L’angolo della poesia: “Prendi l’aria buona di un mattino di città” di Antonella d’Ambrosio

La poesia che vi proponiamo oggi, Prendi l’aria buona di un mattino di città, è stata scritta da una giovane e promettente artista di nome Antonella d’Ambrosio che, per la prima volta, ospitiamo in questo Angolo.

Nata a San Severo (Foggia) ventidue anni fa, Antonella vive a Varese e da sempre è appassionata della parola e della lettura. Ama scrivere ed esprimersi le riesce meglio se appoggia i suoi pensieri su pezzi di carta volanti, fazzoletti e quaderni in libertà. In generale, ama l’arte a tutto tondo: musica, pittura, fotografia … Si definisce “volontaria per vocazione”, sogna di diventare mamma, di camminare sotto la pioggia e di vedere la sua città natale diventare migliore. Nel 2010, ha pubblicato la silloge Frammenti tuttodiunfiato per la casa editrice Parole Sparse e , nel settembre dello stesso anno, l’associazione Circumnavigarte l’ha eletta “Artista del mese”. Attualmente, sta lavorando ad una nuova silloge poetica.

Prendi l’aria buona di un mattino di città

Ho parole nascoste

pronte all’uso ed al verso,

aspetto solo che si faccia giorno

e che il primo sole metta in disordine

le ombre dei tuoi lineamenti,

degli spazi,

dei miei capelli

confusi di sonno.

Tenuto conto delle parole,

prendiamo un’idea

– che sia un lampo di emozione,

un silenzio di troppo,

uno sconosciuto sorriso che profuma di buono –

e facciamone verbo.

Ecco che tace l’abbraccio

e si distende il foglio bianco:

abbraccerà lui il tuo calore

a parole ed inchiostro.

Ancora una volta, il nostro amico Luigi Violano ci aiuta ad approfondire la lettura del testo: “Il componimento è strutturalmente semplice, fa da sfondo a questo quadro poetico un mattino di città; suo tema è l’amore, ancora in fase di nascita, tra due persone, anche se non è espresso in modo esplicito, ma resta sospeso tra detto e non detto: “Le ombre dei tuoi lineamenti, degli spazi, dei miei capelli confusi di sonno”.  La parola, in questi versi, non è solo lo strumento espressivo utilizzato dalla poetessa per esternare, in modalità versificatoria appunto, le sue emozioni-lampo più profonde ed inconsce, le idee, “Un silenzio di troppo” oppure “Uno sconosciuto sorriso che profuma di buono”, ma anche il suo stile di vita; tutto  il suo esistere è verso e verbo: “Prendiamo un’idea – che sia un lampo di emozione, un silenzio di troppo, uno sconosciuto sorriso che profuma di buono – e facciamone verbo”. Qui la parola è verbo senza tempo: “Un mattino di città” si legge nel titolo, uno dei tanti, come sottolinea l’articolo indeterminativo “Un”. Quelle della giovane sono “Parole nascoste pronte all’uso ed al verso”, parole che, come fiori, aspettano, nella terra del cuore, solo il momento giusto per sbocciare: “Aspetto solo che si faccia giorno”. Siamo di fronte al duello tra ombra e luce, vita e morte, buio del sonno statico e luce del risveglio dinamica, in cui altra funzione della parola è quella d’illuminare le ombre; il “primo sole del mattino” deve addirittura mettere “In disordine le ombre dei tuoi lineamenti, degli spazi, dei miei capelli confusi di sonno”. Il contrasto luce-ombra, in questi versi, può richiamare anche quello tra ombra dell’ignoranza e luce della conoscenza espresso dal “Mito della caverna” di Platone, oltre che rivelare il compito di lucerna delle tenebre mondane, proprio dell’arte. Nel componimento, ricco di metafore, oltre alla luce della parola e del verso, le ombre dell’ieri, sono spazzate via dalla “Aria buona”, come si legge nel titolo. Enigmatico, in chiusura di lirica, il riproposto contrasto luce-ombra, parola-silenzio: “Ecco che tace l’abbraccio e si distende il foglio bianco: abbraccerà lui il tuo calore a parole ed inchiostro”.

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