QUEL VOLONTARIATO CHE CREA DUALISMO: FARE O NON FARE?

L’esperienza di chi ha conosciuto in parte il mondo dell’handicap e della sofferenza soprattutto altrui, ora al bivio se continuare con il “sostegno” della saggezza degli avi.

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Non mi stancherò mai di sostenere che il nostro Paese è una realtà alquanto strana e soprattuuto non priva di contraddizioni. Si prenda, per esempio, ogni manifestazione di volontariato espresso da chiunque indipendentemente dalle personali motivazioni. È un ambito, questo, che ha origini assai remote e che ha subìto notevoli evoluzioni, sia dal punto di vista culturale che pratico. E al di là delle non poche ragioni di altruismo dallo spirito prevalentemente cristiano, ogni agire nel bene e per il bene del prossimo è certamente segno di civiltà e di coerente risposta al dettato delle nostre origini e, per queste ragioni, sono sorte nel corso degli anni moltissime associazioni più o meno con le stesse finalità e il medesimo statuto. Ma va detto che fra queste una parte si erge a “sostegno” delle Istituzioni, se non addirittura in “sostituzione” delle stesse in alcune funzioni per carenza di organico o per convenienza di altro genere… Per contro, la libera iniziativa a titolo no-profit di carattere umanitario e sociale, che è prevista anche dalla nostra Costituzione, e qui sta il paradosso, talvolta è ostacolata o non “agevolatata” (ove ve ne sia il bisogno) dalle stesse e ciò lascia a dir poco interdetti. Io stesso, per esempio, vorrei intraprendere concrete iniziative di carattere umanitario assai importanti in favore dei miei simili in situazioni di gravissimo disagio esistenziale, come la costituzione di una sorta di task force per abbattere il muro della burocrazia (più resistente del famoso “muro di Berlino”) che ritengo sia in parte fattibile, ed una dedita alla difesa dei detenuti innocenti, ma non trovo quel sostegno e quelle risposte di cui avrei bisogno per partire. Questa difficoltà è data anche dal fatto che tra le molte associazioni, qualora dovessi coinvolgerle, la gran parte non si lascerebbe “coadiuvare”, sia perché ambiscono a detenere loro il merito di eventuali iniziative (egocentrismo) sia perché non intenderebbero avere una sorta di rivali…, oltre al fatto che le due problematiche citate comporterebbero un certo impegno operativo, e non di meno esporsi “contro” le Istituzioni. Eppure questi drammi umani che ho enunciato riguardano noi tutti ed hanno una particolare urgenza nell’essere affrontati e risolti, ma nonostante questo chi è in attuale disgrazia continuerà a rimanervi… ed altri ve ne saranno ancora! Presunzione, protagonismo, ignoranza, indifferenza ed altre peculiarità in negativo, sembrano essere la causa del destino di molti nostri connazionali; una responsabilità che non può che gravare sulla coscienza di molti, Istituzioni in prims, appunto; ma ciò nonostante il dualismo imperante tra chi potrebbe fare e non fa e tra chi vorrebbe fare e non può, caratterizza ulteriormente (in negativo) il concetto di volontariato in Italia. Va comunque precisato che nell’arcipelago delle associazioni di volontariato, ve ne sono alcune (davvero poche) che da anni operano senza sostituirsi al ruolo delle Istituzioni, non sono mai alla ricerca spasmodica di collaboratori, agiscono quasi sempre in silenzio, o comunque per nulla inclini a quei clamori che attirano l’attenzione e tanto meno ai riconoscimenti pubblici, e soprattutto non chiedono sostegni economici ad alcuno.

In buona sostanza con questo articolo non intendo demonizzare tout court le molte realtà associative di volontariato, ma più semplicemente mettere in luce una realtà per contrastare il concetto popolare, ormai perpetuo, che recita: «Se in Italia non ci fosse il volontariato…», e lascio al lettore la conclusione della frase, che posso comunque interpretare. Infatti, se per assurdo non esistessero molte attvità di volontariato, a mio avviso lo Stato obtorto collo sarebbe costretto a rivedere il suo status quo, e impostare una “politica della solidarietà” in cui ogni azione volta al bene e per il bene del prossimo deve capovolgere il suo esempio: governanti non altruisti non possono generare un popolo altruista… e le conseguenze dei drammi sociali sono all’ordine del giorno! E in merito a quanto esposto si pone il dilemma: continuare a ideare progetti di mutua solidarietà, oppure rinunciare sia pur senza procurare danno ad alcuno? Personalmente è un enigma che mi turba da un po’ di tempo e, in attesa di trovare una risposta, continuo ad elaborare e a trovare “conforto” rievocando la saggezza degli avi, in primis il proverbiale Salomone. Ma nel contempo non posso che rimarcare una certa amarezza non solo per quanto sinora messo in luce, ma soprattutto per aver perso del tempo prezioso… in gran parte non per mia colpa ma per un destino ingrato che non ho invitato al mio desco.

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