Obama, Obama, nell’alto dei cieli!

Finalmente è calato il sipario sulla storia infinita delle elezioni americane. Volenti o nolenti, ne abbiamo seguito tutte le tappe, come se non fosse già abbastanza pesante dover seguire le campagne elettorali nostrane per le politiche, le amministrative, le europee ed i referendum, con tutto il loro repertorio di recriminazioni incrociate, critiche distruttive mai seguite da atteggiamenti propositivi, cartelloni con i faccioni dei leader, slogan ad effetto, inni e canzoncine ad hoc.

Come da copione, ha trionfato il buono, Barack Obama, ed il cattivo, John McCain, è uscito di scena (ma sul palcoscenico ci è mai veramente salito?) . L’educazione vuole, però, che si saluti chi si congeda ed  io voglio rendere il mio personale omaggio a quest’omino che, con quel nome che ricorda le patatine fritte surgelate, tutto sommato mi ispirava simpatia. Forse McCain sarà anche “cattivo” come dicono, perché è repubblicano come Bush, ma con quell’aria da nonnetto apparentemente arzillo e quei movimenti impacciati non ce lo vedevo proprio ad indossare i panni del guerrafondaio prepotente, dimessi dal vecchio scimmione.

Vorrei anche sottolineare la grande lezione di stile che lo “sconfitto annunciato” ha regalato ai politici di tutto il mondo, ma soprattutto ai nostri, con un discorso post-elezioni in cui, tra le altre cose, ha bacchettato i suoi elettori per aver fischiato nel momento in cui ha nominato Obama;

si è complimentato con il rivale per aver saputo risvegliare nei cittadini americani l’interesse per le elezioni ed ha offerto la sua disponibilità a collaborare per il bene del Paese. Certo, può darsi che il suo sia stato un discorso più di forma che di sostanza, ma la politica è fatta anche – e soprattutto – di diplomazia ed i fatti mostrano che in Italia i politici non sono più signori neppure a parole.

Un velo pietoso va poi steso sui giornali che, il giorno dopo le elezioni, hanno titolato “McCain ammette la sconfitta”: perché, che altro avrebbe dovuto fare?! Solo nel nostro Paese la matematica è un’opinione ed ogni dato può essere interpretato a proprio vantaggio da una fazione come dall’altra. Solo da noi esiste un sistema elettorale bizzarro per cui, come è accaduto alle penultime elezioni, può vincere chi nei fatti praticamente non ha vinto. Solo in Italia si afferma che l’altra coalizione ha vinto, ma la propria non ha comunque perso.

Detto ciò, torniamo ad Obama. Nel suo primo discorso da neopresidente, ha subito voluto menzionare i propri cani in qualità di membri fondamentali della propria famiglia, così da accaparrarsi anche il ruolo di idolo degli animalisti, che va ad aggiungersi alla sua già lunga schiera di onorificenze: leader degli afroamericani, guida spirituale delle minoranze etniche, speranza dei pacifisti (presidente americano – pace: non me ne voglia Obama, ma questo binomio continua a sapermi di diavolo ed acqua santa …) e – grazie al nostro illustrissimo e serissimo Presidente del Consiglio  – santo protettore degli abbronzati (anche se resta ancora da chiarire se l’aura protettiva includa anche i “lampadati” o solo i “naturalmente colorati”).

Acclamato da tutti come l’uomo che potrebbe cambiare il mondo, osannato  più del Papa dalle folle europee, per tutti è l’uomo del cambiamento, l’uomo da emulare, l’uomo a cui dichiarare amicizia anche nel caso non si avesse sperato nella sua elezione.

Se le aspettative dei più saranno o meno soddisfatte è presto per dirlo, ma una considerazione su quanto è accaduto la si può già fare.

Moltissimi hanno salutato la vittoria di Obama con favore perché è giovane e perché è nero, ma non è preoccupante che nel ventunesimo secolo ancora ci si debba stupire per  un risultato del genere? È giusto votare qualcuno perché “sa di nuovo” piuttosto che per il suo valore come persona?

Perché se Hamilton vince il mondiale di Formula Uno dobbiamo pensare che è un grande evento in quanto è il primo pilota di colore a vincere questa competizione, anziché fare come avremmo fatto se avesse vinto Alonso ovvero sbottare contro colui che, all’ultimo, ha soffiato il titolo a Massa, pilota della nostra Ferrari? Ancora: perché dobbiamo considerare un evento straordinario lo scontro tra due squadre di calcio che hanno una donna per presidente?

Finché continueremo a considerare straordinario ciò che dovrebbe essere normale, i pregiudizi e le discriminazioni non potranno essere sconfitti.

Marcella Onnis

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