Volontariato in Oncologia

Ana Aslan mentre lavora alla scrivania

Tra le poche associazioni che si occupano delle neoplasie rare a Torino da quasi un ventennio è operativo il Gruppo Italiano Tumori Rari e Gruppo Piemontese Sarcomi

di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

logo del GITR-GPSNel nostro Paese un significativo ed esteso contributo è dato dalla prima completa Guida delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, a cura delle Associazioni AIMac, ANGOLO e VELA, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Medicina Sociale, a seguito di un censimento effettuato nel 2003. Tale Guida riporta i recapiti e relativi servizi di 560 Associazioni. Uno strumento utile per i pazienti, i loro familiari e le strutture socio-sanitarie. Scorrendo l’elenco della Guida non appare però alcuna associazione di volontariato dedita ai malati di tumore raro, ad eccezione, credo, della Associazione Italiana Gist-Aig, per l’informazione e il sostegno dei malati di tumore stromale gastrointestinale. A Torino, dal 1996 è operativo il Gruppo Italiano Tumori Rari – Gruppo Piemontese Sarcomi (GITR-GPS) onlus (presidente dott. Alessandro Comandone), preposto alla organizzazione e pianificazione degli studi epidemiologici, di metodologia clinica e assistenza dei tumori rari.

A fronte di questa realtà il volontariato (se competente e professionale), attraverso varie iniziative può contribuire ad una maggior diffusione della cultura, dell’assistenza e del sostegno; prodigarsi al costante censimento dei pazienti, mantenere i rapporti con i clinici, ricercatori e le Istituzioni socio-sanitarie e socio-assistenziali; favorire l’informazione divulgando notizie ed eventi, e magari vivendo anche qualche momento “sul campo” realtà dove l’attenzione a coinvolgere il malato e a mantener viva la sua speranza è quasi un “imperativo”, perché si ritiene che la malattia sia curabile sino a quando la natura non prova il contrario. Ma particolare attenzione andrebbe rivolta ai pazienti affetti da tumore raro affinché non abbiano a sentirsi “abbandonati” a se stessi o comunque… meno considerati. Una rilevanza, questa, che può sembrare ovvia, ma io credo che non è mai ovvio tutto quello che riguarda la sofferenza, specie se si è coscienti l’un l’altro (medico e/o infermiere e paziente) che l’aspettativa può essere la cronicizzazione della malattia, della sofferenza stessa, e dell’epilogo… scontato. Già Aristotele (383-322 a.C.), mi piace citare, aveva osservato che «quelli che provano dolore si sentono sollevati quando i loro amici possono dolere con essi».

Vivere sul campo determinate esperienze, da parte del volontario (se ne ha le caratteristiche) rafforza il senso della volontà partecipativa che, al di là di divulgarla o meno, richiama l’attenzione per la persona deputata a combattere quel “male raro”, ma non per questo meno meritevole di attenzioni e accorgimenti per altri malati colpiti da patologie più diffuse e più… curabili. Oggi, il “bisogno sociale” è sempre più impellente, ma è bene rispondere con professionalità e non “cedere” alla improvvisazione dettata dalla mera spontaneità, e tanto meno sostituirsi alle Istituzioni. Solo così, io credo, può crescere ed imporsi la cultura del “vero” volontariato. Non meno importante è il ruolo dei mass media (personalmente ne faccio parte da molti anni) che, nell’ambito dell’oncologia, richiede etica, sensibilità e competenza. Va precisato che sono da individuarsi l’informazione dei fatti di cronaca, l’informazione medico-sanitaria divulgativa, l’informazione medico-scientifica frutto di attività congressuali, convegnistiche, simposi, giornate di studio, master, etc. Ma una parentesi credo sia opportuno dedicarla all’aspetto etico dell’informazione e della comunicazione poiché questi sono ruoli molto delicati soprattutto se hanno risvolti sociali, per il coinvolgimento diretto e indiretto, come ad esempio il problema delle staminali, i trapianti d’organo a scopo terapeutico, la ricerca e lo studio delle malattie rare, e quindi dei tumori, la prevenzione di molte patologie e il trattamento delle stesse.

È noto che l’interesse per l’attività oncologica e la relativa divulgazione è oggi sempre più coinvolgente, non solo perché sono in aumento determinati tipi di tumore (come ad esempio il mesotelioma pleurico o peritoneale a causa della esposizione all’asbesto), sia pur a fronte della guarigione di alcuni di tipi di neoplasie). E per questo il problema implica la continua ricerca, le attività di prevenzione e cura, oltre ai risvolti medico-sociali e assistenziali, ma più indelebile deve essere il rapporto medico-paziente e infermiere-paziente. A questo proposito il medico, in particolare, rappresenta una figura non solo di curante, ma anche quella di un operatore della massima condivisione e della solidarietà che fa suoi i valori umani più alti. Il medico non deve rimanere semplice “spettatore” del dramma umano provocato da una grave menomazione e freddo testimone di fronte al dolore acuto e all’evento cronico; in tale dramma egli ha un ruolo con compiti e responsabilità che vanno oltre il campo della pura tecnica, poiché la malattia impegna tutta la persona.

Ana Aslan mentre lavora alla scrivaniaE vorrei concludere, in base alla mia esperienza di divulgatore e di volontario in ambito medico e sanitario, con una esortazione per tutti i malati e i volontari. La lotta alla malattia può indubbiamente riservare sorprese perché quando è il cancro a “dominare” serve consapevolezza e coraggio, lasciando spazio a momenti più “deboli”. La speranza è saper osservare oltre l’orizzonte, immaginando il “sostegno” della propria esistenza magari anche attraverso la creatività. È indubbio che la volontà di vivere non è un’astrazione teorica, ma una realtà fisiologica con caratteristiche terapeutiche. La famosa gerontologa e geriatra Ana Aslan (Bucarest 1897-1988) sosteneva: «La creatività è un aspetto della volontà di vivere, produce impulsi vitali cerebrali che stimolano la ghiandola pituitaria, provocando effetti sulla ghiandola pineale o l’intero sistema endocrino». Tale volontà è una finestra perennemente aperta sul futuro, e il volontariato può contribuire ad aprire questa finestra e indicare quell’orizzonte che si chiama “continuità di vita”.

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