Rita Levi-Montalcini, un nome e un nobel, ma soprattutto un’eredità per le nuove generazioni

Si è spenta nei giorni scorsi nella sua casa a Roma una scienziata amabile dal  profondo e rigoroso interesse per la ricerca nel campo della Neurobiologia

di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

Ho rivisto l’ultima volta la professoressa Rita Levi-Montalcini il 22 aprile del 2009 in occasione dei festeggiamenti per il suo 100° compleanno, cerimonia che si è tenuta nel Palazzo Senatorio (Aula Giulio Cesare) sede del Consiglio Comunale a Roma. Una ricorrenza particolarmente significativa, e forse anche insolita per un convegno scientifico a livello internazionale (in onore alla senatrice, nobel per la Medicina) che ha avuto per titolo “The Brain In Health and Disease”, al quale hanno partecipato altri scienziati tra i quali il professor Stanley Cohen (nobel per la Medicina nel 1986 con Levi-Montalcini). Non ho potuto avvicinarla ma ho colto alcune sue affermazioni durante la sua relazione: «…I miei 100 anni trovano in questo giorno la risposta alle preoccupazioni, ma anche la certezza di quello in cui ho sempre avuto fiducia, nella ricerca e negli uomini… Tutto quanto è stato detto – riferendosi alle numerose attestazioni da parte di colleghi e Istituzioni – è superiore ai miei meriti: la mia vita è legata allo sviluppo scientifico e sociale…». Ma per ricordarla, umanamente e  professionalmente, intendo riproporre ai lettori l’intervista che mi ha rilasciato nell’ottobre del 1991, durante una sua breve permanenza a Torino per tenere una serie di conferenze sul tema “Creatività nella scienza e nell’industria”. Teatro dell’incontro una suite del Jolly Hotel Ambasciatori; intervista pubblicata dall’allora Notiziario Medico n. 4 del 21 giugno 1992.

 

 

“LE LEGGI RAZZIALI HANNO SCELTO PER ME”

A che punto siamo nella ricerca in Scienze neurologiche, quali sono i nodi fondamentali? L’abbiamo domandato a Rita Levi-Montalcini, Premio Nobel per la Medicina e scopritrice dell’N.G.F., il fattore di crescita delle cellule nervose.

Come è cambiata la Neurologia dopo la scoperta del Fattore di crescita delle cellule nervose (N.G.F.)?

“La domanda è difficile, in quanto la Neurologia è un universo e infiniti sono stati gli sviluppi: il mio, in particolare, è uno dei tanti. Voler attribuire la scoperta del “N.G.F.”, come fattore essenziale, non solo è vanitoso, ma ingiusto. Con la scoperta, nel 1991, si è dato giustamente un Premio Nobel al “Patch Clamp”, che è importantissimo. Si è dato a me, per la scoperta di questo fattore, che poi ha aperto veramente un campo. Io non posso dire che la Neurologia sia cambiata in quanto ho fatto questa scoperta; quest’ultima ha aperto uno dei molti settori che contemporaneamente andavano a perdersi nel campo della Neurobiologia. Questo è certamente importante, ma altrettante scoperte sono state fatte nello stesso periodo”.

Lei si attende riflessi maggiori, da questa scoperta, in ambito della ricerca strutturale del S.N.C. e per la messa a punto di nuove molecole terapeutiche?

“Anche questa è una domanda difficile. Personalmente, posso dire che dalla mia scoperta mi attendo molto. Mi attendo, non tanto quanto si riteneva al momento nel quale io ho avuto ilo riconoscimento sei anni fa, ma in quanto ultimamente mi sono resa conto che questa molecola proteica agisce come modulatore sincrono di tutti i sistemi omeostatici: sistema nervoso periferico-centrale, sistema immunitario e endocrino; quindi la sua attività non è limitata al settore nervoso periferico (questa è stata la scoperta iniziale) e centrale (scoperta che è venuta negli anni seguenti), ma è estesa anche alle cellule del sistema immunitario (cellule cosiddette “T”) e cellule linfociti “B” e linfociti “T”, che hanno un’importanza essenziale, sia dal punto di vista della scienza di base che da quello clinico. Oltre a questo c’è il grande settore di tipo neuroendocrino. Perciò, oggi, da questa nostra scoperta, mi attendo più di quanto non mi attendessi sei anni fa, quando mi fu attribuito il Premio Nobel. Allora, la motivazione data dal Comitato di Stoccolma è che questa mia scoperta era la prima di un “Fattore specifico di crescita”, e non solo dal Sistema Nervoso (S.N.). Ma non si era ancora formulata nella mia mente, e non era ancora stato accettato, come invece si sa oggi dalla Comunità scientifica, il fatto che questa molecola agisce in modo sincrono su tutti quei sistemi omeostatici, essenziali alla vita, che sono il sistema nervoso, endocrino e immunitario”

La sua scoperta aiuta o complica la comprensione di quello che accade nel cervello?

“In un certo senso credo che l’aiuti. In molti settori del S.N., e cioè quelli che sono gli elementi essenziali nelle interazioni dette nervose con cellule del sistema immunitario e sistema endocrino, e i fattori preposti alla differenziazione della cellula nervosa, che prima non si conoscevano. E anche la formazione dei circuiti. Quindi direi che sono molti campi che si sono aperti…”

Perché ha scelto di dedicarsi allo studio del tessuto nervoso?

“Io ero allieva del professor Giuseppe Levi, un esperto del sistema nervoso. Mi affascinava per la bellezza del sistema e per il fatto che si conosceva molto poco, quando ho cominciato a lavorare. Era quasi logico, quasi naturale per me dedicarmi allo studio… Nel frattempo voleva fare il medico, perché ero molto portata…; poi le leggi razziali, come lei sa, me lo hanno impedito: è stata la mia fortuna. Ma, direi che molti elementi hanno concorso a questa mia dedizione al S.N. In parte, il fatto di venire da una Scuola dove il S.N. era particolarmente ben conosciuto da Giuseppe Levi; secondo, per la mia naturale inclinazione per lo studio di un Sistema così stupendo, come il Sistema Nervoso”

Se questa scelta non fosse stata possibile, che cosa avrebbe fatto?

“Se non fossi stata cacciata dalle leggi razziali, avrei fatto il medico. Però, già allora, appena laureata, ho fatto ricerche importanti; quindi ero incerta se dedicarmi alla Ricerca pura o alla Medicina: avrei fatto il medico o lo scienziato. La scelta è stata obbligata dalle leggi. Mi è andata bene, ma si è pagata cara”.

 

Nella foto in alto, la Sala comunale in Campidoglio immortalata il 22 aprile 2009

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