QUANDO É SAGGIO DECLINARE UN INVITO

Un’esperienza che non si è mai ripetuta

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Alcuni anni fa ricevetti l’invito (come uditore) ad un convegno sul tema “Gli italiani e la politica – Cause ed effetti di una relazione pericolosa”. Esponenti all’incontro giornalisti e presidenti di Movimenti Associativi, ovviamente di “matrice” politica. Poiché non ho mai considerato l’importanza e tanto meno l’utilItà di tali sterili iniziative, alla mia interlocutrice risposi come segue.

“Gentile P.F., ringrazio per l’invito ma sono sempre stato contrario a queste iniziative di carattere squisitamente politico, e questo perché parte degli italiani si rivoltano sdegnati contro i mali mezzani e si curvano in silenzio sotto gli estremi. Inoltre, la gente preferisce vivere con un problema che non riesce a risolvere, piuttosto che accettare una soluzione che non riesce a comprendere! Per quanto riguarda le leggi, rammento quanto sosteneva l’avvocato statunitense Clarence Darrow (1857-1938): «Le leggi dovrebbero essere come gli abiti: dovrebbero adattarsi perfettamente alle persone per le quali sono state fatte». Poiché ciò non è possibile è più saggio essere socratici: rispettare le leggi del Paese in cui si vive, ma non significa subirle, in caso di ingiustizia conclamata, si possono contestare (bisogna però esserne in grado e nel contempo determinati nel perseguire le ingiustizie stesse). Grato per l’attenzione, saluto cordialmente”.

Naturalmente non ebbi alcun riscontro a dimostrazione che ogni iniziativa su questi versanti tematici producono quasi sempre effetti di platealità e visibilità (Cicero pro domo sua). Un egocentrismo che non produce quella sufficiente cultura del sapere, soprattutto dal punto di vista del diritto e della concreta solidarietà. I fatti odierni, ancorché “appesantiti” da una estrema disomogeneità nel gestire la situazione pandemica, con gravi effetti di disorientamento e conseguenti comportamenti individuali e collettivi sempre meno razionali, mi inducono ad approfondire ulteriormente le mie convinzioni sulla politica italiana, rappresentata da “politicanti” (fin troppo prolifici) dall’indole non certamente filantropica ma finalizzata al proprio “status esistenziale”. Amore per il prossimo? Non mi pare proprio, poiché dedicarsi agli interessi e ai bisogni della collettività implica rinunce, competenze, umiltà ed altre  virtù che il politico delle ultime generazioni non ha e non potrà mai avere. Del resto, come sosteneva Charles De Gaulle (1890-1970): «La politica è una faccenda troppo seria per essere lasciata ai politici». Peccato che anche lui era un politico! Quindi, a ben concludere, anche alle più rare voci “fuori dal coro” è bene rammentare che solitamente la politica rovina il carattere.

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