Tanzania: un amico scrive…

Dovrei scrivere il report delle mie ultime visite nei villaggi, non ho fretta, ormai è abitudine qui a Bagamoyo, durante le mie giornate in ufficio, ma anche fuori, considerare l’orario di lavoro come un foglio di carta con poco senso, non ci pesa quindi trattenerci davanti ai nostri computer fin quando la sera arriva, a volte fin quando le stelle e la luna fanno capolino e inciampi nei viottoli senza illuminazione che fai per tornare a casa. L’abitudine a stare in Tanzania, in questo villaggio sulla costa dell’oceano indiano fa si che a volte tutto ciò che mi circonda diventi anche esso normalità. In un certo senso lo è..E’ la normalità che esiste in uno dei paesi più poveri del mondo, la normalità di un villaggio di pescatori, la normalità della povertà..questa è la normalità che mi circonda. Per non scordarmi del perché e del per chi sono qui voglio condividere un pensiero su questa terra e dedicare un momento di riflessione a tutto ciò che mi accolto quaggiù, quaggiù dove mi sento a casa..
…alla mia casa con l’acqua che non c è mai e con gli scarafaggi che ce ne sono anche troppi

a Stefano e a Silvia che mi stanno sopportando durante questa annata bellissima ma non semplice

ai miei che con i loro problemi mi supportano incondizionatamente e non mi fanno pesare il fatto di essere lontano da loro

ai bambini sdentati e malnutriti che mi dicono “mzungu mzungu” oppure Stefàno sempre e solo con l accento sulla a!

alle ragazze di lugoba e di chalinze che “se ti va” quando i camion spengono le luci e la strada diventa buia offrono amore per due birre

alle ragazze di lugoba e chalinze che sono morte di AIDS regalando questo amore a camionisti di passaggio

alle donne che vengono picchiate dal marito e che non lo denunciano perché hanno paura e hanno due bambini che sono usciti troppo presto dal loro utero che altrimenti non potrebbero mantenere

a chi ha beneficiato del nostro progetto, ha ricevuto un’educazione sull’ aids e adesso la sta diffondendo al resto della comunità in cui vive e inconsapevolmente sta salvando qualche vita

ai ragazzini che ogni giorno giocano a pallone davanti a casa nostra e che ogni volta che li trovi ti dicono che il pallone è bucato anche se non c è l’aria dentro perché è fatto di pezza

a Ema il mio facilitator che se non fosse la bella persona che è il lavoro sarebbe parecchio ma parecchio più duro

a Lucy, sua moglie, che è al quarto tentativo di avere un bambino e forse questa volta ce la farà

a tutti i tanzaniani che ce l hanno fatta a emergere e che collaborano per creare una Tanzania migliore

a tutti i tanzaniani che non ce l hanno fatta perché vivono in case di fango, vivono con 10 centesimi al giorno, non sono mai andati a scuola e non hanno mai mangiato altro che polenta e fagioli

alle vecchie acciaccate dalla vita nei campi che adesso, al tramonto, dietro a piccole lampade a olio, vendono frutta o verdura per sfamare i loro figli perché i mariti sene sono andati tanto tempo fa…

a Mwajabu, che ogni giorno è seduta nella scrivania davanti a me, vive con l’aids ma non si da per vinta e anche se a volte sta poco bene viene comunque a lavoro

..sempre a Mwajabu perché sta prendendo regolarmente la terapia antiretrovirale il suo livello di CD4 sta salendo e la sua salute sta migliorando

a chi in un villaggio di 500 abitanti in mezzo alla savana ha il coraggio di dichiarare che è sieropositivo e riesce a creare un gruppo di persone che si supportano a vicenda

ai pescatori di Bagamoyo che con i loro dhow di legno sfidano il mare anche quando un peschereccio italiano rimarrebbe in porto

a Magomeni, la parte più povera di Bagamoyo che mi ha fatto vivere calde nottate africane..

ai paesaggi africani che nessuna foto riesce a renderne la bellezza che hanno a vederli con i propri occhi

ai fuochi che sono disseminati ovunque a Bagamoyo perchè l’elettricità è un lusso

all’oceano indiano che a volte è talmente caldo che fa piu freddo fuori

a chi vive nelle baraccopoli di Dar es salam e ha la vita appesa un filo fragile come una ragnatela

a chi mi ha fatto compagnia quando “non si può restare soli certe notti qui….”

alla musica tanzaniana che si chiama bongoflavour e non ci abbandona mai durante le serate al bar

a mama Aisha che tira avanti 4 figli che sono diventati sette con me Stefano e Silvia come figli adottivi

a chi negli incroci di dar es salam viene portato in carrozzina a chiedere l elemosina perché è senza gambe e senza braccia

a chi raccoglie gli avanzi di cibo per terra

alle ragazze che si sono ribellate dagli abusi familiari e si sono costituite in un associazione di auto supporto

alle ragazze che hanno abbandonato la scuola perché gli è stato imposto di sposarsi, a quelle che l’hanno abbandonata perché hanno avuto un bimbo a 15 anni non sapendo a cosa serve il preservativo

a chi condivide con gli altri il poco che ha seguendo la via socialista di Nyerere fondatore di questo paese, a chi ha coraggio di alzarsi e di far sentire la propria voce per chi sta peggio, a chi combatte, a chi non dorme ma anzi ha gli occhi bene aperti, a chi fa di quest’ Africa un posto migliore, dedico il mio pensiero.
Avanti Africa!
Stefano

Grazie, Stefano di aver condiviso con il nostro giornale i tuoi pensieri. E’ grazie a te e a persone come te che il mondo può diventare migliore. Un abbraccio grandissimo da tutti noi.

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