LIBERTÀ E DIRITTI CALPESTATI DALLA INOSSERVANZA E DALLA BUROCRAZIA

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

 

 

Credo che ogni risorsa di commento sia inutile se si vuole affrontare il problema della lesa incolumità individuale e collettiva che, come in tanti altri Paesi, sta dominando anche il nostro. E fatto ancora più preoccupante è che gli attuali governanti non sanno trovare una soluzione per prevenire i crimini (anche i più efferati) che, ormai, sono all’ordine del giorno. Ora non solo si tratta di avere una spada di Damocle sulla testa di ognuno di noi, ma di vivere con la grande e interminabile preoccupazione da quando si esce di casa sino a quando si rientra; e questo anche perché oltre ai “nuovi soggetti” deputati a delinquere si devono aggiungere anche i non pochi casi soggetti alla recidiva, sia di reati civili che penali. Ma ancora più sconcertante sono i casi di delitti “impuniti” e di altri perseguiti con pene più miti, per non parlare poi dei soggetti incarcerati e poco dopo rilasciati… Ma aggiungo ancora. Nel nostro Paese persiste il fenomeno della cosiddetta “non certezza della pena”, una sorta di lasciapassare per continuare a delinquere. Eppure non mancano le esasperazioni e il dolore dei famigliari delle vittime che gridano vendetta (non nel senso di vendicarsi) nei confronti di una Magistratura ecccessivamente garantista; infatti, non a caso si tende ad emigrare in Paesi proprio come il nostro dove vige questa sorta di garanzia, mentre in altri culturalmente più evoluti (nord Europa) il periodo di pena detentiva comminato non sempre è eccessivo come numero di anni, ma nello stesso tempo è rispettato sino all’ultimo giorno… senza sconti (sic!). Per quanto riguarda il cosiddetto ergastolo ostativo (ossia, fine pena mai), del quale si parla da tempo e in particolare in questi giorni sui giornali e in dibattiti in sede di talk show, bisogna fare delle opportune considerazioni a cominciare dal concetto che la mente umana è notoriamente imprevedibile, e non è detto che un lungo periodo di buona condotta detentiva sia una garanzia assoluta di ravvedimento (meritevoli eccezioni a parte), tant’é che in taluni casi i soggetti esaminati in tal senso dopo la scarcerazione sono tornati a delinquere; e ciò vale anche per i cosiddetti permessi premio, ossia meritevoli di una parziale libertà sostenuta dalla possibilità di avere una occupazione fuori dal carcere. Altra considerazione riguarda la carenza di ogni forma di prevenzione dei reati, forse perché nel nostro Paese si tende di più a reprimere (quando si riesce) piuttosto che a prevenire… e questo la dice lunga in fatto di tutela del cittadino italiano che, a dispetto della Costituzione non è per nulla tutelato e libero di vivere con serenità. L’assurdo è che, stando alla cronaca nera e giudiziaria e quindi alle relative statistiche in fatto di criminalità, paradossalmente avremmo bisogno di triplicare il numero dei tutori dell’Ordine pubblico, un conforto che però diventa improponibile sia per non incorrere in una sorta di “stato d’assedio”, che per la non disponibilità di risorse umane e finanziarie. A queste considerazioni vorrei evidenziare qualche perplessità, a cominciare dal fatto che in Italia abbondano articoli di Codice Civile, Codice di Procedura Civile, Codice Penale e Codice di Procedura Penale; un corpus giurisprudenziale di tutto rispetto che riempie migliaia di pagine, ma dal punto di vista dei criteri di applicazione in non pochi casi c’é molto da discutere… eppure la Riforma del Codice di Procedura Penale ha compiuto trent’anni, ma a riguardo le lacune si sono intensificate, con una nota peggiorativa che è data dal fatto che non bisogna dimenticare gli errori giudiziari che hanno privato della libertà molti innocenti: non a caso la Riforma del Codice di Procedura Penale è stata definita (a ragione) una Riforma tradita. Ed è forse giusto sottolineare che non è strettamente necessario essere esperti in Giurisprudenza per esprimere giudizi sul nostro sistema giudiziario soprattutto quando si è stati e si è vittime di un reato, o imparentati con le vittime che l’hanno subito con la soppressione delle stesse. Ma aggiungerei anche il problema dei costi, sia per chi è incorso (suo malgrado) in una qualunque conseguenza di reato civile o penale, sia per lo Stato che deve risarcire i cittadini che hanno subito una ingiusta detenzione. Ma ecco che a complicare il tutto ci pensa la burocrazia (vero “cancro” dell’Italia, questa è una mia irreversibile convinzione) che, non solo ostacola il regolare svolgimento dei processi in senso di tempistica, ma si insinua in ogni dove tanto da “dominare” la volontà dei cittadini rendedoli spesso sudditi del sistema…

 

Ora, alla luce di queste considerazioni, mi si perdoni l’apparente retorica se ancora oso porre questi quesiti: quanto vale oggi (più di ieri) la Persona? E come pretendere il rispetto di essa? Il fatto che le origini del male siano riconducibili al fratricidio di Caino verso Abele per invidia (narrato dalla Bibbia, nel quarto capitolo, verso 8 della Genesi, vedi immagine a lato), segnando l’inizio di una progressiva decadenza dell’umanità, non deve indurci a dare “per scontato” che il comportamento dell’umanità debba perpetuarsi; ma a quanto pare ciò è purtroppo utopia e un comodo alibi per giustificare le proprie pessime scelte di vita… anche a scapito del prossimo. È evidente che non vi è soluzione come hanno dimostrato le più indicibili nefandezze compiute nei secoli da molti popoli, e il loro perpetuarsi; ma ancora imperiosa è la mia levata di scudo invocando il rispetto dei diritti umani e dell’individuo in quanto Persona, prima di tutto. Quelli fondamentali sono quelli che assicurano lo sviluppo della personalità, impalpabili e preziosi ottenuti strappandoli agli Stati assoluti; ma purtroppo il loro rispetto o esercizio concreto è ancora ostacolato, non solo dai governi non democratici, ma anche nei regimi più o meno democratici. Forse si ricorderà che in uno degli ultimi scritti Immanuel Kant (1724-1804) si pose la domanda «se il genere umano sia in costante progresso verso il meglio», ritenendo che alla stessa si potesse dare una risposta affermativa. Una sorta di innocente entusiamo favorito dall’eccessivo ottimismo, a mio modesto avviso, ma comunque un segno premonitore della disposizione morale dell’umanità al cui orizzonte appariva sulla scena della storia, come riportava il filosofo Norberto Bobbio (1909-2004) «del diritto che ha un popolo di non essere impedito da altre forze di darsi una costituzione civile che esso crede buona… in armonia coi diritti naturali degli uomini, quelli che obbediscono alla legge unitamente a quelli che devono legiferare». E a parer mio tutti insieme per rispettarli senza “attenuanti” per alcuno, e solo così si poteva, e si potrebbe, sperare in un minimo senso di civiltà. Con queste citazioni non vorrei addentrarmi oltre per non sconfinare in un campo (la Filosofia) che mi appartiene solo idealmente e culturalmente, ma intendo precisare che è perfettamente inutile (o quasi) legiferare e non predisporre adeguati sistemi che ne garantiascano l’applicabilità e l’osservanza… senza remore. Da allora, ed oggi più che mai, il popolo onesto ha sempre invocato “Giustizia e legalità come garanzia dei diritti di tutti”, ma purtroppo è ancora un miraggio “l’equilibrio” tra il bene e il male, e c’é chi dice che il fiume della giustizia corre attraverso la verità. Ma quale verità?

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