QUASI PERSA L’ABITUDINE DI SCRIVERE A MANO UNA LETTERA DI CONDOGLIANZE

Ma soprattutto in modo mirato e non banale
di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)
Oggi, più che mai, siamo soliti lamentarci delle relazioni umane che si sono modificate, e in non pochi casi alterate, per una serie infinita di ragioni. Cominciamo con il considerare l’avvento dei mezzi moderni di comunicazione, la cui varietà e facilità di accesso ci ha fatto perdere in gran parte il dono del raziocinio e dello scrivere a mano, sia pur con eccezioni. Con questa iniziale constatazione, che trova ulteriore riscontro soprattutto dall’epoca della pandemia da Covid-19 in poi, si vuole porre l’attenzione al fatto che non si scrivono più lettere accorate, ad esempio per congratulazioni, auguri ma soprattutto di condoglianze. I mezzi di oggi sono l’esempio di quella che personalmente definirei “sterilità epistolare”, che a mio modesto avviso non appaga come un tempo: quando una persona riceveva un biglietto o una lettera scritta a mano con l’espressione delle condoglianze, il più delle volte si “rianimava” entrando in simbiosi con il mittente, e il conforto aveva accesso nell’animo della persona designata alla corrispondenza. Inoltre, oggi anche volendo recuperare quella intelligente e delicata abitudine molti, in particolare le ultime generazioni, non saprebbero come esprimersi se non con qualche frase convenzionale, spesso retorica e banale. Ricordo che prima dell’avvento di internet e dei social per comunicazioni urgenti d’ogni genere, e quindi per inviare anche condoglianze, ci si recava all’Ufficio Postale (o anche per telefono) e si dettava un telegramma, e non importava se l’impiegato che registrava la dettatura veniva inevitabilmente a conoscenza del nostro “intimo” testo: del resto i telegrammi comportavano notizie che rientravano nella “normalità”. È pur vero che allora non esisteva una legge sulla privacy, ma ciò non “ostacolava” in alcun modo la nostra esigenza di mandare quelle notizie urgenti. Parimenti, nei casi più particolari la letterina accorata e carica di sensibilità per confortare il destinatario in lutto, generalmente era molto apprezzata… anche se la stesura linguistica a volte lasciava un po’ a desiderare, ma ciò che contava era la partecipazione sincera e di vicinanza, perché leggere quelle espressioni vergate a mano e autografate voleva dire condivisione di quel momento di dolore. Inoltre, ciò che caratterizzava maggiormente lo scrivere una lettera di condoglianze, era come voler dimostrare l’aiuto a superare quel momento con espressioni di conforto, anche se a volte ci scappava qualche espressione puerile e poco utile come: «In questo momento ti sono molto vicino», «Vedrai che poi passerà», «Ti riprenderai presto», «Cerca di rimetterti in forze», o peggio ancora: “È il nostro destino”. E via di questo passo.
Personalmente ho sempre considerato le condoglianze un atto per certi versi doveroso, di reale partecipazione con l’accortezza di “valorizzare” la persona scomparsa e le sue doti, proprio perché questo modus ha un effetto psicologico talmente forte da sostenere (anche se solo per poco) la persona sofferente in quel momento. Va precisato, però, che un testo di condoglianze deve considerare il grado di parentela, di conoscenza e/o confidenza con il destinatario, e quindi le espressioni devono ovviamente essere adeguate. Ma oggi, come si è evoluto il modo di comunicare soprattutto in circostanze in cui un decesso ha gettato nello sconforto una o più persone? Purtroppo il progresso tecnologico ha “alienato” il bon ton relazionale, riducendosi a frettolosi bigliettini, o peggio ancora messaggi dal cellullare e tablet per non parlare della più sbrigativa (o in taluni casi prolissa) telefonata. Ora, anche se l’era del PC ha ridotto di molto l’uso della lettera scritta a mano (o per email) per queste ed altre circostanze, non significa che non si possa scrivere nel modo più consono alla circostanza: una “comodità” che è ben compresa anche dal destinatario, del resto quello che conta è ciò che si scrive. Personalmente non mi sono quasi mai avvicinato ad un feretro, non certo per una qualsivoglia idiosincrasia o superstizione, ma ho sempre preferito rivolgermi alla persona in lutto con una missiva, in modo accorato, partecipativo e senza cadere nel banale. Infine, a volte della nostra doverosa e sentita devozione fatta pervenire in tempo utile (solitamente non oltre un mese) non si riceve riscontro di ricezione e tanto meno di ringraziamento, e questo non fa certo piacere sia perché non si è avuta la certezza che la missiva sia stata recapitata, e sia perché non si ha la certezza di essere stati graditi; oltre al fatto che più passa il tempo e più l’avere un pensiero dedicato come le condoglianze sembra avere l’effetto di un “fastidioso contrattempo”. E questo, è un altro aspetto dell’impoverimento delle relazioni umane e sociali.