Si invecchia sempre di più. Una evoluzione sociale che sarebbe bene rimettere in discussione se si vuole invertire la rotta nel rispetto dell’essere umano.

di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)
Da tempo ci lamentiamo tutti, soprattutto medici, amministratori pubblici, demografi e statistici che la popolazione sta invecchiando sempre di più: quasi 59 milioni la popolazione totale italiana nel 2024. Di questo 14.573.000 gli ultra 65enni, 7.019.000 gli under 15, l’età media era di 46,6 anni, e l’indice di vecchiaia corrispondeva a 193,1 anziani ogni 100 giovani. E la situazione attuale non sta migliorando. È certamente una realtà (incontrovertibile) dovuta a molti fattori, sia per l’elevata evoluzione della vita media e sia per “l’attaccamento” alla vita stessa, come pure agli allettanti progressi della scienza medica in grado di curare molti malati (e non le malattie) garantendo di fatto il prosieguo della vita umana, anche per il fatto che è in forte calo il ricambio generazionale. Ma tutto ciò ha dei notevoli costi sotto vari aspetti, tanto che i demografi, gli statistici e i politici-governanti come pure i mass media, non approfondiscono oltre (o comunque parzialmente) le cause del calo della natalità: pochi matrimoni e convivenze e di conseguenza pochissimi figli, e questo perché? Il fatto che tra le cause sono in aumento i rischi di molte patologie (comprese quelle rare e congenite), come pure il comportamento della società i cui componenti in parte sono dediti alla criminalità e, di conseguenza, viene meno la tutela della incolumità individuale e collettiva. E che dire anche del progresso sempre più in veloce evoluzione? Da una società umana che tende a non relazionarsi preferendo “obtorto collo” comunicare attraverso strumentazioni elettroniche di vario genere, non si può pretendere di incrementarla penalizzando la relazione umana sostituendola con dei robot-umanoidi: sarebbe come voler superare le origini del genere umano. Da sempre si sostiene che l’uomo è un essere sociale, espressione coniata già da Aristotele, che indica che la socialità è una caratteristica innata dell’essere umano, essenziale per il suo sviluppo e la sua piena realizzazione. L’uomo, per natura, tende a vivere in gruppo, a interagire con gli altri e a creare relazioni, sia per sopravvivere che per prosperare. Questo principio ancestrale include ovviamente la necessità innegabile che ogni essere umano ha bisogno di comunicare e di relazionarsi e, il fatto che il buon Dio ci abbia dotati della parola, dell’udito e della vista ne conferma il principio stesso. Ma intanto i secoli trascorrono e la specie si evolve (che peraltro si tende a denigrarla con la definizione di “razza”), con le intrinseche particolarità quali le doti intellettive che si evolvono per migliorare le proprie condizioni di vita, ma al tempo stesso divenendo schiava del progresso eludendo ogni razionale rapporto umano, fatto di parole, gesti e sentimenti che, per certi versi, hanno nulla (o molto poco) a che vedere con l’incalzante tecnologia. È pur vero che quest’ultima in molti ambiti ha contribuito e contribuisce a migliorare le qualità materiali della vita come ad esempio nel campo della medicina e dei trasporti, ma è altrettanto vero che in molte circostanze gli effetti negativi spesso “disturbano” penalizzando moltissimi esseri umani. Ma tornando al concetto del progressivo invecchiamento della popolazione, gli italiani sono tra i più longevi e ben poco o nulla si fa per ridimensionare o tenere sotto controllo tale evoluzione. Ne consegue che la nazione, a mio modesto avviso, sta mettendo a rischio i pochi benefici utili (e razionali) conquistati con il progresso, ma in particolare i rapporti umani non sono più intesi come Dio avrebbe predisposto. A questo riguardo molti filosofi del passato hanno dedicato gran parte della propria vita allo studio del comportamento umano, come le finalità dell’esistenza della specie, e mai avrebbero immaginato che nei successivi secoli le nuove generazioni si sarebbero fatte sopraffare dall’ambizione di un progresso senza considerare i reali valori umani. Si dice che la vita ai tempi del calesse e della candela era in qualche modo più accettabile (“Si stava meglio quando si stava peggio”), ma volendo confrontare le due opposte realtà temporali, una riflessione doverosa si impone quanto meno per “riconquistare” il necessario e concreto rapporto umano: la disponibilità al dialogo ha sempre contribuito a far crescere le popolazioni…, mentre il non dialogo (specie se virtuale) le ha sempre allontanate! Ma resta il fatto che oggi manca la volontà tanto che tutti i mezzi informatici tendono a sostituirsi alla persona e, se questa è anziana, si tende a non più considerarla in quanto non è più produttiva, non rende e a detta dei politici-amministratori spesso presenta notevoli costi assistenziali: una realtà che le nuove generazioni non intendono imitare volendo godersi la vita… anche con qualche anno in meno… o qualche anno in più, ma in salute e con meno preoccupazioni!