L’ETERNO DUALISMO: SANITÀ PUBBLICA E/O SANITÀ PRIVATA? IL RUOLO DELLA PUBBLICITÀ

Nel rispetto dei diritti di chi esercita come pure di chi fruisce, spesso le rispettive scelte sono condizionate da carenze e difficoltà economiche

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e opinionista)

È indubbio che la pubblicità ha il suo significato quale utilità come motivo di esistere. Ed è un mondo in continua espansione sia per i prodotti da far conoscere, sia per l’intensificarsi dei mezzi di comunicazione preposti a tale scopo. La produzione comunicativa quotidiana è veramente immane ed è sempre più difficle districarsi dovendo scegliere questo o quel prodotto e/o prestazione e, per essere di maggior effetto, ci sono determinate figure (esperti pubblicitari) che studiano di volta in volta le strategie più indicate per convincere il consumatore. Ma la pubblicità si estende ormai in tutti i settori, persino in ambito sanitario per far conoscere determinate opportunità di cura, ovviamente in ambito privato. Recentemente sui quotidiani è apparso un slogan breve ma di sicuro effetto: “La salute prima di tutto”, a firma di una assicurazione e di una banca assai note. Un invito che suona come se la nostra salute non fosse sufficientemente garantita dal SSN, ed è pur vero che uno spot pubblicitario non produce alcuna costrizione di acquisto o di adesione, ma è altrettanto vero che uno slogan completato da qualche dettagliata descrizione contornata da una immagine eloquente, e ospitato in una intera pagina dei quotidiani, sicuramente qualche effetto in più è recepito da potenziali clienti. A mio avviso, che da sempre sostengo che la sanità deve essere prevalentemente pubblica, in caso contrario tanto vale “riformare” la Riforma del 1978, e non trovo poi tanto democratico (al di là del diritto della iniziativa privata) esteriorizzare la sanità privata con l’ambizione di “superare e/o eguagliare” quella pubblica, fermo restando il fatto che la libera professione è sempre esistita e che sempre esisterà. Questa mia osservazione, di fatto non vuole alienare in toto la santà privata, ma esteriorizzarla con largo censo da parte della pubblicità sembra voler dire che, laddove latita il pubblico, ben compensa il privato… magari con gli opportuni sostegni assicurativi. Personalmente conosco ottimi opertori sanitari, sia quelli che lavorano in Strutture pubbliche sia quelli che lavorano in Strutture private e, fra i liberi professionisti, ve ne sono alcuni che talvolta si rendono disponibili (gratuitamemte) intevenendo su pazienti affetti da particolari situazioni patologiche…, offrendo loro quel “conforto clinico ed umano” che non hanno trovato nel servizio pubblico. Ora, se mi si vuol leggere tra le righe (con l’accortezza di non fraintendermi), non intendo demonizzare nessuno in particolare, ma ribadisco che la pubblicità dal tratto decisamente incisivo, può in qualche modo “disorientare” se non addirittura “condizionare” le scelte del fruitore. Ben venga, dunque, il rispetto del diritto, guai se così non fosse; ma anche in tempi di congiuntura e a rischio di recessione, o quasi, è bene che il SSN garantisca in ogni caso meglio e di più al cittadino, partendo dal presupposto che la salute è un bene che deve essere sempre garantito a tutti e, le carenze soprattutto territoriali, non devono indurre il cittadino a ricorrere tout court al servizio sanitario privato (ben vengano  comunque le convenzioni e gli accreditamenti), con una serie di “scuse” come le interminabili liste di attesa e carenza di organico. Insomma, a mio modesto parere questo “dualismo” ha evidenziato e continua ad evidenzare pazienti abbienti e pazienti non abbienti, e non trovo logico che chi per “salvarsi la pelle” debba necessariamente bussare alle porte della sanità privata… solo perché il servizio sanitario pubblico in quel momento non è stato in grado di soddisfare al meglio le esigenze di uno o più pazienti.

Ovviamente tutti hanno diritto di fare delle scelte, ed è inconfutabile, ma mi chiedo se ha ancora un senso la Riforma del ’78 e, a tal riguardo, rammento che negli ultimi tre-quattro anni oltre 13 milioni di italiani non hanno potuto fruire della sanità pubblica per motivi economici e/o burocratici, e una percentuale di essi si è indebitata per farsi curare (inevitabilmente) dalla sanità privata. E le assicurazioni che ruolo hanno? Questo è un capitolo non meno delicato ed ancora più “penalizzante” per il cittadino, in considerazione del fatto che le stesse si propongono a sostegno non solo della sanità privata ma anche di altri servizi per i beni di consumo. Se poi apriamo il capitolo del Federalismo, sanitario in particolare, mi si lasci dire che anche alcuni articoli della Costituzione andrebbero rettificati; ma purtroppo probabilmente ciò non avverrà mai perché ritengo che il nostro sistema si nasconda dietro il paravento della filosofia dei padri della Costituente, da tempo sepolti e non più utili testimoni del loro reale modo di intendere in concreto ciò che è diritto e ciò che è dovere… di tutti! Vorrei concludere con una considerazione in merito a questo lungo periodo pandemico. I sanitari del SSN si sono spesi sino all’inverosimile, tan’è che non pochi medici e infermieri hanno perso la vita durante le loro prestazioni, e va inoltre detto, ad onor del vero, che anche un buon supporto non è venuto meno da parte della sanità privata, in ambedue i casi incluso il valido contributo del volontariato. E proprio in merito a questa sorta di “simbiosi”, si sono ottenuti ottimi risultati guarendo molti pazienti e salvando molte vite. Ora, che siamo quasi alla fine di questo tunnel, è bene che chi gestisce la sanità pubblica garantisca con maggior obiettività e raziocinio il rispetto di tale diritto, cercando di mediare al meglio quel dualismo ancor più accentuato dalla pubblicità.

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