MEDICI, PAZIENTI E SANITÀ A CONFRONTO

Da sempre, ma soprattutto in questo periodo, al medico di famiglia si chiede la massima disponibilità affinché i propri pazienti abbiano risposte possibilmente in tempo reale… E non deve essere la pandemia il persistente ostacolo per un “tardivo” ascolto e riscontro.

di Erneto Bodini (giornalista scientifico)

È triste ammetterlo, ma ogni volta che la Sanità va in “tilt”, si punta il dito non solo contro i politici gestori, ma anche contro una parte della classe medica, e a volte anche infermieristica. L’argomento è delicato perché si rischia di fare di un’erba un fascio, ossia generalizzare, e questo ovviamente non deve accadere. Ma purtroppo, in questo periodo di pandemia, da più parti e quindi a voce di popolo sono i medici di famiglia in particolare ad essere messi “sotto accusa”, in quanto parte di essi sembra non rispondere esattamente e/o compiutamente al loro dovere. Infatti, si contesta loro la scarsa disponibilità nel ricevere in studio, nel rispondere al telefono e soprattutto nel recarsi in visita a domicilio dei pazienti. Diversi gli aspetti in loro “autodifesa”, come ad esempio il diritto di meglio tutelarsi e organizzarsi il lavoro, la possibilità pratica di valutare la razionale attendibilità delle richieste e l’eccessivo numero delle stesse, peraltro con difficoltà a soddisfarle; oltre al fatto che più o meno giustificatamente i casi più ostici richiedono particolare dedizione, e di conseguenza per tutti gli altri la consulenza può essere esaudita con una telefonata o una e-mail, anche per l’invio di ricette per la prescrizione di esami clinici o di una visita specialistica. Personalmente, ma in realtà tutti noi, dovremmo comprendere i loro timori, come pure le difficoltà logistico-temporali e le inevitabili incombenze burocratiche, che richiedono costanti aggiornamenti in collaborione con le Asl e l’assessorato della Sanità della rispettiva Regione. Fin qui, le “giustificazioni” a loro favore, ma per quanto riguarda le esigenze dei pazienti come poter esigere (in tempo reale o accettabile) il rispetto delle stesse? È una situazione sibillina che richiederebbe un approfondimento da parte delle Istituzioni preposte, ossia le loro organizzazioni sindacali (Federazione Italiana di Medicina Generale – FIMMG, per citarne una) e la Regione di appartenenza. Certamente qualche scudo si sarà levato in merito a queste lamentele, sia da parte della stessa categoria dei sanitari che dei pazienti. Ma contempraneamente c’è un ulteriore problema che si va delineando da tempo, ossia la carenza di medici di famiglia a livello nazionale, come pure di alcune categorie di specialisti sia sul territorio che negli ospedali, come ad esempio  anestesisti, chirurghi generali, cardiologi, fisiatri, ginecologi, pediatri e forse altre ancora. Queste carenze si vanno sempre più cronicizzando e l’effetto pandemico ne ha acuito il problema, tant’è che il cittadino-paziente si trova a subirne le conseguenze… Si aggiunga inoltre l’acutissimo ed infinito problema delle liste di attesa per visite specialistiche, esami strumentali e cure sia in ospedale che sul territorio, e se non si ravvisa una urgenza con codice di priorità U (Urgente, entro 72 ore) o B (Breve, entro 10 giorni), i pazienti interessati devono “pazientemente” attendere senza sapere, però, quanto durerà l’attesa. Per la cronaca informo che, ad esempio, nel 2020 un milione di diagnosi oncologiche non sono state eseguite, come pure il 50% di diagnosi HIV in meno rispetto ai tre anni precedenti. Ecco che allora le parti si trovano ad affrontarsi come se fossero “rivali” e, nonostante la buona volontà di molti, la soluzione di questo dilemma (ripeto, non privo di possibili conseguenze) è sempre in divenire…

Ma torniamo al punto di partenza. Che fare quando un paziente non riesce a colloquiare in tempo utile con il proprio medico di famiglia per esporre un proprio problema di salute (sia pur non urgente, in caso contrario esiste il Servizio di Emergenza “118”), ma che ha ugualmente necessità di un riscontro in tempo reale, ossia nella stessa giornata, o al massimo il giorno dopo, dalla richiesta? La mancanza di contatto o le difficoltà ad essa relativa, vanno segnalate al Servizio Sanitario della propria Regione (SSR), eventualmente per conoscenza alle categorie dei medici della provincia di appartenenza e, se il caso, anche all’Ordine dei Medici. Quello che è ovviamente importante da parte del cittadino è la chiara e razionale descrizione del proprio status sintomatologico e/o problema medico-sanitario, e quindi la eventuale richiesta della prestazione di cui ha bisogno. Alcuni anni fa un quotidiano pubblicò un articolo con il titolo “La sanità malata”, i cui autori evidenziavano diversi aspetti negativi della stessa come ad esempio punti deboli sotto l’aspetto organizzativo, un sensibile incremento della spesa, inefficienza, ospedali fantasma, manager stressati ed altro ancora; e questo, nonostante la “gloriosa” riforma del SSN del 1978. Ma oggi, con l’avvenuta pandemia molte situazioni si sono ulteriormente aggravate e complicate, sia penalizzando i medici stessi che, a ricaduta, i pazienti. Ed è trascorso molto tempo da quando nacque il cosiddetto medico di famiglia, assumendo negli anni  altre denominazioni come medico condotto, medico della mutua, curante, di fiducia, di base, di medicina generale; ma a mio avviso soprattutto nella pratica quotidiana mantiene (o dovrebbe mantenere) la definizione primaria e, per questo, è opportuno migliorare il rapporto medico-paziente (e paziente-medico) con l’accortezza di rendere più concreto il dialogo e quindi la disponibilità… nonostante il periodo pandemico. Naturalmente lo “sforzo” è reciproco ma nello stesso tempo, non bisogna dimenticare che il dottore è specialista di due scienze: la scienza medica e la disposizione d’animo a esercitarla, non solo in modo affidabile ma anche nei tempi necessari, perché a volte un ritardo potrebbe compromettere ulteriormente la sintomatologia in atto e quindi lo stato di salute. Poi vi sono i casi limite dovuti alla incomprensione reciproca, oltre al fatto che una certa percentuale di pazienti non possiede un proprio accesso informatico per ricevere via e-mail una ricetta ed eventuali ulteriori comunicazioni, situazioni che dovrebbero essere affrontate di volta in volta con il massimo della reciproca buona volontà. Burocrazia permettendo!

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