VALE ANCORA LA PENA AFFRONTARE IL TEMA BUROCRAZIA?

Si spendono molte parole e rarissime sono le azioni per affrontare il vero “cancro” dei disagi sociali, come pure non si fa mai tesoro dei suggerimenti dettati dalla razionalità, dalla coerenza e dal sapere fare

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Da tempo mi occupo di problemi inerenti la burocrazia, quella più smaccata e umiliante, ossia di tutti quegli atteggiamenti o prese di posizione assurde nei confronti del cittadino-contribuente (ma soprattutto Persona) da parte delle Istituzioni, sia a livello locale che apicale. Oltre a studiarne le origini, gli effetti di ogni possibile sviluppo e le conseguenze deleterie per chi vi “inciampa”, ossia noi tutti, mi sono preso la briga di raccogliere diverse lamentele da parte di questo o quel cittadino, lamentele non solo espresse a voce nei corridoi, in confidenza e nella pubblica piazza, ma anche quelle sfogate sui giornali e televisioni, in particolare ospitate nelle rubriche dei lettori. Di queste lamentele non vi è quasi mai riscontro né verbale e né per iscritto, tanto al diretto interessato quanto all’opinione pubblica più in generale. È un fenomeno, tanto per usare un eufemismo, assai generalizzato e non si capisce perché l’italiano (anche quello più dotto) non abbia mai considerato il fatto che la burocrazia va affrontata con i diretti interessati, e non sfogando il proprio malcontento o disservizio attaverso i mass media; e questo non è razionale soprattutto quando il problema del cittadino è di carattere prettamemte personale, ed a maggior ragione se il destinatario della lamentela è un funzionario o dirigente pubblico (in divisa o meno) anagraficamente individuabile. Secondo la mia esperienza gli effetti deleteri della burocrazia non si potranno mai né prevenire e né contrastare se non si prende carta e penna per indirizzare al destinatario una raccomandata (A/R), proprio per evidenziare e lamentare il malcontento o una ingiustizia… se non anche addirittura un sopruso, e il più delle volte non è detto che sia necessario rivolgersi ad un legale. Personalmente, in questi anni ho avuto modo di attuare quella che io definisco “comunicazione diretta ed etica”, proprio in ragione del fatto che quello che andavo lamentando riguardava me e il burocrate direttamente interessato alla vicenda; un modus operandi non solo razionale ma che ha prodotto il più delle volte esiti  positivi.

Ma tutto ciò purtroppo non basta perché ho potuto accertare che, oltre ad essere nel giusto, sono indispensabili determinate peculiarità: avere la certezza delle competenze del destinatario (ufficio e persona) a cui ci si deve rivolgere, avere un minimo di nozione delle normative relative al problema da affrontare (ignorantia legis non excusat), essere coerenti, determinati, costanti, etici, diplomatici ed irremovibili sulle proprie posizioni, senza subire l’atteggiamento dello stra-potere del burocrate per il solo fatto che sta dall’altra parte della scrivania. Inoltre, ho imparato che quando si va a colloquio con questi “Dei dell’Olimpo burocratico” (oggi sempre meno disponibili nel ricevere il pubblico a colloquio, a tutela della loro incolumità, e venendo meno alla trasparenza…), è bene avere l’accortezza di prendere appunti e, quando le circostanze lo permettono, anche di registrare la conversazione: non credo che si possa avere la ferrea memoria di Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494) per ricordare tutto quello che ci viene detto, ancorché in modo sbrigativo, confuso e talvolta in lessico burocratese. Ora, si provi ad immaginare se la gran parte dei cittadini dovesse esporre (individualmente e non collettivamente) una qualunque e comprovata ingiustizia per raccomandata A/R, è facile dedurre che non solo i burocrati sarebbero inondati di carta, ma dovrebbero debitamente protocollarla e/o registrarla e di conseguenza dare riscontro al mittente. Si tenga presente, inoltre, che quando è la Pubblica Amministrazione (P.A.) ad essere in torto la stessa raramente lo ammette, né al singolo cittadino e tanto meno pubblicamente; e quando è il dipendente di quel determinato Servizio a sbagliare quasi mai lo stesso “paga di persona” in quanto “in sua difesa e tutela” interviene d’ufficio la P.A. Ma è anche bene ricordare che il cittadino quando è in torto nei confronti della P.A., deve avere l’onestà intellettuale e quindi la coerenza di ammetterlo, e se occorre anche per iscritto. Quindi, come arginare o affrontare il sistema burocrazia che, per inciso va detto, è prettamente “made in italy”? È un zoccolo duro per non dire un cancro della vita sociale quasi insormontabile, ma finché la cultura di questo fenomeno non rientra nel bagaglio individuale, tale rimarrà e ciascuno continuerà ad essere suddito del sistema e a subire le relative ingiustizie… quasi sempre quotidiane.

Dedicandomi da anni (senza sigle ed atichetta alcuna) ai drammi sociali in cui la burocrazia è sempre presente, ho cercato di intervenire (laddove richiestomi e totalmente a titolo non-profit) con consigli verbali e scritti, e in taluni casi anche affiancando di persona il cittadino a colloquio con questo o quel burocrate, ottenendo in taluni casi la soluzione del problema; mentre in altri casi non mi è stato possibile per i più svariati motivi, incluse la non coerenza e/o costanza da parte del cittadino. Alcuni anni fa un lettore, ex dipendente di una P.A., avendo letto un mio articolo dal titolo “La burocrazia in Italia, suggerimenti e consigli per combatterla. Tra pragmatismo e inefficienza”, pubblicato il 25 giugno 2012 dal quotidiano online Ilmiogiornale.org, in tutta onestà scrisse e divulgò pubblicamente (firmandosi) quanto segue: «Questo articolo dovrebbe essere inserito nei testi scolastici per quanto rivela la realtà storica di una Pubblica Amministrazione che ha vanificato tutto lo sforzo della creatività degli italiani del dopoguerra, e che ha portato l’Italia nella situazione difficile in cui si trova oggi oggi, svantaggiata rispetto alle altre nazioni nella crisi finanziaria. Io ho fatto parte della Pubblica Amministrazione prima di emigrare, e posso testimoniare  con cognizione di causa la completa veridicità espressa in questo articolo. Ringrazio per il lavoro di analisi e di ricerca svolto per sintetizzare il tutto in un articolo chiaro e completo, utile alle nuove generazioni che potrebbero trarne, dalla conoscenza, un grande vantaggio, meridionali inclusi». Ma credo che purtroppo nessun parlamentare si prenderà mai la briga (ed abbia interesse) di inserire questo argomento nei programmi scolastici della scuola secondaria di primo grado, e ciò è facilmente immaginabile… Tuttavia, in “alternativa” sarebbe forse utile l’attivazione di una task force, una sorta di un piccolo gruppo in versione ideale di Templari contro le ingiustizie della burocrazia (a cui nessuno ha mai pensato, nemmeno le migliaia di associazioni di volontariato…); ma purtroppo mi rendo conto che ciò è utopia, anche se al tempo stesso a mio avviso non è totalmente improponibile: il difficile è individuare i componenti Cavalieri capaci e derminati che per agire non hanno bisogno né di scudo e nemmeno di destriero. Infine, vorrei concludere affermando con convizione, che la burocrazia a livello apicale fa comodo mantenerla perché, in caso contrario, si “destabilizzerebbe” il sistema su cui poggiano le basi delle P.A. e il loro modus operandi. Orogogliosi di appartenere ad un Paese in cui prevale il concetto “mors tua vita mea”? Consideriamo pure le eccezioni, ma da come vanno le cose (periodo pandemico a parte) nazionalismo e patriottismo sono ideali che, nel concreto, restano confinati nella nostra memoria; una memoria che ha fatto storia ma non ha illuminato gli uomini di oggi.

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