PROFONDA E SERIA ANALISI DEI RUOLI DEL VOLONTARIATO IN ITALIA

Il continuo sollecitare i cittadini a versare un obolo per una causa o per un’altra non porta da nessuna parte, come pure il fatto di esercitare una buona azione per sopperire alle carenze e/o inefficienze delle Istituzioni.

di Ernesto Bodini (giornalista ed opinionista)

Nella mia lunga esperienza di osservatore (e commentatore) di eventi sociali, come quelli relativi alle attività di volontariato, credo di poter fare alcune oggettive osservazioni. Anzitutto si voglia considerare che il nostro Paese è tra quelli che hanno una maggiore presenza di associazioni e movimenti vari. Secondo il Rapporto del Csvnet del 2015 (un po’ datato ma sempre attuale) queste realtà a vario titolo sono circa 44 mila, il 55% delle quali opera nel campo dell’assistenza sociale e della sanità, e il numero dei volontari in tutti i settori (second l’Istat) è rappresentato da 5.500.000 persone, peraltro pare in sensibile aumento. Cifre che fanno pensare alla tendenza di costanti altruismo e mera bontà, ma c’è da rilevare che parte di questi interventi sono “sostitutivi” ai ruoli istituzionali, in quanto vi è costante carenza di personale in quasi tutti gli ambiti. Questa inefficienza delle varie Pubbliche Amministrazioni è di vecchia data e, nella mentalità dei politici che si sono susseguiti nelle varie Legislature, è diventato sempre “più comodo ed utile” avvalersi della bontà del cittadino, la cui opera (bene o male) ha sempre fatto risparmiare denaro e risorse varie allo Stato. A mio avviso, come sostengo da sempre, è una sorta di sfruttamento tant’è che, se interpellati, molti volontari affermerebbero: «… se non ci fosse il volontariato dove andremmo a finire? E quali sarebbero le conseguenze in particolare per quanto riguarda l’ambiente e l’assistenzialismo?». Sono osservazioni purtroppo reali che stanno a dimostrare la perpetua inefficienza delle Istituzioni di qualunque appartenenza politica. Ed è anche per questo che di tanto in tanto l’azione di taluni viene etichettata come “eroismo”, ai quali ogni anno il presidente della Repubblica ne riconosce i meriti in forma ufficiale con tanto di nomine varie. A questo riguardo rammento due aforismi che dovrebbero far riflettere. Il poeta e saggista tedesco Bertol Brecht (1898-1956) sosteneva: «Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi», mentre l’Italia ne è assai ricca; e in contrapposizione il politico membro in molte Legislature, Adolfo Sarti (1928-1992), sosteneva: «Sventurata la terra che non produce eroi». Due forti concezioni in antitesi l’una verso l’altra che creano una sorta di dualismo dividendo il valore e l’importanza del buon agire delle persone. È pur vero che c’è sempre più bisogno di nobili esempi di solidarietà, ma è altrettanto vero che l’eccesso da una parte e dall’altra a mio avviso non ha del razionale. Inoltre va rilevato con particolare attenzione che a causa dei bisogni di chi è in difficoltà, e quindi della inefficienza e/o carenza delle Istituzioni, molte associazioni continuano a chiedere un obolo a sostegno della loro attività, con inviti-slogan quasi quotidiani, del tipo: «Se versi 9 euro al mese contribuirai al sostegno di…», oppure, «… dona 9 euro al mese e contribuirai alla causa…», o più genericamente «… con la tua donazione potrai assicurare fin da subito…» etc. È evidente che con queste richieste, sempre più assidue, si crea nel cittadino una sorta di crisi di coscienza perché “costretto” a donare ad un ente piuttosto che ad un altro, e ciò non significa che si vuole negare l’intendimento della solidarietà, ma nello stesso tempo si favorisce l’inettitudine delle Istituzioni. Poi vi è anche la parentesi che riguarda lo pseudo volontariato, rappresentato da persone che si propongono per fini personali aventi come obiettivi la propria visibilità (edonismo), e magari la speranza di poter ottenere una posizione professionale in un certo ambito, mentre alcune associazioni raccolgono fondi per donare un bene o un servizio ad una determinata struttura, soprattutto sanitaria, la quale non è in grado di provvedere autonomamente. Per non parlare poi delle incompetenze di taluni volontari, soprattutto nel settore sanitario e dell’assistenzialismo, sia pur animati di buona volontà, requisito che non è certo sufficiente per sostenere quel determinato ruolo. Con queste osservazioni non è certo mia intenzione affossare né la filosofia e né l’operatività del volontariato, ma ritengo che sia molto più utile ed urgente attivare un movimento operativo dedito alla lotta contro la burocrazia, azione che non solo risolverebbe determinati problemi ma al tempo stesso contribuirebbe a rendere meno necessaria l’opera di alcune associazioni. Purtroppo credo che nessun italiano si senta portato per tale ruolo, mentre personalmente (nella mia modesta entità esistenziale) mi sono sempre prodigato con concretezza in tal senso… pur non avendo mai trovato un seguito. Ovviamente sempre su basi non-profit. Ecco che la nostra Italia, se vogliamo pronunciare questo nome con rispetto ma non con enfasi (da parte mia), continua a vivere sulle ceneri di quel buonismo (mi si perdoni la banalità del termine) che in buona parte è più lesivo che di utilità. Queste mie “severe” considerazioni sono dettate da una fattiva operatività (documentabile) che nessuno, o quasi, si sognerebbe mai di verificare. I curiosi dell’utile verità sono sempre più rari… se non addirittura inesistenti!

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