Palermo, incontro su “Religione, pluralismo, democrazia: le attese dei giovani”

 

«La democrazia è più vicina alla Shari’a musulmana di quanto non lo sia un governo dispotico», ha detto Amer Al Hafi, Academic Advisor dell’Istituto giordano per il dialogo interreligioso (Royal Institute for Inter-Faith Studies), intervenendo al secondo Colloquio del Mediterraneo, sul tema “Religione, pluralismo, democrazia: le attese dei giovani”, organizzato a Palermo il 15 e 16 ottobre dall’Istituto di Scienze sociali “Nicolò Rezzara”, in collaborazione con la locale Università degli Studi. «Nel pensiero islamico sulla democrazia possiamo individuare due correnti fondamentali – ha aggiunto Al Hafi -: una che rifiuta la democrazia, perché la considera un prodotto occidentale, e una corrente, invece, favorevole. La seconda parte da una vera comprensione della democrazia e dell’Islam. La democrazia consiste nel fatto che gli uomini scelgono chi li governa, e quindi punta al bene comune. Finché l’Islam mira a costruire i valori umani legati alla libertà, alla giustizia e alla difesa della dignità umana, esso va d’accordo con il diritto dei popoli nello scegliere i regimi politici e legislativi».

Soddisfatto monsignor Giuseppe Dal Ferro, direttore dell’Istituto promotore dell’evento, perché obiettivo dei Colloqui del Mediterraneo, che prendono ispirazione dall’omonima iniziativa promossa negli anni Sessanta da Giorgio La Pira, è «avviare gruppi di studio, in Italia e all’estero, realizzando un dialogo fra le élite culturali di Paesi diversi, in ordine alla convivenza pacifica». Per questo, il secondo giorno, dopo la lezione introduttiva del professor Francesco Viola, dell’Università di Palermo, intitolata “Spazio pubblico delle religioni in una democrazia”, gruppi di giovani, appartenenti a varie associazioni, religiose e non, sono stati i protagonisti dei tre panel di discussione animati dal vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, con la giornalista siriana Asmae Dachan (“Religioni, speranze e valori per i giovani”); da Isabel Trujillio, dell’Università di Palermo, con Semso Osmanovic, ricercatore italo-bosnaco (“Laicità e pluralismo culturale nelle prospettive giovanili per la convivenza”); da Antonio La Spina, della Luiss “Guido Carli” di Roma, con Imen Ben Mohamed, deputata al Parlamento tunisino, già membro dell’Assemblea Costituente (“Democrazia: quale futuro?”). Traendo le conclusioni, mons. Mogavero ha detto: «Nel cuore del cristianesimo c’è il rispetto profondo per l’umanità, ed è un sentimento presente in tutte le religioni. Il dialogo autentico non è possibile, se non partiamo ciascuno dalla propria fede. L’importante è che la religione non sia un serbatoio di dogmi, ma il faro dell’umano».

Il primo giorno di Colloquio, ha visto le testimonianze di: Emile Katti, medico-chirurgo, direttore dell’ospedale Al-Rajaa (in arabo, “La speranza”): «Purtroppo, in Siria oggi prevale la lingua delle armi. Il Paese è diventato terreno di scontro tra le diverse forze e potenze mondiali e regionali; tutto questo ha causato centinaia di migliaia di morti, e l’esodo di milioni di siriani, andati profughi nei Paesi vicini (Libano, Giordania, Turchia), ma anche in Europa. Un Paese, culla della civiltà umana e cristiana, è stato distrutto. Serve una soluzione politica, e va trovata con urgenza»; Abdo Badwi, dell’Università maronita Saint Esprit di Beirut USEK (Libano), ha raccontato la realtà di un Paese dove convivono 18 diverse confessioni religiose. L’on. Imen Ben Mohamed ha ricostruito il percorso per arrivare all’attuale Costituzione tunisina. «Un percorso riuscito perché tutte le diverse componenti, sia quelle di ispirazione religiosa, che quelle più laiche, hanno messo da parte la loro identità secondaria (appartenenza religiosa, etnica…), lasciando prevalere quella principale, ovvero l’appartenenza forte alla patria, che è quella che ci accomuna tutti». Infine, Omar Attia El Tabakh, vice-presidente e portavoce del “Comitato Nazionale Libertà e Democrazia per l’Egitto”, rappresentante per l’Italia di International Coalition for Egyptian Abroad (ICEGA). Da lui un excursus storico sugli oltre 2000 anni di storia che hanno visto cristiani e musulmani incontrarsi e scontrarsi sulle sponde del Mediterraneo. «La domanda che dobbiamo porci è: vogliamo soffermarci su quello che unisce e o su quello che divide? Io sono un musulmano e credo nella mia fede, ma molti valori dell’Islam sono gli stessi del cristianesimo e dell’ebraismo. Perciò, ricordando sempre la convivenza millenaria, cerchiamo di riflettere su quanto succede oggi, su quali sono le dinamiche; su quanto è prospera l’industria delle armi, per esempio».
Attorno al tavolo, dunque, rappresentanti della sponda sud del “Mare Nostrum”, perché, ha sottolineato nella prolusione msgr. Maroun Lahham, vescovo di Amman (Giordania) e ausiliare del Patriarca latino, «le religioni monoteiste sono nate in Medio Oriente. Questa terra rappresenta la loro storia, ed è elemento essenziale della loro identità e della loro memoria. In Medio Oriente, da sempre le religioni monoteiste si susseguono, si intrecciano e si confrontano».
Infine, l’arcivescovo di Palermo, cardinale Paolo Romeo, ha ribadito l’importanza dell’ascolto dei giovani, poiché è giusto che siano loro a costruire il proprio futuro. «Ormai più che in altri tempi, il mondo è un piccolo cortile – ha concluso -, dove la gente si affaccia, pensiamo a Internet, ai social media, un continuo flusso di notizie in tempo reale. Contemporaneamente, si cerca di speculare creando barriere. In Italia, abbiamo bisogno di manodopera, però ci disturba quando ne arriva troppa. L’avvenire si realizza al di là della volontà degli uomini. Ma questo avvenire si inserisce nel tempo dell’uomo che opera; ascoltare le attese dell’uomo, soprattutto dei giovani, significa capire le attese della civiltà. Solo se ci sarà l’ascolto, non ci sarà discontinuità nel nostro cammino».

L’Istituto Rezzara, da cinquant’anni impegnato nello studio dei problemi internazionali, ha ideato delle “Cattedre” per porsi in ascolto e dialogo con i Paesi del Mediterraneo (Cattedra di Agrigento-Palermo) e dei Balcani (Cattedra di Bari), e costruire assieme un futuro di pace per le giovani generazioni. Il progetto “Colloqui del Mediterraneo”, promosso dall’Istituto vicentino congiuntamente all’Associazione culturale laici nella Chiesa e cristiani nella società, ha il supporto di: Università degli Studi di Palermo, mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, Centro P. Arrupe, Istituto internazionale Toniolo dell’ACI, Centro italiano femminile (Cif), Croce Rossa sicula, Caritas di Agrigento, il patrocinio del Consorzio internazionale universitario IUIES, fondato nel 2000 tra nove università italiane e università dei Paesi dell’Est europeo.

«Il primo Colloquio della Cattedra siciliana si svolse nell’ottobre 2013, nell’Università di Palermo (tema: “La cultura del Mediterraneo dopo il Trattato di Barcellona”) – spiega monsignor Giuseppe Dal Ferro, direttore dell’Istituto “Nicolò Rezzara” di Vicenza, promotore dell’iniziativa -. L’input fu il documento di Barcellona, firmato nel 1995 dagli Stati rivieraschi, che sanciva l’impegno di fare del Mediterraneo uno spazio comune di pace, stabilità, prosperità e libero scambio, attraverso il rafforzamento del dialogo politico e sulla sicurezza, la cooperazione economica e finanziaria, e quella sociale e culturale. Nel 2011, poi, ci furono le primavere arabe, che evidenziarono le speranze dei giovani. Decidemmo, perciò, di lavorare sull’idea di un Mediterraneo “ponte” di pace e di dialogo fra i continenti. Cominciammo, così, ad intrecciare rapporti con alcune élites culturali di Paesi diversi, mediterranei ed europei, allo scopo di elaborare un pensiero socio-politico comune, orientato a finalità di convivenza pacifica e di collaborazione. Purtroppo, negli ultimi due anni la situazione è precipitata. Attorno al cosiddetto Mare Nostrum, risuonano venti di guerra e massacri inauditi. Ciò chiede di rafforzare il progetto, riflettendo su uno dei temi problematici, ovvero il ruolo della politica e delle religioni, con un occhio di riguardo al Medio Oriente, per secoli caratterizzato dalla convivenza pluralistica, e oggi totalmente destabilizzato da conflitti di cui non si vede la fine. Per questo, abbiamo voluto che al Colloquio di quest’anno partecipassero in particolare esponenti di alcuni dei Paesi in questo momento maggiormente afflitti da atroci conflittualità».

 

Nella foto, un momento del convegno

 

 

 

 

 

 

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