L’EVOLUZIONE DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA

di  Ernesto Bodini (giornalista scientifico e biografo)

La capacità tipicamente femminile di occuparsi degli altri, di prestare loro cure ed assistenza, ha coinvolto nei secoli donne di tutti i generi: dalle contadine alle religiose, dalle nobili alle scienziate. In tutte le tradizioni e le culture la storia dell’assistenza ha origini con le donne e da loro passa poi agli uomini. Del resto è sempre stata la donna ad occuparsi dell’assistenza: come madre dei propri figli, come moglie nei confronti della famiglia, come infermiera nei confronti della comunità. Le donne hanno sempre fatto propria la tendenza a nutrire il corpo e lo spirito. L’assistenza ha avuto una radice comune: la saggezza popolare caratterizzata dalla profonda conoscenza della natura e dei suoi cicli e dalla corretta  interpretazione dei segni e sintomi ancor prima che questi fossero analizzati e spiegati dal sapere dei dotti accademici. Il sapere di queste donne, qualunque fossero le loro origini sociali e/o economiche, ha contribuito ad incrementare l’evoluzione della professione infermieristica, con il riconoscimento dell’autonomia professionale e del percorso universitario, raggiungendo “onorevolmente” l’importanza che ha sempre meritato, ma senza prescindere da quello che sta alla base dell’essere una helping profession (professione di aiuto). Ritengo quindi rievocare, sia pur brevemente, le più profonde radici dell’assistenza infermieristica e ripercorrere il travagliato cammino al fine di comprenderne non solo il lato tecnico e teorico di una professione sempre più complessa e impegnativa, ma soprattutto quello umano, quello che ogni giorno ci fa incontrare e conoscere persone diverse, con culture forse differenti dalle nostre ma sicuramente tutte vicine ai nostri bisogni…

Erano infermiere le levatrici, che senza aver studiato l’anatomia della donna e della gravidanza, fin dai tempi degli Egizi e dei Greci facevano nascere i bambini nelle case: sono le prime ostetriche della storia, in epoche in cui la mortalità infantile era molto elevata e le condizioni igieniche scarse e, che per questo, nei periodi di repressione della donna e di paura come il Medio Evo, dovettero affrontare condanne e roghi quando qualcosa andava storto. Erano da ritenersi infermiere le guaritrici delle nostre campagne o dei paesi di montagna, dove l’accesso alle strutture sanitarie era difficile e troppo distante dalle mura domestiche. Con i valetudinaria romani si ha la prima forma rudimentale conosciuta di assistenza organizzata. Ed è grazie all’avvento del Cristianesimo improntato al soccorso caritatevole verso bisognosi e infermi, che sorgono i primi ospedali che inizialmente non si occuperanno di assistere i malati, ma per molto tempo accoglieranno un’intera umanità derelitta: orfani, vagabondi, alienati, etc. Va comunque sottolineato che nei confronti degli infermi prevalga, sull’aspetto curativo, quello caritatevole. Nel Medio Evo protagonisti assoluti dell’assistenza sono gli Ordini monastici e religiosi, e ciò nei secoli a venire, anche quando dal 1500 in poi, il progresso scientifico ha cambiato il volto della Medicina. Tra il XIII e il XIV secolo l’assistenza ai malati ha subito un declino: i laici che prestano assistenza provengono per la maggior parte dalle file delle prostitute e dei galeotti. Nel XV secolo si arriva alla costituzione dei primi ospedali “maggiori”. Nel XVI secolo la Chiesa ha cercato di contrastare la progressiva decadenza dell’assistenza ai malati con la creazione di nuove congregazioni ospedaliere. In particolare, San Vincenzo opererà riforme precorritrici dell’opera di Florence Nightingale. Alcuni religiosi si distingueranno per dedizione in campo assistenziale.

Fra questi Camillo De Lellis (1550-1614), fondatore dell’Ordine dei Ministri degli Infermi. Lo storico della Medicina, Giorgio Cosmacini definisce De Lellis come «la figura dell’infermiere ideale, protagonista dell’utopia ospedaliera dei Seicento». Il periodo che va dal XV al XVII secolo è caratterizzato sostanzialmente dallo scadimento delle prestazioni assistenziali sempre più affidate a personale laico con nessuna o poca esperienza, non motivato ed in cerca solo di una occupazione che garantisca lo stretto necessario. In particolare l’infermiera è vista come donna di “malaffare”, non colta, che si occupa dei malati a volte soltanto per non finire in prigione. Molte erano le ex prostitute o povera gente reclutata tra le classi sociali inferiori. Al passaggio epocale da un mondo religioso ad una realtà mondana, tra il Medio Evo e il Rinascimento, l’aspetto caritatevole dell’assistenza viene ad integrarsi con l’aspetto tecnico. Colei che assisteva doveva essere sottomessa al potere delle persone che detenevano il sapere. Questa concezione determina una grave lacuna che verrà colmata, anche se parzialmente, soltanto nel XIX secolo con la nascita delle prime Scuole per infermiere. Per molto tempo chi presta cure e assistenza dovrà farlo in assoluta povertà materiale e senza alcun riconoscimento economico, e le donne consacrate sono al servizio di Dio. Per questa ragione tutte le spese supportate dalle prime strutture ospedaliere vengono coperte dalle offerte e dalle donazioni dei benefattori. Tutto ciò rimane invariato fino alla metà del XX secolo in Italia… Dopo il Rinascimento da una parte cambia la fisionomia dei destinatari dell’assistenza, ossia gli infermi, e dall’altra quella di coloro che prestano l’assistenza, ossia i cosiddetti “infirmari”. In realtà si tratta ancora di “inservienti” donne e uomini laici, senza alcuna istruzione, reclutati nelle fasce sociali più modeste ai quali viene dato un esiguo compenso per un lavoro al quale è attribuito uno scarso valore. Nel ‘700 cambia lo scenario culturale: le concezioni illuministiche investono anche il settore dell’assistenza. Alla carità cristiana si tende a sostituire una solidarietà laica fondata sulla ragione volta a dimostrare la naturale eguaglianza di tutti gli individui. Dopo la Rivoluzione Francese resta almeno acquisito in Europa il concetto che l’assistenza sanitaria e sociale è un diritto la cui tutela compete allo Stato. In Italia bisogna però attendere il 1890 prima che una legge stabilisca il controllo dello Stato sugli enti di assistenza e beneficienza. Si cominciano a studiare nuove soluzioni, anche architettoniche, per garantire luoghi più idonei di ricovero ai malati ed avrà presto inizio la costruzione dei primi ospedali a padiglioni. Le più forti trasformazioni si hanno però con l’avvento dell’industrializzazione. In quest’era tecnologicamente avanzata, dove gli infermieri “dimenticano” di avere un rapporto con un altro essere umano, cambia il modo di vivere e di pensare. Anche la Medicina si arricchisce di nuove conoscenze e tecniche ed il medico avverte la necessità di delegare ad una sua aiutante pratiche assistenziali prima da lui svolte. Ma non è un caso che la professione infermieristica prenda corpo proprio nell’800 e per di più in Inghilterra, culla dell’industrializzazione, e proprio grazie ad una donna.

Il nuovo sviluppo culturale favorisce l’apparire sulla scena di quella che possiamo definire il prototipo dell’infermiera nella figura di Florence Nightingale (1820-1910), meglio nota coma la “signora della lampada”. Di origini borghesi, si distingue nei soccorsi ai militari feriti nella guerra di Crimea, e si rivela ben presto un genio decisamente pragmatico sia dal punto di vista teorico-didattico che organizzativo reclutando, ad esempio, un corpo infermiere ben addestrate per guidare l’ospedale militare di Scutari. Per questo accetta l’incarico e il 21 ottobre 1854 parte per la Turchia, accompagnata da 39 infermiere da lei stessa selezionate. Con la sua impostazione l’assistenza infermieristica si orienterà in modo irreversibile verso la scientificità e l’efficienza della medicina e dell’assistenza. I primi interventi sono mirati a migliorare le condizioni igieniche ritenute responsabili della maggior parte dei decessi. Il vitto dei ricoverati migliorato, le corsie rese abitabili, e aperti nuovi servizi igienici, fornito un nuovo vestiario adeguato e sufficiente, provvedendo inoltre alle pulizie. Viene aperta una nuova lavanderia nella quale si usano caldaie per far bollire l’acqua. Al termine della guerra (verso la fine del 1856) la Nightingale torna in patria dove viene accolta da vera eroina. Con 45.000 sterline avute in compenso per l’opera brillantemente prestata in Crimea crea, annessa all’ospedale St. Thomas di Londra, la prima Scuola per infermiere della storia con un metodo didattico fondato sull’istruzione, la gerarchia, la disciplina, la dedizione, come pure elevati standard di comportamento. Si tratta di una struttura autonoma, riservata alle sole donne. La durata del corso è di un anno e viene fortemente contestata dai medici che ritenevano lungo e inutile tale percorso. Tuttavia l’organizzazione scolastica creata nell’Inghilterra vittoriana viene presto imitata da tutte le nazioni più avanzate; ma bisognerà attendere gli anni ’70 perché la pratica del nursing divenga diffusa nel territorio italiano, incontrando molte resistenze sia tra le infermiere che tra i medici e amministrativi; questi ultimi restii a concedere dignità ad un lavoro che i più consideravano ancillare, inteso come supporto, aiuto, etc. Molto importante si rivelerà in Italia, ai fini di una modernizzazione delle concezioni assistenziali, prima di allora di quasi esclusivo monopolio concettuale del medico, l’introduzione del concetto di nursing e l’esperienza sviluppata in campo infermieristico nei Paesi anglosassoni. Il termine nursing, per definire l’assistenza infermieristica, in Italia viene introdotto soltanto agli inizi del XX secolo, sulla scorta della pubblicazione in Inghilterra del ben noto Notes on Nursing (1859), un libretto divenuto ben presto un bestseller tradotto in 11 lingue, in cui la Nightingaledispensa consigli ai milioni di donne che sono responsabili della salute dei loro familiari. In Italia nel 1896, per iniziativa della principessa Adelaide Antici, viene istituita a Napoli la Scuola della “Croce Azzurra”, affidata all’infermiera Grace Baxter formatasi come tale all’università di John Hopkins di Baltimora. Nel 1864 il filantropo svizzero Henry Dunant (1828-1919) fonda la Croce Rossa Internazionale (in occasione di una convenzione dove partecipano sedici Paesi), evidenziata con la stesura di un libro tanto da scuotere l’opinione pubblica. Nel 1901 riceverà il premio nobel per la pace, che devolve interamente alla Società fondata. Un corpo infermieri volontari che intervengono in caso di guerra o calamità naturali e che in tempo di pace si dedicano all’istruzione del personale sanitario e al trasporto degli infermi. All’inizio del ‘900 la condizione degli ospedali italiani è alquanto precaria: una visitatrice americana parlerà di «totale assenza di una vera e propria assistenza infermieristica». I progressi compiuti sotto l’aspetto diagnostico e terapeutico portano l’assistenza infermieristica a cercare di adeguarsi al nuovo clima scientifico e tecnologico. Nel 1910 vengono fondate le Scuole Regina Elena presso l’ospedale civile di Trieste e il Policlinico Umberto I di Roma, che cercano di reclutare le allieve infermiere fra le signorine istruite della classe media; e successivamente altre Scuole vengono fondate dalle allieve della Nightingale. Sino a questo momento nel nostro Paese non vi sono ancora normative che stabiliscono regole e programmi, una “carenza” che pone l’esigenza di una tutela della categoria. Dopo numerose vicissitudini avviene la formale istituzione dell’Associazione “San Camillo De Lellis”, tra infermieri dell’ospedale San Marco sotto l’egida dell’Ufficio del Lavoro. Il 15 agosto 1925 viene emanato il Regio Decreto Legge n. 1.832, convertito nella Legge n. 562 del 18/3/1926, in cui viene prevista l’istituzione delle Scuole Convitto professionali per infermiere, di durata triennale, a cui si può accedere con il titolo di quinta elementare.

L’obiettivo di questa legge non è solo quello di formare adeguatamente personale di assistenza sanitaria ma, con la formazione dei quadri dirigenti dell’assistenza infermieristica, si prevede la sostituzione graduale dei posti di caposala con personale diplomato. L’abilitazione alle funzioni direttive (caposala) prevede un certificato di abilitazione conseguibile con un anno di studi complementare, ma tale certificato è solo un titolo preferenziale in quanto non è considerato obbligatorio in ambito ospedaliero, mentre è considerato tale per ricoprire incarichi di direzione nelle scuole convitto. Tali scuole vengono istituite nel 1925. Nasce così la figura dell’assistente sanitaria. Il 29/7/1933 viene emanato il R.D. 1.703 per l’istituzione e l’organizzazione delle prime scuole e dei corsi per infermiere professionali e per assistenti sanitarie vigilatrici. Le mansioni delle infermiere sono definite e regolamentate con il R.D. 1.310 del 2/5/1940, e nello stesso decreto sono istituiti i corsi per infermieri generici, figure di supporto alle infermiere professionali. Filo conduttore dei cambiamenti che avvengono in Italia è, purtroppo, a differenza di quanto accade in altri Paesi eticamente più evoluti, l’assoluta (o quasi) subordinazione dell’infermiera al medico. Risvolto, questo, che per lungo tempo determinerà disguidi, incomprensioni e quant’altro in diverse realtà sia ospedaliere che sul territorio. Nascono così numerose associazioni di infermiere le cui finalità consistono nel promuovere e favorire il continuo miglioramento culturale e professionale degli iscritti, innalzare il livello qualitativo dell’assistenza e dei servizi sanitari, come pure dello status degli infermieri promuovendo norme legislative ed iniziative di ricerca. Il 22/7/1946 viene costituita l’OMS, istituzione di sanità pubblica dell’ONU, i cui scopi sono quelli di programmare ed attuare una politica sanitaria mondiale, finalizzata al miglioramento ed all’elevazione del livello delle condizioni igienico-sanitarie e sociali di tutti i popoli. Nel suo atto costitutivo si dichiara che «… il possesso del migliore stato di salute raggiungibile costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano». Nel 1947, in Italia viene approvata e promulgata la Costituzione della Repubblica Italiana, che entra in vigore il 1/1/1948. L’art. 32, è bene ricordare, sancisce il diritto alla salute, come diritto fondamentale del cittadino, e precisamente: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di Legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Con il DPR n. 221 del 5/4/1950 viene approvato il Regolamento per la esecuzione del Dlgs n. 233 del 13/9/1946 sulla ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina delle professioni stesse. Il 29/4/1954 viene emanata la legge n. 1.049 sulla istituzione dei Collegi delle Infermiere Professionali, delle Assistenti Sanitarie Vigilatrici e delle Vigilatrici d’Infanzia (IPASVI). Ma solo nel 1971 verrà concesso anche agli uomini l’accesso al diploma di infermiere professionale, la cui durata del corso viene portata nel 1973 a tre anni. Ed è del 1947 il primo contratto nazionale di lavoro per i dipendenti ospedalieri, che pone fine alle notevoli disparità di trattamento economico sul territorio nazionale. Con la legge n. 296 del 13/5/1958, viene istituito il Ministero della Sanità, e si concretizza sempre più la consapevolezza del diritto alla salute come diritto del cittadino. Nel “Piano quinquennale di sviluppo economico 1965-1969” del Ministro del Bilancio, il socialista Antonio Giolitti, è incorporato il “Piano Berlinguer”, che prevede il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), articolato sul territorio in Unità Sanitarie Locali (USL) che, introducendo il principio della sicurezza sociale, svolge attività igienico-preventiva e di difesa ambientale. Il SSN, articolato in livelli comunale, provinciale e regionale, è finanziato dallo Stato con i contributi dei cittadini, proporzionalmente alla loro capacità economica.  A livello internazionale, intanto, un forte impulso alle riforme in campo sanitario viene dato dalla XXX Assemblea Mondiale della Sanità, tenuta dall’OMS nel maggio del 1977, in cui viene presentato il “Progetto salute per tutti nell’anno 2000”, con 38 obiettivi specifici, e nel 1978 dalla “Conferenza internazionale sull’assistenza sanitaria di base”, tenuta ad Alma-Ata, congiuntamente dall’OMS e dall’UNICEF.

Mentre cambia l’organizzazione ospedaliera mutano pure le mansioni dell’infermiere che ora deve occuparsi non solo dell’assistenza diretta al paziente in ospedale, ma anche di educazione sanitaria, degli aspetti relazionali, del lavoro di équipe e di ricerca. Una ulteriore svolta si ha il 22/12/ 1978 con la Legge n. 833, la cosiddetta “Riforma Sanitaria”, in cui la salute diviene obbligo dello Stato, che se ne fa garante riguardo a tutti i cittadini con l’intento di perseguire l’elevazione dello stato di benessere della persona e della collettività; generalizzazione dei trattamenti sanitari a tutta la popolazione; superamento degli squilibri territoriali delle condizioni socio-sanitarie del Paese. Nel 1979 gli infermieri cessano finalmente, per legge, di essere considerati “personale sanitario ausiliario”. Nel 1991 si aprono le porte dell’Università con l’istituzione del Diploma universitario in Scienze Infermieristiche. Il 23/12/1992 viene approvato il Dlgs n. 502, su delega della legge n. 421 del 23/10/1992 che prevede il “Riordino della disciplina in materia sanitaria”. Il Dlgs 502 segna anche un passo avanti nella definizione del percorso formativo degli infermieri, che potranno accedere ai Corsi professionali solo dopo aver conseguito un Diploma quinquennale. Il 7/12/1993 viene emanato il Dlgs n. 517, contenente modifiche al Dlgs 502, che limita la possibilità di azione delle assicurazioni sanitarie al solo mercato delle polizze integrative escludendo la possibilità di competizione tra sistemi diversi. Date le continue riforme sull’esigenza di definire la professione infermieristica nasce il profilo professionale dell’infermiere che ne inquadra la figura, e questo avviene con il Decreto n. 739 del 14/9/1994. Successivamente, viene emanato il Decreto ministeriale n. 24 del luglio 1996 (G.U. del 14/10/1996 n. 241, suppl. ord. N. 168). Quindi l’approvazione della tabella XVIII-ter che reca gli Ordinamenti didattici universitari dei Corsi di Diploma universitario dell’area sanitaria, in adeguamento dell’art. 9 della legge n. 241 del 19/11/1990. Con la Legge n. 42 del 26/9/1999 (G.U. del 2/3/1999) che abolisce il mansionario liberando l’infermiere da una gabbia e dandogli maggiore autonomia decisionale: l’INFERMIERE DIVENTA PROFESSIONISTA, cui segue nello stesso periodo la definizione del Nuovo Codice Deontologico.  L’evoluzione legislativa prosegue con l’emanazione della Legge 25/1/2000 che introduce due grandi novità: il ruolo dirigenziale e l’attivazione di uno specifico corso di Laurea in Scienze Infermieristiche, e il futuro della professione è identificabile nell’EVIDENCE BASED NURSING. Le teorie del Nursing consistono in una efficace pratica assistenziale che deve svilupparsi su solide basi teoriche che comprendono: modelli incentrati sui bisogni della persona, modelli incentrati sull’interazione, modelli incentrati sui risultati. La pratica infermieristica, quando è basata su un approccio scientifico ed è corretta  dal punto di vista metodologico, adotta il procedimento del problem solving, che consta essenzialmente di quattro fasi: l’accertamento, o individuazione del problema; la pianificazione; l’attuazione del piano; la valutazione. Negli ultimi anni la letteratura scientifica accredita l’infermiere di alcuni strumenti che rendono più efficace tale procedimento, ad esempio la standardizzazione dei dati raccolti dal paziente attraverso questionari prestampati, la formazione delle diagnosi infermieristiche e dei problemi collaborativi (secondo le definizioni della North American Nursing Diagnosis Association: NANDA), i protocolli, le procedure, la cartella infermieristica, i piani guida e i piani personalizzati. Tutte le figure che da secoli rientrano nell’attività infermieristica hanno sempre assolto i doveri che la professione richiede: la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età; l’educazione sanitaria, in maniera non scientifica, a volte andando per tentativi ed errori o per intuizione, coinvolgendo religione, magia e superstizione ma anche saggezza sia pur con poche nozioni mediche, ma sempre in rapporto diretto con il corpo e le evoluzioni della vita: la nascita, la malattia, la vecchiaia, la morte. Il destino delle donne da sempre rientra nella storia della Medicina, ma nelle pubblicazioni di Medicina anche più recenti, non sempre viene dedicato un capitolo al contributo che le donne hanno portato privilegiando invece quello dei grandi studiosi, scienziati, medici (uomini). È quindi importante mantenere elevato l’interesse per la  conoscenza storica delle figure infermieristiche e dell’evoluzione della loro attività attraverso la medicina istintiva, la medicina sacerdotale, la medicina magia, la medicina empirica, la medicina scientifica e la medicina narrativa. Quest’ultima, è un orientamento relativamente recente che non coinvolge soltanto il rapporto medico-paziente ma anche il rapporto infermiere-paziente, perché se nel primo caso può facilitare una buona diagnosi, nel secondo caso si può instaurare una buona “alleanza” tale da favorire la degenza del paziente rendendola più accettabile… Dopo questa esposizione e alla luce delle innovazioni sia culturali, legislative che tecnologiche, si potrebbero fare ulteriori considerazioni, ma ritengo che sia sufficiente non perdere di vista i valori del passato, poiché retaggio di un patrimonio che può arricchire umanamente e professionalmente l’infermiere di oggi e di domani. Un doveroso contributo alla cura e all’assistenza di chi soffre… e spesso anche in emergenza come nel caso delle più diverse calamità naturali ed eventi bellici.

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