STUPRO DI PALERMO E SNUFF MOVIE?
Dello stupro di Palermo e di quei “bravi” ragazzi di via Montalbo che hanno disonorato, senza alcuna ombra di dubbio, la loro città per lo stupro perpetrato nei confronti di una coetanea “rea” di essersi fidata di uno di loro, uno che considerava un amico, nonché di aver bevuto qualche bicchiere di troppo tutti, ormai, sappiamo tutto. I social media, i giornali, le tv hanno riportato la notizia, scandagliandola nei particolari e pubblicando le “chat dell’orrore” che il branco, tra questi anche un minorenne all’epoca dei fatti, non ha lesinato ad inviare sui social, alla faccia della vittima e del suo dolore: emoticon e inni alla forza per chi doveva affrontare la galera col piglio “che dopo di questa sarebbe uscito più forte di prima” sottolineando una completa mancanza di empatia, nessun tipo di pentimento e l’atteggiamento tipico da guappi di quartiere disegnando, casomai ce ne fosse stato ancora bisogno, un identikit purtroppo ormai tristemente noto: quello di sette sbruffoni, cresciuti a pane, panelle e mito di una virilità strafottente e maschilista, figlia di una sub cultura patriarcale che considera la donna un puro oggetto da usare. Punto. Certo ci fa interrogare il disagio diffuso di queste realtà giovanili che pullula da una città all’altra sfociando in violenza di genere, oggi è Palermo, domani sarà Milano, o Firenze, o Roma, ma non spetta a noi svolgere un’indagine sociologica in tal senso. Però colpisce che uno di loro, l’amico della vittima, tale Angelo Flores, il cameraman, puntando in faccia alla ragazza la luce del telefonino, abbia ripreso tutte le fasi dello stupro compiuto dagli altri sei compari e poi, finito di girare il video lo abbia condiviso con “chi di dovere”, senza dimenticare qualche amico con il quale vantarsi dell’impresa. La serie di domande, dietro a questi fatti aberranti sono a dir poco inquietanti e, probabilmente, se le stanno ponendo anche gli investigatori: a chi è stato inviato il video? Chi sono i personaggi definiti da Flores il “chi di dovere”? Un’ipotesi da valutare con estrema attenzione è il mercato degli snuff movie che paga profumatamente video di questo genere, nei quali vittime e carnefici sono persone normali, non attori, e la violenza non si esplica attraverso la finzione scenica, ma realmente. I palati sopraffini di questo genere di video adorano che le vittime siano molto giovani, infatti spesso sono usati i bambini, e che la violenza lasci la vittima/e nella sofferenza fisica, nell’umiliazione, nel degrado più completo se non, nei casi più estremi, senza vita. Del resto e per essere precisi, in ambito cinematografico, la definizione di snuff movie è proprio quella di video che riprendono torture realmente messe in pratica durante la realizzazione del filmato e culminanti con la morte della vittima. Non sappiamo se il fine ultimo del branco fosse la monetizzazione del video, ma se le indagini portassero a questo tipo di conclusione per i giovani si aprirebbe uno scenario giudiziario molto più ampio, ai vari reati ascritti, infatti, quali stupro, lesioni, omissione di soccorso ecc. si aggiungerebbe quello di diffusione illecita e vendita di immagini o video sessualmente espliciti. Una violenza di genere in piena regola, quindi, finalizzata non solo ad un momentaneo piacere sessuale degli stupratori ma anche al profitto per alcuni di loro.