UN FULGIDO ESEMPIO DI PIONIERISMO SANITARIO: Elizabeth Kenny

La fisioterapista australiana “ante litteram” che trattava i piccoli poliomielitici in fase acuta

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e biografo)

Possiamo ormai affermare che, a parte alcuni focolai in Afghanistan, Pakistan e Nigeria, la poliomielite è quasi scomparsa dal pianeta (sia pur considerando qualche altro Paese ancora a rischio come Camerun, Etiopia, Guinea Equatoriale, Iraq, Israele, Somalia e Siria), e da 2001 l’OMS ha dichiarato l’Europa polio free. E nonostante questi Paesi a rischio, per lo più per motivi di igiene, scarsa cultura e conflitti bellici, si può contare sulla disponibilità dei vaccini antipolio Sabin e/o Salk, la cui somministrazione di massa garantisce la prevenzione dalla malattia. Questo il quadro attuale a livello internazionale. Ma perché non ricordare qualche passo storico, come quello relativo al trattamento delle vittime della cosiddetta paralisi infantile, come veniva chiamata allora la poliomielite? Credo sia giusto rievocare non solo i “protagonisti” più autorevoli e le Istituzioni per aver debellato la patologia, ma anche chi si è prodigato per curarla nella fase iniziale limitando i danni fisici di chi è stato colpito. Tra questi l’infermiera e fisioterapista australiana (autodidatta) Elizabeth Kenny (1880-1952) nativa del Galles del Sud che, con lungimiranza e intraprendenza, ideò un metodo per il trattamento dei postumi della polio, proprio in un periodo (anni ’30) in cui in Australia si verificò una consistente epidemia, e durante il quale si fece notare per la sua capacità di riabilitare questi pazienti attraverso la sua sia pur “controversa” tecnica che, in pratica, prevedeva l’uso di bagni caldi, impacchi medici, l’eliminazione di tutori e sollecitando con l’incoraggiamento al movimento attivo. Nel primo trentennio del secolo scorso, ad esempio, il Queensland (regione nord orientale dell’Australia) subì il maggior numero di casi di poliomielite e, dal 1933, diverse popolazioni locali aiutarono Kenny a creare una rudimentale struttura per il trattamento della poliomielite. In pochi mesi ebbe successo avendo trattato con i bambini locali, sotto l’egida del Dipartimento della Salute del Queensland; cui seguì la creazione di cliniche in diverse città dell’Australia. Ebbe modo di studiare libri di Anatomia del medico Enea McDonnell, il quale divenne il suo mentore e consigliere. (In seguito affermò di essersi interessata al funzionamento dei muscoli durante la convalescenza in seguito ad un incidente procurandosi la rottura del polso a 17 anni). I suoi precedenti trascorsi la videro al servizio come infermiera su navi mercantili che trasportavano soldati da e verso l’Australia e l’Inghilterra, durante la prima guerra mondiale in Gran Bretagna e nei Paesi del Commonwealth, dove si guadagnò il titolo cortesia Sorella, che si applicava non solo ai membri di un Ordine religioso ma anche a infermiera più altamente qualificata, di un grado inferiore a Matron. Pur non essendo infermiere ufficialmente qualificate tali figure erano molto necessarie, quindi alla Kelly le fu assegnato il compito di lavorare sulle “Dark Ships”, i trasporti che trasportavano a bassa velocità merci di guerra e soldati. Tornando alla sua personale iniziativa per la cura dei piccoli pazienti poliomielitici, al termine della prima guerra mondiale Kelly istituì e supervisionò un ospedale temporaneo per prendersi cura delle vittime dell’influenza spagnola, e per riprendere subito dopo il suo impegno per il trattamento dei poliomielitici. Dopo il primo successo in questa dedizione, sviluppò ulteriormente il suo metodo clinico ottenendo il riconoscimento medico in Australia. A riguardo era categoricamente contraria all’immobilizzazione dei corpi dei bambini con calchi o ganci in gesso e, proprio per questo, chiese che le fosse permesso di curare i bambini durante la fase acuta della malattia con impacchi caldi. Nel 1937 pubblicò un libro introduttivo sul suo lavoro intitolato Trattamento della paralisi infantile nello studio acuto, noto come The Green Book, che fu successivamente pubblicato negli Stati Uniti. Ma la valutazione più completa dei suoi metodi aveva per titolo Concetto di Kenny della paralisi infantile e il suo trattamento, che fu pubblicata in collaborazione con il dott. John Pohl nel 1943, meglio conosciuta come The Red Book. Un successo che per il vero fu però controverso, in quanto molti medici australiani e la British Medical Association (MBA) misero in dubbio i suoi risultati e la sua metodologia.

Ma quale la situazione negli Stati Uniti?

E. Kelly durante una seduta

Nel 1940 il Governo del Nuovo Galles del Sud inviò Kenny in America per presentare il suo metodo clinico per curare le vittime della poliomielite ai medici americani, dove soggiornò a Minneapolis per 11 anni. Secondo fonti storiche, in una lettera del 1943 del British Medical Journal, Kenny notò che c’erano oltre 300 medici che frequentavano le lezioni all’Università del Minnesota. Durante questo periodo diversi Centri aperti in tutta l’America adottarono il suo metodo di trattamento; tra i più noti il Sister Kenny Institute di Minneapolis (in seguito Courage Kenny Rehabilitation Institute), una struttura del New Jersey e la Ruth Home a El Monte in California. Proprio per i risultati del suo lavoro ricevette lauree honoris causa dalla Rutgers University e dall’Università Rochester. In seguito a Minneapolis fu fondata a suo nome la Sister Kenny Foundation per supportare il suo lavoro negli Stati Uniti. Inoltre, sempre in riconoscimento per quanto da lei reso, nel febbraio 1950 il presidente Harry Truman (1884-1972) firmò un disegno di legge del Congresso che conferiva a Kenny il diritto di entrare e uscire dagli Stati Uniti senza visto; onore, questo, che era stato concesso solo una volta in precedenza al francese Gilbert du Motier de la Fayette (1757-1834), leader della Guerra di Indipendenza americana. Elizabeth Kenny non si risparmiò viaggiando a lungo in America, in Europa e in Australia, anche al fine di ottenere un’ulteriore accettazione del suo metodo… che andava ormai consolidandosi. Negli ultimi anni soffrì molto di una forma di Parkinson e, fermandosi a Melbourne, ebbe occasione di incontrarsi privatamente con il virologo e immunologo australiano di fama internazionale Frank Macfarlane Burnet (1899-1985), il quale in seguito scrisse: «Elizabeth Kelly ha trattato più casi di chiunque altro nel mondo (7.878), e nessun altro fu nella posizione di parlare con la sua autorità. Ora è pressoché dimenticata dal mondo. Ma c’era un’aria di grandezza intorno a lei e non dimenticherò mai quell’incontro». Kenny morì a Toowoomba nel 1952, e fu sepolta accanto a sua madre nel cimitero Nobby nel Queensland.

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