’ stupito di questo fuori programma.

Non avevo fatto che pochi passi quando toccai il vuoto sotto di me.

Precipitavo così velocemente che non riuscivo a vedere nulla intorno. E sotto era buio pesto. Mi alzai velocemente dal divano su cui ero stramazzato un’ora prima e sparii in bagno a riempire il water di schifezze che, spingendo, insistevano per prendere un po’ d’aria passando dalla mia bocca.

primo piano di Gigi GiussaniMe lo aveva detto Suor Giuliva, giusto la scorsa domenica a Messa: “Don Dino, le consiglio di non cenare con la peperonata, mia sorella è stata male così tante volte da abolirla definitivamente dalla dieta.”

Ma io, testone, pensavo tra me e me: vatti a fidare delle suore.

Gigi Giussani
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