MEDICI E INFERMIERI: UN ORGANICO DA INCREMENTARE

Non basta la volontà politica per rispondere a questa esigenza, ma serve anche la presa più diretta di una realtà che si deve comprendere soprattutto quando scarse sono le cure e  l’assistenza.

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e opinionista)

Ogni anno si ripropone il problema del numero chiuso soprattutto alla Facoltà di Medicina e Chirurgia e, secondo l’attuale ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa: «Lo scorso anno abbiamo avuto 70mila aspiranti per 14 mila posti disponibili, ma ospedali e atenei non sono in grado di assorbire 70 mila aspiranti, anche perché dobbiamo fare in modo che la qualità della formazione resti alta. È vero che la pandemia ha fatto emergere una mancanza di medici, ma si tratta di una carenza della presenza di medici sul territorio, non della presenza complessiva». Ora, pur non entrando nel merito in modo specifico per non avere ulteriori elementi di “prima mano”, mi permetto di osservare che la razionalità della suddetta “stride” con la realtà del fabbisogno; ad esempio, da tempo si lamenta la carenza di anestesisti e, di questo passo, anche di medici di medicina generale. E se è vero che le strutture non sono sufficienti per inserire ulteriori medici, è altrettanto vero che a fronte del bisogno nazionale tali strutture bisognerebbe crearle: a che serve, faccio osservare, mantenere elevate qualità ed efficienza se non si riesce a garantire nemmeno il minimo delle prestazioni alla totalità della popolazione, come ad esempio posti letto nelle Rsa? Mi rendo conto che non sono un addetto ai lavori in senso stretto del termine, ma nello stesso tempo “rivendico” il fatto di essere un cittadino-paziente come tanti altri, oltre a svolgere il ruolo di divulgatore in ambito medico sanitario da molti anni, e rilevo (come tutti potrebbero fare) la grave e persistente carenza dell’assistenza territoriale. Parimenti bisogna anche aggiungere che sono in aumento le persone anziane in gran parte affette da due o più patologie croniche, come pure i pazienti affetti da malattie rare, quindi anche persone con disabilità che necessitano di cure e attenzioni di non poco conto, e per queste ragioni sono necessari più medici e ovviamente di diverse specialità. Per circa 5-6 lustri ho vissuto diverse esperienze sul campo quale “ospite-osservatore” a fini divulgativi, e mi sono reso conto che la nostra Sanità ha mantenuto determinati valori e potenzialità, anche se non sono mancate e mancano episodi e situazioni di qualche carenza ed inefficienza: ma si sa, la perfezione non esiste in nessuno campo dello scibile umano. Detto questo individuare, programmare e investire in nuove figure di medici generici e specialisti richiede uno sforzo particolare, sia per rispondere al fabbisogno che per il massimo rispetto che si deve al paziente, quindi alla Persona. Il ministro (si noti che il termine è rigorosamente non al femminile) non credo manchi di queste attenzioni,  e per questo  di voler onorare al meglio il suo ruolo affinché un giorno nessuno possa dire: «Non sono stato curato nel modo dovuto per carenza di medici e strutture!». Inoltre, l’eterno problema delle cosiddette liste di attesa è sempre più accentuato anche per la carenza di operatori sanitari e di strutture, appunto, tant’è che è diventato inevitabile ricorrere alla Sanità privata, che in parte assorbe “l’incompiuto” della Sanità pubblica e in parte viene “rifiutata” da un certo numero di pazienti… per diverse ragioni. E se è vero che reggere un Dicastero come quello dell’Università e della Ricerca implica una certa responsabilità, è altrettanto vero che accettando tale ruolo comporta il massimo impegno nel garantire la copertura per rispondere ad un urgente fabbisogno: più medici più persone guarite… e anche meno ricoveri. Un impegno improbo? Certo, senza dubbio, ma la salute e la vita umana non devono soccombere. Quindi più impegno, più determinazione e magari più tempo per visitare “de visu” ospedali e situazioni territoriali dove la sofferenza si esprime anche in silenzio, come i sacrifici di molti operatori sul fronte ogni giorno (H24) che nemmeno la pandemia ha messo in ginocchio… pur con diverse perdite di vita sia di medici che di infermieri.  E anche questi ultimi pare non essere sufficienti al fabbisogno, e credo valga la pena avvicinarli, osservarli e rafforzare anche il loro organico. Probabilmente le mie considerazioni hanno una valenza troppo semplicistica, ma è fuor di dubbio che non si può sottacere quello che a volte la politica non è in grado di portare a compimento… e se lo fa impiega, comunque, tempi eccessivamente lunghi!

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