TRA MISTERI, FEDE E FILOSOFIA

Brevi riflessioni condivisibili e non sulla nostra esistenza

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Si dice che la nostra esistenza sia come un tragitto da percorrere, che può essere più o meno breve ma comunque (giustamente) pur sempre effimero. Ma quanti di noi nel percorrere questo viale terreno si soffermano, di tanto in tanto,  per qualche riflessione ad analizzare alcune tappe sino a quel momento raggiunte? Il mio non vuole essere un quesito prettamente mistico e tanto meno teso ad evangelizzare (mai assumerei un ruolo che non mi appartiene), ma pur stando nella laicità non può venir meno prendere atto di quanto sia doveroso fare una analisi di come abbiamo vissuto, cosa abbiamo fatto e che non dovevamo fare, o cosa non abbiamo fatto e invece era saggio fare. Ma perché questo richiamo? È indubbio che tutti abbiamo una coscienza (ad eccezione ovviamente di chi soffre di particolari patologie psicofisiche) con la quale prima o poi dobbiamo fare i conti, in quanto mettere sui due piatti della bilancia il bene compiuto e il male fatto e, con l’ulteriore particolarità, che la voluta omissione a volte corrisponde alla negazione di un dovere. Inoltre io credo, quale buon cristiano credente sia pur poco praticante, che alla conclusione della nostra vita terrena ci sia un altro Tribunale cui rendere conto e al quale non si potrà mentire. A questo riguardo mi rendo conto di essere inviso da atei e agnostici, o anche da superficiali e materialisti, ma ciò non può eludere una realtà incontrovertibile che è la vita stessa e il suo conseguente exitus. E tutto ciò che esiste intorno a noi è vita e volontà di vivere e, come sosteneva Albert Schweitzer, «…si vorrebbero dire e fare durante la nostra vita tante cose giuste al tempo giusto…» Spesso con vergogna, lui stesso ha mormorato sopra una tomba parole che avrebbe saputo dover dire quando ancora, forse, sarebbero state capite… La vera lebbra del mondo, allora come oggi, è quella di non saperla curare in tempo… Ma la lebbra dei tempi nostri (tanto per sintetizzare) è la perpetua incomprensione e l’indifferenza tra esseri umani, e l’antidoto è in ciascuno di noi che non ha costi ma richiede solo buona volontà. Purtroppo, o forse a ragione, quello che disorienta e turba molte persone sono gli innumerevoli enigmi (misteri) che fanno parte della nostra esistenza, ai quali hanno cercato di affrontarli e carpire qualche risposta molti nostri antenati filosofi, teologi ed altri studiosi, ma nessuno di loro ha saputo darci un minimo di “conforto”. E in merito a ciò mi sovviene quanto ho letto: «Chi crede in me anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno». Personalmente non ho idea di cosa comporti indossare un abito talare, che con il passare dei secoli ha perso, per così dire, parte del suo valore esteriore e quindi di distinzione; tuttavia ciò che più conta è l’abito interiore (la coscienza) di ognuno che, se non indossato perché non ci aggrada, può determinare una sorta di ulteriore debito da scontare… Devo anche aggiungere che quando ci si trova in particolari situazioni di disagio fisico ed esistenziale, tendenzialmente o si impreca (e non si sa contro chi) o si invoca Qualcuno (e solitamente si sa chi).

Soeren Kierkegaard

Soeren Kierkegaard

Nel corso dei secoli infiniti sono stati gli eventi che hanno “disturbato” l’Umanità: molte le persone cadute in disgrazia e molte altre che hanno  potuto sorridere avendo superato le avversità. Ma perché questa differenza? Ecco, questo è uno di quei primi quesiti-misteri che fanno parte dell’esistenza terrena, ma una risposta non potremo mai averla sia perché finirebbe l’era umana e sia perché non siamo tenuti ad individuarla, perché se ciò avvenisse avremmo scoperto il segreto principale della vita. In buona sostanza si tratta di credere e accettare un Disegno, la cui maestosità è data proprio dalla miriade di misteri insondabili, peraltro in parte “appagati” dalle bellezze che la vita stessa ci ha riservato e ci riserva. Non sono un filosofo accademico ma da anni un appassionato di filosofia, materia che per certi versi è complice indiretta dei misteri della vita. Leggendo alcuni autori come ad esempio Socrate (469-399 a.C.), Arthur Shopenhauer (1788-1860), Söeren Kierkegaard (1813-1855), Friedrich Nietzsche (1844-1900) Albert Schweitzer (1875-1965) ed altri ancora, ne traggo quel minimo di conoscenza e in parte di condivisa saggezza quale sostegno nei momenti di “incertezza”, di incomprensione, di scoramento e di delusione. Forse è ben poca cosa per la nostra effimera esistenza, ma unitamente alla Fede (che ciascuno può intendere a modo proprio a seconda della personale cultura) dona un senso sollievo che diventa appagante. Il segreto sta nel non pretendere di più, anche perché di più non potremo mai avere. Del resto aveva ragione Kierkegaard nel sostenere che «La vita non è un problema da risolvere, ma un mistero da vivere».

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