Succede che … : visita all’Ufficio Immigrazione di Cagliari

Quella che stiamo per sottoporre alla vostra attenzione è la testimonianza di una nostra lettrice L.G. che, con molta finezza, ci racconta un episodio in cui di finezza – come anche di educazione, senso civico e spirito umanitario  – proprio non vi è traccia:


Succede che un giorno hai bisogno di semplici informazioni sul rinnovo del permesso di soggiorno per un tuo assistito.

Succede che allora cerchi il numero dell’Ufficio Immigrazione della Questura e provi (e riprovi) a chiamare, ma nessuno risponde. Così pensi che il numero potrebbe essere sbagliato e chiami al centralino, dove ti rispondono che no, il numero è quello giusto ma lì il telefono forse non sanno neppure che esista: si fa prima ad andarci di persona.

Allora succede che ci vai di persona – per forza – e scopri che l’Ufficio Immigrazione è un triste stanzone disadorno e maltenuto, con poche panche che sembrano ereditate da un ambulatorio degli anni Settanta e dove i numeri “taglia-code” sono figli di una modernità che ancora non accenna ad arrivare.

E poi succede che, mentre aspetti il tuo turno – ammesso che di turno si possa parlare – scopri che un comune padre di famiglia (che ipotizzi cingalese) non merita il rispetto dovuto ad un comune padre di famiglia italiano, perché può darsi che la nostra lingua non la capisca davvero ma può darsi anche che stia facendo il finto tonto … e, comunque, se l’italiano non lo capisce, cosa ci fa in Italia?

Così succede che, mentre pensi a quanto dev’essere difficile per un italiano imparare il cingalese, arriva il tuo turno e ti rendi conto che se uno ha sbagliato in passato, non ci si crede poi tanto alla sua “redenzione”; se poi è straniero, non ci si crede per niente. Ed è davvero sottile la linea di confine tra il disincanto e l’irrispettoso cinismo.

Succede che, evitando di reagire ad un indelicato sarcasmo, riesci ad ottenere le informazioni di cui avevi bisogno, ma te ne vai infastidito da un profondo senso di ingiustizia.

Succede che l’unica piccola soddisfazione sia poterlo raccontare.

Lettera firmata

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