Oltre un secolo e mezzo fa la più grande scoperta della scienza medica: l’anestesia

di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

L’anestesia ha vinto il dolore fisico e grazie ad essa la chirurgia ha fatto notevoli  e continui progressi

Prima di aver trovato una specifica soluzione agli innumerevoli problemi che ha incontrato lungo il suo irto cammino, l’anestesia ha dovuto superare ostacoli di ogni genere e al prezzo di notevoli sacrifici. Tuttavia, i pionieri che si batterono per questo scopo (nell’Ottocento, fare accettare l’idea, ricavata dalla pratica, che alcuni gas fossero in grado di indurre la perdita della coscienza e della sensibilità era praticamente impensabile) non mancarono di intelligenza e di costanza, ma anche un po’ di stoicismo… Ostacoli e sacrifici furono quelli che dovettero sopportare gli inglesi Humprey e Henry Hill Williams, e gli americani Crawford Williamson Long, Wells, William Thomas Green Morton (nella foto). A costoro spetta il merito di aver combattuto e vinto l’immane battaglia contro il dolore, di essere riusciti a portare l’anestesia nella pratica clinica e sostenere la chirurgia nei suoi progressi. Significativa l’esperienza degli studenti e dei medici del Massachusetts General Hospital di Boston, quando per primi (il 16 ottobre 1846) assistettero all’eradicazione di un grosso tumore del collo in anestesia generale; come pure grande fu l’emozione che il dottor John Collins Warren provò quando, alla fine dell’intervento, rivolto agli studenti e al dottor Morton che aveva condotto l’anestesia, pronunziò la famosa frase: «Signori, questo non è un inganno!».

Non meno eclatante fu la scoperta della cocaina come anestetico locale, ma la sua introduzione nella pratica clinica non fu cosa semplice. Di essa va reso omaggio al dottor William Steward Hallsted e a due suoi collaboratori che sperimentarono l’azione della cocaina su loro stessi, ingannati dall’illusione di vivere in un mondo dove l’Io, con i suoi complessi rapporti di vita, non è più al centro dell’universo, e si accorsero che la nuova situazione era senza ritorno, tant’è che causò la morte dei collaboratori di Hallsted, mentre egli subì una trasformazione del comportamento e della personalità. Ma come è noto, già nel 1800 il chimico inglese Sir Humpry Dawy aveva calmato il dolore causato da un dente infetto mediante un’inalazione di protossido d’azoto, o “gas esilarante”. Dawy pubblicò anche una relazione in cui affermava: «Visto che il protossido d’azoto ha fra i suoi molteplici effetti anche quello di abolire il dolore fisico, non è improbabile che possa venire usato con vantaggio in quelle operazioni chirurgiche che non comportino una grande effusione di sangue». Ma nessuno gli prestò attenzione, né lui ci tornò su. Nel 1823, un giovane medico inglese di nome Henry Hill Hickmann, tanto sensibile da non riuscire a sopportare i lamenti dei suoi pazienti durante gli interventi chirurgici, cercò di anestetizzare degli animali e di eseguire su di essi interventi indolori. Pose i suoi animali sotto delle campane di vetro, nelle quali introdusse del diossido di carbonio. Gli animali persero i sensi e non mostrarono minimamente di soffrire, mentre Hickmann amputava loro le orecchie e la coda, rischiando di intossicarli a morte in quanto il diossido di carbonio era assolutamente inadatto allo scopo. Da questa esperienza a ripetere l’esperimento con altri gas non c’era che un passo. Ma Hickmann non lo fece.

Oggi sappiamo anche che nel 1842 il dottor Craword W. Long, un medico di campagna di Jefferson, nella Georgia, usò l’etere in molti casi per anestetizzare i suoi pazienti. L’idea gli era stata suggerita da un certo James M. Venable, afflitto da foruncolosi al collo, che richiedeva un’incisione. Come variante alle solite sbornie, Venable e altri giovani buontemponi usavano riunirsi per fiutare delle fiale d’etere, fino a sentirsi intossicati. Il dottor Long, che aveva l’abitudine di rimpinzare d’alcool i suoi pazienti prima di operarli, pensò che sarebbe stato più semplice lasciare che il giovane si prendesse il suo solito etere. Dopo aver inciso i foruncoli, apprese con suo stupore che il paziente non aveva avvertito il minimo dolore. Ciò nonostante, Long non sospettò minimamente d’aver fatto una scoperta sconvolgente, e continuò nella sua tranquilla pratica quotidiana di medico di provincia. Soltanto due anni dopo, il dottor E. R. Smilie di Derby, nel New Hampshire, ebbe in cura un pastore tubercolotico che soffriva di spasmodici accessi di tosse. Poiché l’oppio preso per via orale non dava nessun sollievo al paziente, il dottor Smilie gli fece inalare un miscuglio di etere e oppio. In realtà egli aveva usato l’etere come un solvente volatile dell’oppio. Dopo poche inspirazioni, il paziente cadde dalla sedia privo di sensi. Nella primavera del 1844 Smilie dovette aprire un ascesso ad un altro paziente, somministrandogli preventivamente lo stesso miscuglio. Scoprì che l’intervento risultava completamente indolore.

A differenza di Long, il dottor Smilie voleva proseguire i suoi esperimenti e pubblicare una relazione sui suoi risultati. Ma i suoi colleghi gli fecero rilevare che l’oppio veniva impiegato in chirurgia da secoli, e che era provato  che riusciva ad abolire il dolore se veniva somministrato in dosi elevate, tali da provocare la morte del paziente per intossicazione. Era stato per pura fortuna, gli dissero, che i suoi esperimenti avevano avuto successo, e gli consigliarono di non abusare troppo della sua fortuna. Smilie si lasciò convincere e abbandonò così i suoi esperimenti. Nessuno, neanche lo stesso dottor Smilie, aveva sospettato che quell’effetto fosse invece dovuto all’etere, che veniva usato solo come solvente dell’oppio. Perciò, nel 1846, si poteva affermare che la scoperta dell’anestesia era praticamente un fatto imminente da quasi mezzo secolo, e avrebbe potuto emergere da un momento all’altro alla coscienza dell’umanità. Prima di questa data, non c’è che una notte di ignoranza, di tortura, un vano brancolare nel buio. Tuttavia, la storia del secolo IXX apre davanti ai nostri occhi la visione più terribile che l’umanità abbia mai conosciuto.

Ma quale la realtà italiana, sia pur in tempi più recenti? Torino è stata la culla dell’anestesia italiana grazie alla lungimiranza di alcuni componenti della Scuola Chirurgica Torinese, tra cui in particolare i proff. Ottorino Uffreduzzi (1881-1943) e Achille Mario Dogliotti (1897-1966), che si batterono affinché gli anestesisti dessero vita a una Società indipendente e non si riducessero a semplice branca della Chirurgia. Oggi l’Anestesiologia (questa è la reale denominazione della Disciplina specialistica) è una delle specializzazioni mediche di più varia applicazione. Una maggior conoscenza dell’opera che gli anestesisti svolgono per salvare vite umane e alleviare il dolore (se il dolore può essere alleviato senza nuocere al paziente, questi, anche se non guarisce, migliora in modo sensibile) contribuirà a sollevare il morale della categoria ed accrescere il numero di questi specialisti del “sonno artificiale” alla cui presenza si annette ancora troppo scarsa importanza.

 

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