Libertà di scelta al centro di conflitti politici ed esistenziali

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

 

In periodi come questo, in cui si pensa, o si è indotti a pensare se è utile andare a votare e chi votare, io credo che serva a poco… anzi a molto poco. Non certo per eludere tout court il proprio diritto-dovere di cittadino, ma piuttosto perché là dove c’è baraonda, confusione ed infinite espressioni di saccenza e analfabetismo (gratuiti) il tutto non può che confluire nel disorientamento più totale. Chi ci ha preceduto nei primi decenni del dopoguerra, è risaputo, aveva tra gli obiettivi-doveri quello di insegnarci il significato di un’Italia unita non solo fisicamente, ma soprattutto culturalmente ed umanamente, ad essere compatti nel mantenere elevato il nostro ruolo di cittadini impegnati nella “faticosa” ripresa del post-conflitto, e nella ricostruzione di quei valori etici e morali che sono stati fortemente penalizzati da chi affetto da onnipotenza e delirio ha seminato quanto di peggio l’umanità potesse subire mettendo gli uni contro gli altri. E a che pro? Credo che non ci siano molte risposte ma una basterebbe per tutte: il voler imporsi con azioni di forza su un popolo, inerme o meno, richiama quell’atavico concetto di odio e potere; e a questo riguardo lo psichiatra, filosofo e antropologo svizzero Carl Gustav Jung (1875-1961) affermava che «l’opposto dell’amore non è l’odio, ma il potere. E anche dove c’è amore non c’è potere e dove c’è potere non c’è amore». Spesso gli uomini, quindi noi tutti, si lamentano dell’ingiustizia come pure degli abusi fino a quando non riescono a conquistarsi la forza; e non appena questa forza è nelle loro mani, essi se ne servono per commettere ingiustizie ed abusi. Ecco, dunque, che i nostri orientamenti quotidiani dovrebbero essere indirizzati nella capacità di saper discernere non solo il bene dal male, ma anche a distinguere quanto c’è di vero (e sincero) in chi si propone di rappresentarci e se totali sono le sue competenze e responsabilità per il ruolo che andrà eventualmente a svolgere.

 

Ma a tutti costoro che si ergono a paladini per migliorare le condizioni degli italiani vorrei domandare quanto sanno della Costituzione, e soprattutto come interpretarla e farla applicare (a me nessuno lo ha mai insegnato), giacché in calce alla quale si evince: «Spetta a chiunque rispettarla e farla rispettare». Ma non solo. Se sono ben consci che per condurre un Paese occorrono doti morali altamente integre, ed altrettante competenze (titoli accademici a parte) sui svariatissimi aspetti che determinano le nostre condizioni esistenziali. Va da sé che, qualunque sia la loro risposta, non è possibile riscontrare tutto ciò in quanto la cosiddetta “tuttologia” fa parte dell’utopia e quindi della presunzione; pertanto le promesse che ad ogni dibattito elettorale ci sono state e ci vengono propinate, il più delle volte sono smentite dai fatti: in primis la ormai quasi quotidianità di indagati, arrestati e in parte in seguito condannati per collusioni nell’ambito della politica, in quanto hanno raggiunto un posto al sole (e quindi di potere, più o meno incisivo) perché sostenuti da tizio, caio o sempronio e, una volta posizionati, hanno dovuto “restituire” il favore… il più delle volte illegalmente! Ciò richiama il concetto della corruzione che, per fare un esempio, secondo una recente indagine Istat solo nell’ambito della Sanità, sino ad oggi, oltre 500 mila famiglie italiane hanno ricevuto almeno una volta richieste di denaro o altro per essere facilitate in occasione di ricoveri, interventi, visite mediche; e nel solo ultimo anno le famiglie vittime di corruzione in sanità sono state 107.000… anche questo è un esempio di politica del malaffare! Di questo passo a mio modesto avviso sarà sempre più difficile, se non improbabile, risalire la china, quella dell’onestà e quindi della civile convivenza. Tornando alla titubanza iniziale mi rifaccio sempre alla saggezza salomonica, in quanto sarebbe opportuno votare il candidato che promette meno perché deluderà di meno; ma forse anche questa saggezza non basta anche perché mi pare ineludibile quanto sosteneva il politico e diplomatico francese Francois-René de Chateaubriand (1768-1848): «Quasi sempre, in politica, il risultato è contrario alle previsioni». Di conseguenza si tratta di libera scelta, più che un diritto-dovere, poiché nessuno è più libero di una piuma al vento, come nessuno è più degno di colui che invoca il rispetto della propria dignità. E quindi delle proprie scelte.

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