Torino: in visita alla Residenza sanitaria assistenziale di via Gradisca, 10

bambino con una donna e anziana con una dottoressa

Un’organizzazione al passo coi tempi e in buona sinergia per rispondere al meglio alle esigenze del territorio, ma si può migliorare sia il dialogo con i referenti ospedalieri che l’apporto amministrativo

 di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

logo della Asl Torino 1Con l’aumento dell’età media e delle patologie ad esso inerenti in cui la cronicità la fa da padrone, va da sé che l’assistenza, temporanea o permanente, si impone sul territorio. Per rispondere a questa esigenza nella nostra città sono state istituite le R.S.A. (Residenza Sanitaria Assistenziale). Tra queste, che ho visitato nei giorni scorsi (dalle 9.00 alle 16.00) in qualità di “ospite-osservatore”, quella torinese di via Gradisca 10.

È una struttura prevalentemente a valenza sanitaria per persone non autosufficienti, con carenza di un “adeguato” supporto familiare, indispensabile per attivare interventi di assistenza domiciliare integrata, e che non abbiano patologie acute tali da richiedere il ricovero in ospedale e che nel contempo necessitano un livello medio di assistenza sanitaria integrato e di un più “elevato” livello di assistenza tutelare ed alberghiera. Situata in zona Santa Rita (Circoscrizione 2), afferente all’Asl TO1 (Direttore Generale dott.ssa Giovanna Briccarello e Direttore Sanitario dott. Simone Paolo), è un moderno edificio luminoso, composto da tre piani, piano interrato, piano terra e giardino.

Comprende tutti i servizi essenziali in grado di rispondere alle esigenze degli ospiti, per i quali sono operanti medici, infermieri, OSS e volontari. Una parte di questi servizi sono gestiti dalla Cooperativa “KCS CAREGIVER” diretta da Anna Maria Greco, e al dott. Giuseppe Castronuovo è affidata la direzione sanitaria. «La struttura, operativa dal 2001 – spiega la dott.ssa Mara Simoncini, Direttore della Struttura Dipartimentale Cure Domiciliari e Geriatria Territoriale della ASLTO1 che si occupa delle problematiche della popolazione anziana sul territorio –,  prevede 95 posti letto (con camere a uno o due letti e servizi all’interno), di cui 30 dedicati alla continuità assistenziale. L’accoglienza riguarda pazienti (in gran parte ottuagenari) che solitamente provengono dagli ospedali), previa valutazione del Nucleo Territoriale di Continuità delle Cure afferente alla Struttura Dipartimentale, che prevede un periodo di ricovero per la stabilizzazione e di recupero post-ricovero ospedaliero, in previsione di tornare al proprio domicilio. Quando l’autonomia non è possibile recuperarla o c’è bisogno di potenziare il servizio a domicilio, il nostro servizio può erogare aiuti di tipo domiciliare: lungo-assistenza domiciliare in accordo con il Comune di Torino e cure intensive attraverso l’A.D.I. (assistenza domiciliare integrata), il S.I.D. (servizio infermieristico domiciliare), e l’A.D.P. (assistenza domiciliare programmata). E questo in stretta collaborazione con i medici di famiglia».

L’età media di questi pazienti è di 86 anni, ed è in progressivo aumento. Tuttavia, in alcuni casi a questa struttura afferiscono pazienti anche più giovani con patologie assimilabili a quelle dei soggetti più anziani, per caratteristiche e prognosi infausta. Qual è la degenza media? «Dipende dalla tipologia dei pazienti e dal percorso di continuità assistenziale, che tra l’altro – precisa la direttrice –,  a breve dovrebbe rientrare in un Progetto il quale prevede che entro fine anno i posti letto per la continuità assistenziale dovrebbero passare da 30 a 46; e questo significa che il tempo di degenza sarà più limitato rispetto a quello attuale. Pertanto non è possibile stabilire il tempo di degenza media in quanto al momento vi sono 40 posti letto di tipo residenziale definitivo, in cui questi pazienti vengono seguiti dal medico di medicina generale, rientrando nella cosiddetta assistenza domiciliare residenziale (A.D.R.). Quindi, la nostra è una struttura con posti letto ad alta valenza sanitaria e posti letto di residenzialità definitiva».

L’organico della Struttura Dipartimentale è composto essenzialmente da 4 dirigenti medici di cui 3 specialisti in geriatria, 3 specialisti geriatri ambulatoriali e 1 psicologo ambulatoriale che si occupano di tutte le prestazioni che si effettuano all’interno del Servizio: Unità di Valutazione Geriatrica (U.V.G.), Unità di Valutazione Alzheimer (U.V.A.), sia in ambulatorio che a domicilio; sono inoltre consulenti dei medici di famiglia per i pazienti che sono in carico all’A.D.I., mentre una psicologa si occupa dei problemi neuropsicologici dei pazienti e della valutazione dei caregiver. Infermieri, OSS e amministrativi sono per la maggior parte dediti a tutto quello che concerne il processo di valutazione geriatrica e delle cure domiciliari.

La cooperativa “KCS CAREGIVER”, che opera in appalto, gestisce tutte le attività sanitarie e assistenziali della parte residenziale di cui fanno parte, oltre al direttore sanitario, medici, infermieri e Oss per la gestione dei pazienti ricoverati. È pure presente un gruppo di volontari-animatori di supporto alla alimentazione dei degenti e al loro intrattenimento ludico. Ma quali le criticità? «Attualmente – spiega la dott.ssa Simoncini – lamentiamo una carenza di ordine amministrativo in quanto la nostra Unità di Valutazione Geriatrica deve “raddoppiare” l’attività di Sportello per la città, al quale accede il pubblico dall’esterno, soprattutto per richieste di un percorso di cura e il relativo ingresso nella struttura, e più estensivamente per richieste di aiuto-socio-sanitario». Per rispondere a queste richieste è molto oculata e competente la valutazione del caregiver (solitamente è un familiare del paziente, n.d.r.) da parte dell’infermiere, del medico e successivamente dello psicologo che, talvolta, individuano situazioni di solitudine, fragilità dell’anziano e casi di abbandono sul territorio.

bambino con una donna e anziana con una dottoressaPer quanto riguarda le cure domiciliari interviene Elena Moiso, medico che si occupa di questa parte del Servizio, la quale spiega che le domande pervengono dall’ospedale o dal medico di famiglia. «Dopo aver valutato ogni domanda – precisa la dott.ssa Moiso – se ci sono tutti i presupposti predispongo una relazione al medico di base del paziente; i casi particolarmente complessi per la gestione domiciliare li seguo personalmente recandomi con un infermiere al domicilio del paziente stesso, e redigere un appropriato piano di cura. Tra le domande di cure domiciliari alcune riguardano anche pazienti pediatrici, particolarmente “problematici” dal punto di vista assistenziale in quanto stomizzati, attaccati ad un respiratore, o portatori di PEG (gastrotomia endoscopica percutanea che viene applicata nei pazienti che necessitano di una nutrizione enterale per un lungo periodo, n.d.r.). Attualmente abbiamo in carico 190 A.D.I. e circa 600 S.I.D. Per quanto riguarda le criticità riscontriamo che c’è poca collaborazione con gli operatori ospedalieri, i quali in alcuni casi dimettono i pazienti a fine settimana con le evidenti difficoltà gestionali; a questo va rilevato il problema del caregiver in quanto vi sono casi in cui la situazione familiare non è in grado (o assente) nell’accogliere e seguire il proprio congiunto, soprattutto quando è un paziente oncologico o con particolari problemi neurologici. Si tratta di situazioni particolarmente contingenti e “coinvolgenti” che richiedono lo specifico funzionamento di una RSA».

Un ulteriore aspetto delle attività di questo Servizio riguarda il Nucleo Territoriale di Continuità delle Cure, di cui si occupa la dott.ssa Enza Paola Contuzzi, la quale predispone la raccolta di tutte le informazioni (contattando le figure professionali preposte, oltre ai famigliari del paziente) per l’organizzazione di un corretto percorso finalizzato ad accedere nella RSA, e per una migliore gestione ed utilizzo di tutte le risorse territoriali aziendali.

Nel pomeriggio si è conclusa la mia permanenza in questa struttura le cui caratteristiche propositive e pragmatiche mi inducono alle seguenti considerazioni. I malati cronici e i disabili non rappresentano una categoria sociale in quanto la disabilità è insita nella condizione umana, particolarmente fragile e quindi esposta ad imprevisti. È innegabile che chiunque nel corso della propria esistenza può incorrere in una situazione di disabilità a causa di infortunio domestico, stradale, professionale, ma anche dell’invecchiamento o di una malattia degenerativa. Talvolta la condizione può essere transitoria e quindi superabile, tal’altra permanente che impone la capacità di conviverci e di adeguarvisi. In quest’ultimo caso la persona disabile o cronicamente malata va aiutata considerando non solo le sue limitazioni funzionali, ma anche l’ambiente che la circonda per avere risposte appropriate e possibilmente efficaci sia in ambito ospedaliero, che territoriale proprio come è in grado di offrire questa RSA di quartiere a gestione diretta della ASL.

 

Foto www.ilcorrieredellacitta.com

1 thought on “Torino: in visita alla Residenza sanitaria assistenziale di via Gradisca, 10

  1. All’interno della struttura lavorano anche 2 fisioterapisti. Ha omesso di dirlo…

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