L’INESORABILE POVERTÀ SOTTO GLI ARTIGLI DELL’EGOISMO E DELL’INDIFFERENZA

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

 

Domenica 17 novembre, per la Giornata Mondiale dei Poveri, il Pontefice ha offerto il pranzo a ben 1.500 persone, sicuramente tutte indigenti e quindi bisognose di essere rifocillate. Il gesto di per sé è encomiabile non tanto dal punto di vista del mero complimento, quanto da quello della carità cristiana, oltre come messaggio all’opinione pubblica affinché si prodighi altrettanto… almeno con l’intento di avvicinarsi al tema povertà, evitando gli sprechi e rigettando l’opulenza. Da questo esempio va inteso che, purtroppo, non sarà un solo pasto a sfamare un certo numero di persone mentre va rilevato che il potere della Chiesa, e quindi del suo Rappresentante, debba fare di più per sensibilizzare e magari “imporsi” ai potenti del mondo (politici e correlati) affinché si avvicinino maggiormente a chi non possiede nemmeno il necessario per il sostentamento. Parimenti, vorrei sottolineare che nella vita ogni azione o semplice gesto non deve manifestarsi come mera elemosina perché, a mio avviso, sarebbe lesiva della dignità umana. Chi nella vita percorrendo una via o un corso non ha incontrato un mendicante seduto sul marciapiede magari in compagnia del proprio amico fedele a quattro zampe, e con la mano timidamente tesa per chiedere un obolo? E quante volte ci siamo girati dall’altra parte? Sono quesiti che toccano la coscienza di tutti per rispondere ai quali talvolta non serve aprire il borsellino, e tanto meno staccare un assegno; mentre invece sarebbe più etico e razionale che ognuno levi il proprio scudo contro le Istituzioni richiamando i loro rappresentanti ai propri doveri morali e umanitari. Ma purtroppo questo agire da parte della collettività è un’utopia, un’utopia soprattutto di questi ultimi decenni perché in epoche precedenti ad essi la solidarietà era più evidente e più distante dal pietismo e dall’ipocrisia. A questo punto mi sovviene un vecchio adagio: «Chi ha denti non ha pane, e chi ha pane non a denti», il cui perpetuarsi nel tempo ne ricalca un altro, ancora più noto e lapidario: «Mors tua, vita mea». Sicuramente molti avranno ripetuto queste due frasi denunciandone la severità ma, a parte alcuni movimenti umanitari (quelli senza ombra di peccato credo siano ben pochi, sic!) nella nostra “piccola” società, tanto per restare in Italia, il divario tra povertà e benessere va continuamente accentuandosi compromettendo non solo l’esistenza e la dignità dei più deboli, ma anche la stabilità di un Paese che pur ricco di storia (ma povero di spirito) sta rischiando sempre più di perdere quei valori umani faticosamente conquistati dai nostri avi, i cui ideali di giustizia e di uguaglianza in molti  hanno pagato con la propria vita. A questo punto mi rendo conto di inseguire dei fantasmi, che non sono rinchiusi nell’antico maniero (il Parlamento), ma paradossalmente sono vivi e vegeti con tanto di nome e di titoli, e il loro volteggiare dal nord al sud e viceversa in talk show e nelle pubbliche piazze, è un apparire per “allontanare” gli abitanti fuori dal castello affinché non osino pretendere il rispetto di un diritto, e tanto meno allungare la mano per l’obolo di giornata. Quindi la Chiesa e lo Stato, quali esponenti di spicco dal punto di vista del potere, proprio perché costituiti da uomini, non hanno mai raggiunto l’obiettivo di unirsi e fare forza comune per la lotta alla povertà e alle infinite diseguaglianze… Un’ultima osservazione. Domenica 17 molti hanno avuto un pranzo, che magari sognavano da tempo; ma nei giorni a venire quale sarà  il loro sostentamento? Purtroppo credo che la risposta sia scontata: la loro vita, come quella di chi non è riuscito a farsi invitare, è in balia del proprio destino… inesorabile, puntuale e senza intermediari.

La foto è tratta da La Stampa

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