Lettera aperta di un ergastolano a Roberto Saviano

carcere

Riceviamo e pubblichiamo:

 

Ho saputo che un altro detenuto s’è suicidato impiccandosi alle sbarre della sua cella. Ed ho pensato che quando sei circondato dalle tenebre, basta dare una spinta allo sgabello, una volta sola, per vedere un po’ di luce. Forse per questo è difficile non approfittarne. (www.carmelomusumeci.com )

 

carcereCiao Roberto, un amico, membro di uno dei tavoli degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale in corso in questo periodo, mi ha mandato un tuo articolo dal titolo “Saviano: dentro Poggioreale. Se questo è un carcere” e mi ha dato l’idea di scriverti per chiederti di darmi una mano a fare conoscere le nostre “Patrie Galere”, che i nostri governanti mal governano, perché tu hai più voce e luce di noi.

Prima di leggere l’articolo sinceramente ho pensato “Non gli scrivo, figurati se risponde ad un ergastolano, condannato pure per mafia”. Poi leggendoti ho iniziato a meditare di provarci.

Quando ho finito ho pensato: “Peccato che Roberto non sia un detenuto, perché con la sua intelligenza e coscienza sociale ci avrebbe potuto dare una mano a portare la legalità e l’umanità in questo inferno dantesco”.

Scusa, stavo dimenticando di presentarmi: mi chiamo Carmelo, sono attivo in rete, con un proprio sito personale curato da volontari. Sono dentro da più di ventiquattro anni e in tutti questi anni mi sono sempre impegnato per la legalità costituzionale in carcere, perché tutti abbiano un fine pena e per cercare di essere anche la voce degli altri compagni ergastolani, facendomi spesso promotore di diverse, pacifiche e costruttive, iniziative per l’abolizione dell’ergastolo. Una volta avevo letto in un articolo pubblicato su “La Repubblica” che anche tu eri favorevole all’abolizione della “Pena di Morte Viva” – come chiamo io la pena dell’ergastolo – o “Pena di Morte Nascosta”, come la chiama Papa Francesco.

Roberto, sarebbe importante se potessi tornare sull’argomento. In particolar modo su alcuni ergastolani arrestati giovanissimi, a diciotto, diciannove, venti anni, che hanno passato più anni della loro vita dentro che fuori. Molti di questi ragazzi sono stati usati, consumati e mangiati due volte, prima dai notabili del territorio di dove sono nati e cresciuti e poi dallo Stato centrale. A qualcuno di loro è stata messa in mano una pistola e, forse per paura o per cultura deviata, non hanno saputo dire di no.

Una volta dentro il carcere, sono stati sfruttati dai politici di destra, centro, sinistra e dalla lobby dell’antimafia. I primi per scopi e consensi elettorali, i secondi per motivi finanziari e mediatici.

Molti di questi giovani ergastolani sono nati già colpevoli e sfigati, sono stati usati come carne da cannone da tutti e molti di loro non si sono potuti permettere l’avvocato Buongiorno.

Roberto, io mi chiedo sempre più spesso: perché non dare una seconda possibilità a questi uomini entrati ragazzi, educandoli ad uscire dalla cultura criminale, offrendo loro l’alternativa di una cultura civile, dando loro un fine pena? Una pena senza perdono, senza speranza, senza un fine, una pena disumana come il carcere a vita senza possibilità di liberazione, non potrà mai rieducare nessuno. Se vuoi veramente punire un criminale, perdonalo o dagli una speranza. Se invece lo vuoi fare sentire innocente tienilo dentro e butta via la chiave.

Roberto, lo so che hai tanti nemici, ma se decidi di lottare contro l’esistenza della “Pena di Morte Viva” in Italia, ti avverto, ne avrai ancora di più perché lo Stato perderebbe il suo nemico su cui scaricare tutte le colpe e la mafia perderebbe i suoi affiliati perché, con la speranza di rifarsi una vita, molti uscirebbero dalle loro organizzazioni.

Un sorriso fra le sbarre.

Carmelo Musumeci
Carcere di Padova, dicembre 2015
www.carmelomusumeci.com

 

Foto tratta dal reportage di Valerio Bispuri

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