PIÙ ATTENZIONE PER LE FASCE DEBOLI E PRIVE DI UNA DIAGNOSI

La scienza medica in questi decenni ha fatto enormi progressi, ma cominciano ad essere troppe le persone che non riescono a goderne i benefici. Per queste occorre una maggiore dedizione, se non altro considerandole di più dal punto di vista umano.

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e divulgatore di tematiche sociali)

Si continua a diffondere informazioni su come è gestita la sanità italiana, e soprattutto quale sarà il nostro futuro di pazienti o potenzialmente tali. Il quadro è assai preoccupante poiché le aspettative sono tutt’altro che confortanti, a cominciare dal fatto che determinate prestazioni sanitarie (anche importanti) non sono sempre garantite nei tempi dovuti; inoltre persistono le disuguaglianze tra una Regione e l’altra, in altri casi determinate prestazioni non sono convenzionate, oppure bisogna spostarsi di residenza per poterle fruire con tutti i disagi del caso, anche dal punto di vista economico. E per quanto riguarda il personale sanitario, pur non venendo meno al proprio dovere, non sono pochi i casi in cui si verificano conflitti per incomprensione e poca propensione alla relazione tra le parti. Per verificare questi eventi basterebbe parlare con chi li ha subiti, con chi frequenta abitualmente gli ambienti sanitari, e valutare di volta in volta ciò che accade segnalandolo ai rispettivi destinatari competenti con richiesta di riscontro. Ma va anche detto che quando insorgono problematiche di tipo organizzativo-gestionale, talvolta è necessario essere “tolleranti”, ossia cercare di mettersi nei panni di chi sta espletando una mansione (spesso in emergenza), e questo vale per il rapporto tra personale sanitario e paziente in cui non si ravvisi una certa urgenza o una certa difficoltà. È pur vero che la popolazione sta invecchiando sempre più, come è altrettanto vero che sono sempre di più le persone affette da una-due patologie croniche, in parte di carattere oncologico e neurodegenerativo; per non parlare dell’immenso arcipelago (5-6 mila) malattie rare, tumori compresi. Ma vi sono però casi che per le loro condizioni cliniche di difficile valutazione, richiedono una particolare dedizione per cercare di capire (per quanto possibile) le cause del malessere con l’obiettivo di giungere ad almeno una ipotesi di diagnosi. Questa constatazione mi viene dal fatto che conosco alcune persone che da anni sono affette da una serie di disturbi, e a tutt’oggi non hanno avuto la “fortuna” di imbattersi in clinici (e strutture) particolarmente dedicati, continuando così a soffrire e ad ingurgitare farmaci (anche importanti) che sono poco più che palliativi. Di chi la colpa? In prima battuta verrebbe da dire di nessuno, mentre in realtà a mio modesto avviso questi (forse) pochi casi sarebbero da prendere in particolare considerazione, non solo per questioni etiche e deontologiche ma anche per quel sacrosanto diritto alla salute e alla vita. I destinatari preposti alla cura dei pazienti, clinici e politici-gestori, dovrebbero allearsi e rinforzare quel “tavolo di lavoro” che consiste nel prendere in carico i casi clinici più ostici (anche se impegnativi), magari in stretta collaborazione con i ricercatori, figure queste, che spesso lavorano nell’ombra e che non godono di alcuna eco, mentre il loro lavoro a volte risulta essere determinante per la clinica pratica. Or bene, si riveda la politica sanitaria al fine di  garantire il più possibile il rispetto della dignità alla persona, mettendo da parte tutto ciò che è riferimento alla spending review e agli obiettivi da raggiungere.

Per esperienza di osservatore e divulgatore di materie sanitarie so bene che non sono pochi gli operatori sanitari che, a seconda delle rispettive competenze, danno il meglio di sé; ma purtroppo la maggior parte del pubblico non se ne avvede per mero “egoismo” (o disinteresse) e, proprio per queste ragioni, sarebbe opportuno creare una task force di validi comunicatori con l’impegno di scendere in piazza (non in forma plateale ma in raduni circoscritti) per incontrare periodicamente la gente, informandola anzitutto che la Medicina ha notevoli potenzialità ma allo stesso tempo anche dei limiti. La recente realtà pandemica dovrebbe aver fatto comprendere a tutti, voglio sperare, gli enormi sforzi necessari quando si ha a che fare con i nemici della salute umana: virus, batteri, microbi, etc., ma anche quanto è importante una corretta e competente informazione, sia da parte delle istituzioni che dei mass media. A questo riguardo devo rilevare che ulteriori “nemici” sono rappresentati dagli autori delle fake news (peraltro di difficile controllo), se non anche da alcune errate strategie politiche che inevitabilmente includono la gestione finanziaria per prevenire o arginare gli eventi funesti. Ma prima di concludere vorrei richiamare ancora l’attenzione su quei pazienti che, per certi versi, considero dei “diseredati”, ovvero tutti coloro che non hanno una diagnosi e che continuano a vivere nel limbo dell’isolamento sociale e/o assistenziale. Questo articolo vuole semplicemente essere un modesto contributo affinché coloro che avranno modo di conoscere questa percentuale di pazienti “isolati”, considerino tutto ciò che è nelle loro facoltà e soprattutto nell’etica; concetto, quest’ultimo, ben espresso ad esempio dai filosofi Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831) e Albert Schweitzer (1875-1965). E poiché la vita è troppo breve per essere apprezzata nella sua interezza, è una ragione in più per valorizzarla al meglio e rispettarla rendendola incontaminata da malattie e indifferenze…

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