L’ESALTAZIONE DELLA FEDE SPORTIVA… AI LIMITI DELLA IRRAZIONALITÁ

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

 

 

 

In questi giorni il mondo dello sport, e non solo, è in festa per i brillanti risultati ottenuti da quella che è definita in diversissimi modi la squadra di calcio bianconera. Un elisir di tutto respiro tanto che i moltissimi fan (e sponsor) si perdono in una miriade di manifestazioni più o meno plateali, e questo al centro e in primo piano sui quotodiani nazionali. Per non parlare poi delle performance esibizionstiche dei più esaltati: dagli stessi protagonisti dello sport calcistico ai tifosi d’ogni età e ceto economico e socio-culturale, entambi (a mio avviso) per la maggior parte assai modesto. Le manifeste espressioni dichiarate pubblicamente, anche sotto intervista, vanno oltre il lecito della razionalità come ad esempio una nota signora afferma: «…io amo questa squadra da quando ero bambina…», tanto da dare ampio lustro alla sua fede con la pubblicazione “Il mio cuore bianconero” (Rizzoli editore, in uscita dal 30 aprile); oppure espressioni collettive come «Siamo noi i campioni», «Siamo noi i vincitori», «La nostra fede sportiva nasce dal cuore», e si potrebbero citarne a iosa (anche per altri tipi di sport). Ma come se non bastasse le performance in campo di alcuni calciatori non solo sono plateali per gli effetti del “calcio-pallone”, ma anche per quegli esibizionismi che vanno dal mettersi a torso nudo ad avere espressioni mimiche (e verbali) che nemmeno un clown si sognerebbe di offrire al suo pubblico. Ed ancor peggio quando si manifestano quelle azioni di scorrettezza verso i compagni di gioco (avversari) tra insulti, ed epiteti rivolti anche al pubblico che li applaude in ogni caso. Amore e fede espressi a favore dello sport si direbbe che sono metafore ma in realtà, a ben osservare la determinazione di tali “sentimenti”, sono manifestazioni improprie giacché l’amore come sentimento umano verso la persona umana e la fede come concetto di una credenza ai fini religiosi ed esistenziali, da sempre hanno rappresentato la quintessenza dell’Essere… e non certo di ciò che è mero materialismo. Per secoli poeti, narratori, drammaturghi, attori hanno posto in risalto il verbo amare nel senso di volersi bene l’un l’altro, e per altrettanti secoli in ossequio a questo sentimento molti hanno perso la vita o si sono sacrificati, e altri hanno sofferto; ma soffrire o andare in delirio per una delusione di carattere sportivo è del tutto irrazionale e, a dirla fino in fondo, ha molto poco dell’umano… E una ulteriore assurdità è rappresentata dal fatto che i cosiddetti idoli dello sport, come del resto anche del cinema e della canzone, sono milionari (se non anche miliardari) grazie proprio alla costante presenza e sostegno dei loro fan che, per seguirli, talvolta impegnano le loro ultime risorse economiche e magari in taluni casi vengono meno ai loro doveri fmiliari e di contribuenti nei confronti delle Istituzioni! Discorso a parte, a mio avviso, merita lo sport praticato dai disabili, nel cui ambito solitamente non c’è nessuno che si arricchisce… anzi. Il loro fine principale è socializzante e terapeutico, oltre ad inseguire quel sogno che consiste nel superare il trauma della lesione subita, e al tempo stesso dimostrare di avere ancora delle chance e di essere sempre parte integrante del tessuto sociale. Va da sé che è sempre gradito un riconoscimento morale (possibilmente privo di ipocrisia e compatimento), o più semplicemente un trofeo o una medaglia ricordo e poter quindi dire: «Anch’io sono uno sportivo e ho dato il meglio di me stesso». In questi casi senza compensi di natura economica. Ma ciò fa parte di un altro capitolo dell’etica sportiva-esistenziale…

 


Con questa analisi non si vuole demonizzare lo sport, l’arte del cinema e della canzone ed al seguito la nutrita tifoseria, ma con tutta obiettività evidenziare i concetti dei paradossi e della irrazionalità, i quali poggiano le basi su effimeri valori di una maturità che in tanti altri contesti, come in questo, tarda a crescere. Una sorta di nanismo ancor più avvalorato da alcuni rappresentanti istituzionali che, in più occasioni, rivolgendosi ad assi dello sport ricevuti in udienza, nei loro confronti si sono così espressi: «Voi siete l’orgoglio della Nazione». Una affermazione davvero “forte” e fuori luogo che richiama alla memoria l’acume del filosofo francese Francois de La Rochefoucauld (nella immagine, 1613-1680), il quale sosteneva che «Gli uomini non vivrebbero a lungo se non si ingannassero a vicenda».

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