Reportage: APPUNTI DI VIAGGIO TRA DETROIT E ROCHESTER, DI MEZZO IL NIAGARA

di Goffredo Palmerini

Decidiamo di partire in auto di buon mattino, con Anna, Vittorino ed Elena, traversando il Canada. Il cielo è coperto, ma non minaccia pioggia. Anzi, talvolta il sole riesce a farsi vedere. Sull’intestate 94, che sale verso il nord del Michigan, da un lato e l’altro della trafficata arteria gli alberi ad alto fusto disegnano splendide quinte policrome con le loro foglie, cangianti dal verde al giallo, dall’ocra al ruggine, dal rosso al carminio. Una tavolozza di colori che solo madre natura sa comporre nelle sue armonie, rendendo i boschi del Michigan delle vere e proprie opere d’arte naturali. I boschi del Michigan in autunno richiamano visitatori, anche da lontano e apposta per ammirarli. Quest’incredibile spettacolo ci accompagna fin quando all’orizzonte non s’intravvede il profondo blu del lago Huron. Lo vediamo bene poi, sulla sinistra, passando il grande ponte di ferro sul fiume Saint Clair, il Bluewater Bridge, per metà americano e per l’altra canadese. Attraversato il ponte siamo già in Canada, a Sarnia. L’autostrada 402 ci porta verso London tra una lunga sequela di sterminati campi arati e boschi, ogni tanto trapunti da fattorie e da svettanti pale eoliche. Il parossismo e la densità demografica degli Stati Uniti hanno lasciato il passo all’ordinata tranquillità del Canada, già così bello in questa meridionale parte dell’Ontario, la provincia più popolosa tra le 13 della Federazione. Si corre verso est, sulla McDonald Cartier Fwy, poi sulla 403.
Giungiamo ad Hamilton – quanti amici vi ho nella “città dell’acciaio”, ma non possiamo fermarci –, l’attraversiamo nella parte meridionale e lambendo la costa del lago Ontario scendiamo sulla Queen Elisabeth Fwy verso St. Catharines. E’ mezzogiorno quando arriviamo nella città di Niagara Falls. Il tempo d’una visita immancabile alle Cascate e di un pasto. Il cielo è sereno, azzurro, senza una nuvola. L’unica grande nuvola bianca è quella che l’immensa massa d’acqua del fiume Niagara provoca nel precipitare giù per 50 metri, producendo in quell’anfiteatro di roccia lo spettacolo mozzafiato che attira l’ammirazione di milioni di visitatori da tutto il mondo. Sulla sinistra, in territorio americano, l’altra cascata che pur bella non riesce a pareggiare l’intrigo visivo delle Niagara Falls canadesi. Incantevole il contesto ambientale, curatissimo di prati, fiori ed essenze arboree, luccicanti gli arditi edifici al servizio di turisti e visitatori. Di queste meraviglie godiamo la vista, in una giornata davvero calda, quasi estiva, mentre un vivace arcobaleno si stampa nella nuvola di vapore acqueo che copiosamente s’alimenta dall’immane cascata, mentre giù le acque solcate dai traghetti carichi di turisti temerari ribollono di bianca schiuma. Alle 3 del pomeriggio si riparte, verso Rochester. Attraversato il Raimbow Bridge siamo già negli Stati Uniti, ci aspettano poco più di 150 chilometri per arrivare a destinazione.

 

 

 

Mario Daniele, per telefono, ci dà l’indirizzo dove ci attende, presso la sede della Daniele Family Companies in Monroe Avenue, all’ingresso di Rochester. Lì accanto c’è anche un suo albergo, dove ha riservato le camere per noi. C’è gran traffico sull’autostrada che collega Buffalo a Rochester. Siamo tuttavia quasi in orario quando vi arriviamo. Salgo da Mario, nel suo ufficio. E’ pieno di sue foto con importanti personalità delle istituzioni americane ma anche di istantanee nei luoghi di lavoro. Colmano un’intera parete della stanza. Altri documenti richiamano gli anni da vice Console onorario d’Italia, un servizio verso la comunità che egli ha prestato con notevole impegno fino ai suoi settant’anni. Ora sembra che una modifica alla norma possa rendere possibile la carica fino ai 75 anni. Il fatto che se stia occupando l’on. Francesca La Marca, deputata di Toronto eletta nel nostro Parlamento nella Circoscrizione centro e nord America, è già una garanzia d’una cura assidua e attenta della questione. Ma veniamo a Mario Daniele, alla sua storia di vita. Un romanzo davvero da scrivere. Perché Mario capitò per ventura in Canada, nell’ultimo semestre della sua vita militare nell’Aeronautica italiana. Sarebbe lungo raccontare. Fatto gli è che non avrebbe scommesso un centesimo sull’eventualità di venire a vivere negli Stati Uniti. Aveva in Italia già un avviato lavoro con forti propensioni imprenditoriali, a Castelnuovo in provincia dell’Aquila, sull’altopiano che produce lo zafferano migliore del mondo dove castelli e chiese romaniche raccontano secoli di storia. A Rochester, invece, dov’era andato per salutare i parenti, incrociò la sua vita con quella di Flora, compagna di scuola che era emigrata con la famiglia all’età di 8 anni.

Fu il colpo di fulmine. Dopo qualche mese Mario e Flora si sposarono. Alcuni anni li vissero a Detroit, dove condussero una pizzeria. Poi tornarono a Rochester, dove Flora aveva i genitori ed altri parenti. Oggi la famiglia di Mario Daniele, con i figli Anthony e Daniel, ha una ramificata attività con una dozzina di aziende che spaziano dalla ristorazione alla ricettività alberghiera, dalla gestione di porti turistici alle costruzioni edili, dagli impianti di lavaggio per auto alla costruzione di condomìni. E poi in programma c’è un piano di sviluppo per un grande centro commerciale e altri servizi, in un’area nevralgica di Rochester. Altre attività imprenditoriali sono pure avviate in Florida. Tutto nato e cresciuto in mezzo secolo di attività, grazie all’ingegno e alla lungimiranza imprenditoriale di Mario Daniele, arrivato dal Canada negli Stati Uniti con qualche decina di dollari, quando aveva 20 anni. Un self made man, come dicono qui. Una capacità d’intraprendere e un talento che si sposano ad una notevole attitudine alle relazioni, alla valorizzazione delle risorse umane, al lavoro di squadra, alla tenacia nel perseguire gli obiettivi, al carisma nella comunicazione, alla giovialità e ad una sottile ironia che aprono le porte dell’amicizia. A Rochester basta dire “Mario” perché si capisca che ci si riferisce a Mario Daniele.

D’altronde lo si comprende dalla stima e dal prestigio guadagnato con il lavoro, dal rispetto che la comunità italiana gli porta anche per la straordinaria disponibilità di servizio che ha reso generosamente come vice Console, carica onoraria che egli ha interpretato in pienezza di dedizione verso i nostri connazionali. Lo si deduce dal vasto consenso che ha accompagnato le ripetute elezioni di suo figlio Anthony nel Consiglio della Contea. Anthony Daniele è stato per dieci anni Presidente della Contea, forse il più giovane nella storia dell’istituzione, eletto alla presidenza con i voti anche dell’opposizione democratica. Un fatto che la dice lunga in una società politica così contrapposta tra Repubblicani e Democratici. Sono aspetti che, osservati oggettivamente, ci riempiono d’orgoglio e ammirazione. Da abruzzese e da aquilano. E fanno capire come e perché, negli anni seguiti al terremoto dell’Aquila, Mario Daniele sia riuscito a convogliare nella nostra terra martoriata dal sisma una cospicua quantità di aiuti e di gesti di solidarietà, contando sulla generosità dei cittadini di Rochester.

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