QUALE “FORTUNA O SFORTUNA” NASCERE DONNA?

Non un mero dilemma ma una realtà da riconvertire nella massima considerazione del diritto di parità umana ed esistenziale… senza se e senza ma: maschilismo e sessismo al bando. Questi i veri concetti di umanità.
di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e divulgatore di tematiche sociali)
Gli uomini e le donne sono uguali?
È una domanda non provocatoria ma che dovrebbe far riflettere ognuno, in particolare gli uomini, specie coloro che nel tempo hanno maturato avversione che non è giustificata in alcun modo. Ciò anche se dalla Genesi (per chi ci crede) abbiamo ereditato il noto “peccato originale” dal quale si è potuto dedurre che Eva indusse Adamo a peccare. Se questa è la versione più accreditata, io credo che molti uomini (inconsciamente o meno) ritengono di subire gli effetti di questa induzione al peccato: credere di diventare come Dio a Sua immagine e somiglianza avendo dato quel “maledetto” morso alla mela. Ma è proprio questa l’origine di quella che nei secoli in molti uomini è poi diventata misoginia? Non ne abbiamo ovviamente la certezza anche perché molto dipende dal proprio credo, come anche dal fatto che non si è mai avuto alcun riscontro privo di incertezze. Nel corso dei secoli, oltre al Clero, ben pochi si sono dedicati attraverso le varie culture all’approfondimento culturale, antropologico, fisiologico-anatomico e psicologico della “differenza” uomo-donna; una scarsa attenzione che ha lasciato spazio alla imponente forza fisica e virilità maschile, cui sono seguiti nei secoli ruoli e competenze diverse tali da relegare la donna ad una condizione di inferiorità e di sottomissione e, la realtà delle popolazioni islamiche, ne sono esempio principe. E proprio in questi casi tali differenze si “mascherano” dietro credenze religiose (più o meno accettabili ma non necessariamente condivisibili) che, non a caso, il concetto di “sottofondo” dominante” da intendersi è proprio il sesso. Nel tempo l’emancipazione culturale (un po’ ovunque) ha ridimensionato molto parzialmente il problema tant’è che, con l’avvento della pubblicità e di certe conquiste sociali inneggianti la libertà in ogni senso sino ad emanare leggi in proposito, si è imposta l’arroganza di molti uomini vedendo nella donna una loro antagonista, se non anche rivale in tutti i campi e, come torno a ripetere, soprattutto nella concezione psico-fisica in quanto differenza (se lo si vuole ammettere) non poco sostanziale, avvalorata da quel privilegio che è il dono della maternità per la quale l’uomo contribuisce in minima parte… anche se sostanziale. Ecco che l’idea-diritto del possesso si è andata formando in tempi anche brevi, e non volendo riflettere sulla razionalità imposta dalla Natura, a mio modesto parere l’uomo si impone al punto di pretendere un ruolo di assoluto dominio che, in certe culture, ha determinato il concetto di patriarcato… probabilmente anche a causa del comportamento eccessivamente avvenente di alcune di esse.
Ma la storia per certi versi viene in aiuto alla donna sommando nei secoli molti casi di intelligenza, emancipazione e intraprendenza femminile avendo dimostrato di saper contribuire al progresso culturale, sociale e spirituale con beneficio proprio e della società nel suo insieme. Senza andare troppo oltre mi soffermerei, come esempio, al capitolo dedicato alle Donne Medico nella Storia che, se in parte ancora sommerso, ha messo in luce che pregiudizi e differenze culturali radicati nel tempo, non hanno scalfito il diritto della donna medico di imporsi in modo paritario al collega uomo. L’impronta maschilista, soprattutto anglosassone, viene meno di fronte alla determinazione e professionalità di molte donne che, della Medicina e della Ricerca, ne hanno fatto spesso una ragione di vita. Ad onor del vero va anche detto che donne pioniere nella società non si riscontrano solo in ambito medico, ma anche in molti altri ambiti professionali, socio-culturali, artistici, politici e religiosi… non a caso la schiera dei Santi è rappresentata da molte donne! Questa evoluzione era forse contemplata sin dalle origini della specie, e oggi, con l’avvento dei vari mass media e di determinate Leggi garantiste, movimenti e associazioni, si è giunti a quella “agognata” parità che forse nemmeno la Genesi prevedeva.
L’intramontabile valore del concetto di Persona
L’origine del termine viene comunemente fatta risalire all’antica Grecia. Il filosofo Severino Boezio (480-524) propone la seguente definizione: «Una sostanza individuale di natura razionale». È una definizione aristotelica che muove dalla totalità generica di natura sostanziale, precisando la specie della Persona, e in ultimo affermando che è individuale. La Persona non si identifica con la Personalità, in quanto quest’ultima è l’insieme delle caratteristiche psicologiche di un Individuo, mentre la Persona è il soggetto di quelle caratteristiche. In ambito filosofico si definisce persona un Essere dotato, nella concezione moderna almeno potenzialmente, di coscienza di sé e in possesso di una propria identità. Ma la Persona è anche individuo? Si, se inteso della specie umana, senza distinzione di sesso, età, condizione sociale, etnia, etc., considerato sia come elemento a sé stante sia come facente parte di un gruppo o di una collettività. Ma perché questo lungo preambolo? Semplicemente per richiamare la doverosa attenzione sul fatto che anche la donna è persona, un inciso non retorico a fronte di un’era a dir poco preoccupante che richiede una urgente valutazione degli individui, uomo e donna, unilateralmente a Persona in quanto è inconcepibile che la mente umana dei tempi odierni sia fossilizzata al punto di mantenere differenze e distanze tra i due sessi. E purtroppo, manifestazioni di solidarietà con fiaccolate, sit-in, cortei e il fondare associazioni verso coloro che hanno subito (e subiscono) soprusi di matrice maschile, servono a ben poco; mentre a mio modesto avviso sarebbe ben più utile proporre incontri “fra le parti”, scambiandosi valori, diritti ed emozioni in tutta lealtà, magari con accesi dibattiti purché costruttivi e non denigratori rammentando, ad esempio, quanto suggeriva William Shakespeare (1564-1616): «La donna uscì dalla costola dell’uomo, non dai piedi per essere calpestata, non dalla testa per essere superiore; ma dal lato per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, accanto al cuore per essere amata». Per concludere, se l’uomo sostiene di avere dignità, merita che gli sia riconosciuta se egli stesso la riconosce alla donna; diversamente dovrebbe essere collocato nel settimo Girone dantesco, dove verrà punito in quanto crudele contro il prossimo e i suoi beni (omicidi, tiranni e predatori): la pena consiste nell’essere immerso nel fiume di sangue ardente, mentre i centauri lo saettano. Mi si permetta infine un suggerimento a chi è deputato a sentenziare verso questi peccatori: non equipararsi al sommo Dante, ma considerare le sue indicazioni che hanno fatto e fanno storia da molti secoli.