Recensione al romanzo “La parola nascosta” di Stefano Prolli

Stefano Prolli, giovane scrittore e regista romano, è con questo romanzo “La parola nascosta” (Amazon Digital Services) alla sua seconda opera dopo aver pubblicato nel 2021 “La città degli opposti”. Ritroviamo qui i temi caratteristici delle sue opere: un profondo senso religioso e spirituale del vivere e la ricerca interiore contro il disperdersi nella quotidianità che banalizza l’esistenza.

Stefano Prolli

Si tratta infatti di una sorta di “romanzo di formazione” in cui il protagonista è impegnato nella ricerca di quella “parola nascosta” in grado di conferire un senso al vivere e all’agire dell’uomo. Da Roma a Tenerife, da qui alla Calabria e infine di nuovo a Roma, Noah (nome quantomeno evocativo) si trova ad entrare in rapporto con persone e mondi di cui non sospettava nemmeno l’esistenza ma che si riveleranno fondamentali per la sua crescita spirituale.

Questo romanzo segna una nostalgia e una frattura, o meglio, segna la nostalgia di un mondo senza fratture poiché risuona, come un basso continuo, il motivo della necessità di un’esperienza in cui il soggetto e l’oggetto non siano contrapposti ma siano armonicamente coordinati. L’essere umano e l’universo, la coscienza individuale e l’immensità della natura sono stati scissi, contrapposti, messi in competizione nella riflessione e nella prassi moderna.

Il romanzo sottolinea la nostalgia per un’Unità originaria in cui sia possibile trovare un senso e un compimento dell’esistenza del singolo. Sotto l’effetto di una tremenda esperienza, il protagonista intraprende questa ricerca interiore di un senso originario che non può che essere in completa contrapposizione con l’inautentico vivere di tutti i giorni e, soprattutto, con i valori di possesso, successo, soldi, potere che dominano il mondo da cui proviene.

Il romanzo è per questi motivi un segno di nostalgia: nostalgia per questa Origine che brilla alla fine di un percorso di consapevolezza e di meditazione e che conduce a recuperare un rapporto profondo, di completa partecipazione con ciò che ci circonda e che, ab initio, era presente agli uomini.  E’ una poetica dove Cristianesimo e Buddhismo, esoterismo e accenni alchemici, s’intrecciano trovando un’integrazione nel nome dell’oscurità dell’uomo a se stesso.

“La parola nascosta”, quella Parola, quel Logos del primo versetto del Vangelo di Giovanni è ciò che libera dagli affanni e dall’inautenticità del frastuono quotidiano e l’autore, molto saggiamente, non fa che indicarla come obiettivo ma mai esplicitandola nel contenuto. Un libro, quindi, che tratteggiando un percorso di rinascita spirituale si segnala per la ricchezza di riferimenti e di suggestioni, un libro che fa riflettere e induce il lettore a pensieri non banali.

Nicola F. Pomponio

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