LE RADICI DEL PASSATO UN RICHIAMO ALLA NOSTALGIA

Le conquiste odierne, ossia quelle più recenti, non hanno nulla a che vedere con quelle più “nobili” che hanno generato personaggi illustri dal lungo elenco e uomini semplici il cui valore è dato dal meno apparire…

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Si dice da tempo che le conquiste sociali costituiscono un  progresso, in ogni loro manifestazione, ma che sono anche  sinonimo di regresso, ossia prima o poi una conquista la si paga a caro prezzo. È pur vero che la libertà di stampa nel nostro Paese è stata una conquista in quanto inserita nella Costituzione, ma è altrettanto vero che la libertà dei costumi, ossia del fare e del manifestare qualunque cosa e ovunque, ha portato e porta continuamente ad episodi di indecenza se non anche di intolleranza; per non parlare poi, sempre in tema di comunicazione, delle proposte televisive, cinematografiche e di spettacolo la cui trama spesso suscita emulazioni di vario tipo. Oggi, non sono pochi coloro che fanno parte delle nuove generazioni, per niente umili, che non si accontentano del proprio status sociale (ed economico) che il destino ha riservato loro e, considerandosi insoddisfatti, pretendono (ancor prima di imparare cosa significa avere un lavoro e ad autogestirsi) di avere quello che forse non potranno mai avere, molto probabilmente perché non ne hanno il merito… o anche per ingiustizia. Ecco che allora, ad esempio, vengono in loro “soccorso” programmi televisivi meglio identificati come “reality show”, i cui produttori e registi (sempre più assatanati) studiano e propongono trame che consistono nel far partecipare gruppi di coppie (anche molto giovani) per gareggiare, rasentando finalità più o meno irrazionali allettandole con un monte premi (denaro o gettoni d’oro), e i prescelti con qualche contratto (bastasse solo quello, sic!) per apparire sul palco della notorietà e godere di una fama che sta a metà strada tra merito sul campo e illusione di un futuro senza seguito… Ma in buona sostanza cosa serve per destare l’attenzione dei produttori di determinati programmi ed essere accolti tra le loro braccia (tentacoli di piovre), sperando di fare fortuna in quel mondo che di morale (a mio avviso) ha ben poco? Oggi “l’input” è apparire a tutti i costi vestiti (meglio poco che tanto) e truccati in modo indecente, esprimersi in modo assai discutibile e lanciando anatemi contro i moralisti, avvalendosi di libertà interiori ed esteriori che nemmeno quelli del “68”, che io ricordi, si sarebbero sognati di pretendere. A quell’epoca c’erano i cosiddetti “figli dei fiori”, capelli lunghi e una chitarra in mano, le cui invocazioni musicali e le pacifiche riunioni volgevano a quel pacifismo di cui c’era tanto bisogno… e per un po’ lo si è goduto. Da allora le conquiste sociali e culturali, sia pur in parte discutibili ma accettabili. Inoltre anche i messaggi pubblicitari di allora erano più contenuti nel tema (all’insegna della sobrietà) e nella esposizione verbale, forse più puerili e perché no anche un po’ ingenui, ma sicuramente più genuini e privi di immoralità; mentre oggi molti spot presentano prodotti dalla coreografia spesso allusiva come dimostrano la réclame dei materassi, dei profumi, della biancheria, dei sanitari igienici, etc. Ora mi si potrebbe etichettare censore, pudico, bacchettone e forse quant’altro ancora (preciso che non sono un frequentatore di balaustre), ma niente di tutto ciò mi si addice perché se i concetti di educazione, etica e rispetto per la persona hanno ancora un valore, non si può rinnegare un passato in cui sono cresciute generazioni che hanno contribuito ad un sano sviluppo culturale, tant’è che i rapporti sociali erano più umili, spontanei e fraterni. Dal punto di vista dell’istruzione grande utilità e notevole successo ebbe il noto Corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta, un programma televisivo italiano curato da Oreste Gasperini, Alberto Manzi e Carlo Piantoni, prodotto dalla Rai in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione, tra il 1960 e il 1968. Andava in onda dal lunedì al venerdì, originariamente sul Nazionale e, successivamente, sul Secondo Programma. Questa rievocazione non solo è nostalgica ma sarebbe utile per gli attuali oltre 4 milioni analfabeti di ritorno anche perché, a mio avviso, leggere su internet non è come leggere un libro in versione cartacea: non a caso nel nostro Paese i lettori reali sono diminuiti sensibilmente e, la chiusura di non poche librerie, ne sono una tangibile conferma. Questa mia breve “analisi sociologica”, pur non avendone il relativo titolo, vuole comunque essere una sorta di “j’accuse” contro quella eccessiva libertà non sempre meritata. E in questo senso rammento la saggezza dello scrittore Mario Rigoni Stern (1921-2008) il quale esortava a leggere, studiare e lavorare sempre con etica e con passione; a ragionare con la propria testa e imparare a dire di no. È pure giusto essere ribelli per una giusta causa e difendere la natura e i più deboli. Nel contempo non essere conformisti e non adattarsi al carro vincitore, ma essere forti e liberi altrimenti quando saremo vecchi e deboli rimpiangeremo le montagne che non abbiamo salito e le battaglie che non abbiamo combattuto. Purtroppo, l’andamento di questi ultimi tempi non promette nulla di buono, e non si vada accampando la scusa della pandemia: un virus potrà incutere paura, e persino terrore, ma non sarà mai responsabile dei nostri eccessi che vanno ben oltre i confini dell’etica e del buon gusto del vivere civile.

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