LETTERA APERTA AGLI ORGANI DELLO STATO

Ernesto Bodini

Indubbiamente gli sforzi e gli investimenti per gestire la pandemia in questo momento sono al primo posto rispetto a determinati altri problemi di ordine sociale. Ma va rilevato che quotidianamente, ormai, noi tutti siamo in balia di molte ingiustizie e moltissimi crimini che minano la nostra libertà, la nostra incolumità e la nostra vita. Ma è mai possibile che con tutte le leggi dello Stato e i provvedimenti di cui sono ricchi i nostri quattro Codici (Civile, Procedura Civile, Penale, Procedura Penale), con tutte le Forze dell’Ordine e con i svariatissimi Movimenti associativi non si riesca a contenere se non addirittura a limitare questo fenomeno che io definisco “risoluto garantismo” di un sistema in controtendenza alle regole del buon vivere sereno e ai principi Costituzionali? Egregi Signori del potere costituito, credo che sia il caso di rivedere in toto la situazione italiana, e ciò attraverso la individuazione di persone meno politicizzate, presenzialiste ma più obiettive e pragmatiche, magari anche un po’ filantrope negli intendimenti, e non credo che scontrandosi nelle aule del Parlamento od in altre sedi istituzionali si addivenga a quella ratio che è il rispetto tra esseri umani. Ma tant’è. Purtroppo constatiamo ogni giorno che ogni rappresentanza politica vuole prevalere sull’altra, ogni opinione vuole imporsi in base al proprio credo (?) e con il più elevato tono di voce, metaforico e non; mentre la pacatezza dei modi ed il buon gusto dell’esporre e del disquisire sono doti etiche e morali distanti dall’essere tali. Con questa mia lettera a voi indirizzata non posso investirmi (anche se vorrei) nel pensiero dei miei connazionali (non ne ho il consenso), tuttavia, sia pur personalmente credo di avere ragione e diritto di puntare il dito sulle evidenze enunciate, e di conseguenza lanciando il “j’accuse” non di Emile Zola ma del sottoscritto, affinché i concetti di giustizia trovino lo spazio necessario per non soccombere, e magari essere ricordato non certo come un “martire” idealista, ma come quell’umile persona che ha avuto il “coraggio” di scrivervi questa lettera. Ah, benedetta questa ipocrisia che, parimenti alla burocrazia (la rima è solo una coincidenza), tiene lo scettro del comando “avvalendosi” di quel che dice la Carta Costituzionale, ottima teoria voluta da quei nobili Padri relatori che, a mio avviso, in buona fede credevano di garantire un’Italia rafforzandola di sani principi e di civile convivenza, ma mai avrebbero immaginato un tale decadimento che si cerca di “ammorbidire” dando lustro a celebrazioni di anniversari come ad esempio, il 25 aprile, il 1° maggio, il 2 giugno e, più coreograficamente, facendo sfrecciare nei cieli le nobili pattuglie delle Frecce tricolori. E poi gli onori (assai doverosi e meritati) ai Caduti ponendo sull’altare della Patria quella Corona a firma della Repubblica, quindi anche nostra. E a tal proposito, in questi anni si è parlato di prima, seconda e terza Repubblica; ma a mio avviso bastava la prima purché fosse rispettata da tutti! Or dunque, Signori dal potere (più o meno) incontrastato, quale è il mio, anzi il nostro destino? E dei nostri eredi? Con i fatti e i misfatti che ci inondano tutti i giorni (pandemia a parte) c’è poco da stare allegri e da essere ottimisti, e l’orgoglio di appartenenza non avrebbe più ragione d’essere, come anticipato anzitempo dal nostro connazionale cantautore Giorgio Gaber (1939-2003), con i famosi versi de’ “Io non mi sento italiano”, che fanno parte del suo album uscito postumo e, seppur letti e cantati come parodia, rispecchiavano paradossalmente gli anni del boom o subito dopo. In ogni caso, con tutto il rispetto per il Paese in cui sono nato e vivo, oggi più che mai non mi vedo nello stesso, se non biologicamente; ma più semplicemente nella figura di cittadino-suddito che cerca di sopravvivere (soprattutto tra impegni culturali e sociali su basi etiche e filantropiche), fedele a quei nobili principi che ci ha tramandato Socrate: ingiustamente prigioniero ma eticamente osservante delle Leggi del suo Paese, come era giusto che fosse. Ma in un Paese democratico osservare le Leggi non vuol dire subirle perché quelle ingiuste e opinabili si possono contestare, soprattutto in caso di vacatio legis, che peraltro ben pochi (individualmente) perseguono…. Riluttanti, chissà perché, nel prendere carta e penna per esporre quanto dovrebbero (sic!). Vorrei concludere facendo osservare che se la vita di una persona, di un popolo, di una nazione ha ancora un valore, altrettanto ne hanno i relativi diritti (doveri già espletati, bene inteso); in caso contrario non me ne vogliate se stenderò (almeno idealmente) un velo pietoso su tutto ciò che da noi si erge a democrazia. E se questo testo resterà lettera morta, significa che tanti sono gli uomini, e altrettante continueranno ad essere le opinioni diverse.

Ernesto Bodini

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