In visita all’infantile “Regina Margherita” di Torino

sala TAC del Regina Margherita di Torino

di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

ospedale Regina Margherita di TorinoSi sa che varcando la soglia di un ospedale pediatrico, anche se in veste di “ospite-visitatore” a scopo divulgativo, non si può non provare quel senso di apprensione e anche di particolare coinvolgimento umano, ancorchè in periodo natalizio. Avvicinarsi a questo piccolo mondo sofferente ritengo oltremodo essere non solo doveroso per conoscere e capire quanto di meglio gli operatori sanitari riescono a fare, tra diagnosi e terapie, ma anche per immedesimarsi in quella porzione di sanità che deve essere garantita nonostante il federalismo, la spending review e gli obiettivi da raggiungere… Ancora una volta dopo due anni, sono stato ospite della Struttura Semplice Dipartimentale (SSD) di Radiologia Pediatrica dell’infantile “Regina Margherita” di Torino, oggi diretta dal dott. Gianpaolo Di Rosa, coadiuvato da sette colleghi medici, quattro infermieri, venti tecnici sanitari di radiologia medica (Tsrm) e tre operatori socio-sanitari. La Struttura di questo ospedale (direttore sanitario di Presidio Vinicio Santucci) comprende una sala per la Risonanza Magnetica Nucleare (Rm di 1,5 Tesla, metodica che utilizza un magnete superconduttivo e che, quindi, non prevede l’’utilizzo di radiazioni ionizzanti), sul cui lettino la mattina di un lunedì del dicembre scorso cinque piccoli pazienti programmati (quindi non ricoverati) sono stati sottoposti all’esame radiologico. «Il programma settimanale – spiega il tecnico di Tsrm Cristiana Campanaro – generalmente prevede la Rm solo per pazienti neurologici il martedì e il giovedì e il venerdì, lunedì e mercoledì per gli esami radiologici di altri distretti; oggi, che è lunedì, sono in programma alcuni pazienti preventivamente programmati e prenotati».

Tra questi una bimba di 12 anni affetta da neurofibromatosi all’avambraccio; circa 40 minuti di immobilità per la buona esecuzione dell’esame con la collaborazione della paziente, facilitata dall’ascolto in cuffie di brani di musica a suo piacimento, peraltro utile per meglio sopportare il rumore dell’apparecchiatura. Un esame, effettuato con liquido di contrasto, che ha permesso agli operatori di controllare “nel dettaglio” l’evoluzione della malformazione. Di 16 anni la paziente successiva affetta da epatite autoimmune (una malattia del fegato causata da un difetto del sistema immunitario, in quanto le nostre difese immunitarie per errore attaccano il fegato, provocandone l’infiammazione che può condurre alla cirrosi e quindi a danni permanenti, ndr), sottoposta all’esame, senza liquido di contrasto e per la stessa durata. La terza paziente, pure di 16 anni, affetta da liposarcoma al ginocchio, precedentemente sottoposta (in altra sede) alla Tac e ad una biopsia per escludere, o meno, lesioni secondarie, è stata sottoposta a risonanza con liquido di contrasto; quasi tre quarti d’ora la durata per identificare in maniera più chiara ed agevole anche eventuali anomalie invisibili mediante l’impiego della classica radiografia. Ho “interrotto” la mia presenza in questa sede per visitare le altre componenti della S.S. accompagnato dal dott. Di Rosa prima, e dal Tsrm Cristiana Campanaro poi. Il comparto comprende altre sale dedicate alla radiologia tradizionale dove vengono eseguiti esami radiologici contrastografici per i pazienti più piccoli; una per l’esame del cranio ed altri organi interni; un’altra per effettuare esami per patologie ortopediche e politraumi, dotata di un ortopantomografo, uno strumento in grado di eseguire panoramiche dentarie; mentre un quarta è dotata di un ortoclinoscopio, un apparecchio radiologico con un tavolo inclinabile per esaminare il paziente nella posizione voluta. Un’altra sala, ancora, è dedita agli esami ecografici per lo screening della displasia dell’anca, cui vengono sottoposti bambini al di sotto dei tre mesi di vita.

sala TAC del Regina Margherita di TorinoPiù “pedagogica” la sala della Tac, la cui apparecchiatura (nella foto) non appare più fredda e anonima, tant’é che per rendere meno angoscianti i piccoli pazienti la stessa è stata dipinta con vivaci colori rendendola unitamente all’ambiente una sorta di “bosco incantato”, dove il verde e il rosso fanno da sfondo. Un espediente psicopedagogico teso a trasformare gli esami in qualcosa che somigli a un gioco o a un’avventura, che vagamente ricorda “Il libro della giungla” o “Cappuccetto rosso nel sentiero del bosco”, dove la paura viene assorbita da questo “scenografico” e vivace gioco di colori, la cui realizzazione è stata possibile grazie ad interventi di iniziativa privata. Come pure la recente donazione di un sollevatore per il posizionamento del paziente sul lettino radiologico per patologie ortopediche, donato (nello stesso giorno della mia presenza) dalla associazione Sport & Movimento in collaborazione con l’Ipermercato Conad area 12 e l’associazione Bersaglieri “Alfonso Lamarmora” di Torino. La mia presenza si conclude nel primo pomeriggio, non prima di aver intervistato il dottor Di Rosa e il Tsrm Campanaro.

 

Gianpaolo Di RosaDott. Di Rosa, tra tutti i servizi offerti dalla SSD che lei dirige, quanti sono i passaggi all’anno?

“Come quantità di esami circa 50 mila passaggi all’anno per tutte le prestazioni di radiodiagnostica”

Quali le patologie più ricorrenti che necessitano una nuova diagnosi, o una conferma della stessa?

“In buona parte non si tratta di patologie in quanto alcuni esami sono di screening (controllo nel tempo) come, ad esempio, l’ecografia delle anche; la maggior parte delle patologie riguarda la traumatologia, e pazienti affetti da malattie croniche come la fibrosi cistica, malattie metaboliche, ed altre più rare; ma anche neurologiche ed oncologiche in gran parte “esclusive” dell’età pediatrica”

Qual è l’età media dei pazienti che afferiscono alla vostra Struttura?

“Dal neonato ai 14 anni, ma anche pazienti ultra 14 enni soprattutto affetti da malattie oncologiche e croniche. Ulteriori esami sono dedicati ai feti (aborti) per riscontrare dismorfismi e per capire le cause che hanno determinato una anomalia che ha coinvolto la famiglia”

Da chi è composto l’organico della SSD?

“In Rm sono 5 gli operatori dedicati con la qualifica di Tsrm, 4 infermieri che si alternano in Rmn e Tac, oltre agli Oss; mentre in totale sono 7 i medici e 20 i tecnici di radiologia presenti in tutta la Struttura”

Quali, invece, le criticità?

“Oltre alla apparecchiatura per la Rmn che ha superato i suoi anni di potenzialità, la carenza di personale sia di Tsrm che di medici, il cui incremento ci consentirebbe di fare più esami e ridurre nel contempo le liste di attesa… La sala per la Rmn, va detto, è operativa dalle 8.00 alle 15.30 dal lunedì al venerdì; mentre per gli esami urgenti gli esami di Rmn vengono effettuati nel vicino ospedale di traumatologia ortopedica (CTO)”

Dr.ssa Campanaro, solitamente come viene predisposto l’esame di Rmn per i vostri pazienti?

“Il paziente viene preparato dall’infermiera per l’accesso venoso quando l’esame richiede il liquido di contrasto. La preparazione richiede inoltre un approccio empatico con il paziente, fondamentale data la sua giovane età; come pure con i suoi famigliari (o tutori) in quanto in essi si vede sempre la preoccupazione… Ottenuta questa fiducia si invita il paziente a coricarsi sul lettino e lo si prepara per l’esame, e poiché deve restare immobile per tutta la durata lo si “distrae” facendogli ascoltare della musica in cuffie, o facendogli vedere un cartone animato attraverso un piccolo schermo… con possibilità di scelta del titolo”

Quali gli eventuali imprevisti?

“Il paziente durante l’esame può stancarsi per la posizione di immobilità chiedendo di scendere dal lettino, e in questi casi si interrompe l’esame e si cerca di tranquillizzarlo… riconquistando la sua fiducia”

Oltre alla qualifica quale impegno è richiesto al Tsrm?

“Al tecnico sanitario di radiologia medica è richiesta la frequenza per gli aggiornamenti periodici, sia dal punto di vista tecnico che da quello della comunicazione verbale e non, in quanto in noi nasce l’esigenza di capire come si può comunicare in modo alternativo sia con i pazienti e i loro familiari, che tra noi stessi operatori”

Tra i Tsrm la sindrome del burnout è ricorrente?

“Dopo un po’ di tempo può manifestarsi con alcune famiglie una sorta di maggior intimità colloquiale, un coinvolgimento emotivo ed empatico dal quale non è facile separarsi; e questo avviene sia per tutto il personale coinvolto, in particolare con i Tsrm e gli infermieri. Il burnout lo si supera aiutandoci a vicenda, confrontandoci e commentando costruttivamente le reciproche esperienze del vissuto con i piccoli pazienti e i loro genitori. Un superamento a volte difficile ma spesso fattibile”

 

LA NECESSARIA POLITICA DEL SUPERAMENTO DELLA VETUSTÀ DELLE APPARECCHIATURE

Secondo il nuovo Rapporto sullo stato di obsolescenza del parco diagnostica strumentale per immagini e sull’elettromedicina, curato dal Centro Studi di Assobiomedica) nel nostro Paese sono 58 mila le apparecchiature (Rmn, Tac, Pet, angiografi, mammografi e ventilatori per anestesia) considerate obsolete e quindi non più totalmente affidabili, superando la media degli altri Paesi europei con un incremento di quelle più vecchie di 10 anni e una diminuzione delle tecnologie con meno di 5 anni. «Su 100 mila apparecchiature censite – come ha riferito al quotidiano 24Ore Sanità Marco Campione, presidente dell’associazione elettromedicali di Assobiomedica – circa il 60% sono obsolete, avendo superato notevolmente la soglia di adeguatezza tecnologica con costi di gestione enormi che potrebbero essere abbattuti, sostituendole gradualmente con tecnologie di ultima generazione. Si tratta di apparecchiature meno sicure, con qualità clinica diagnostico-terapeutica al limite dell’appropriatezza. Abbiamo troppe apparecchiature, troppo vecchie e troppo poco usate». Un’avvertenza che induce a rivedere di sana pianta tutto il parco diagnostico-strumentale attuando, secondo gli esperti, un programma mirato di investimenti incentivando, asd esempio, la “rottamazione” dell’obsoleto a fronte dell’acquisto del nuovo, oppure l’utilizzo di strumenti moderni di acquisizione come avviene nei Paesi anglosassoni e nord europei.

 

 

Le ultime due foto sono di E. Bodini

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