LE LISTE DI ATTESA, OGGI. CONOSCERE DIRITTI E DOVERI IN SANITÀ

Come farvi fronte ora che devono essere ridotte al minimo. Occorrono più risorse umane e maggiori investimenti di denaro e di tempo dedicato, oltre a trasparenza e più collaborazione tra pazienti e operatori sanitari.

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)

È sempre un “dramma” quando si ha bisogno della sanità pubblica in particolare dovendo far fronte alla fatidiche liste di attesa, per superare le quali ci si deve attenere alle cosiddette classi di priorità. La definizione e i criteri sono stabiliti dal  Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA), in cui si evince la classificazione nazionale delle classi di priorità, l’individuazione delle prestazioni ambulatoriali e le condizioni cliniche specifiche, ossia Urgente (U): prestazione da eseguire entro 72 ore, Breve (B): prestazione da eseguire entro 10 giorni, Differita (D): da eseguire entro 30 giorni per le visite ed entro 60 giorni per gli accertamenti specialistici, Programmata (P): da eseguire senza priorità (6 mesi e oltre). Sono escluse dalle modalità di accesso per classi di priorità: i controlli previsti nell’ambito della continuità diagnostica terapeutica, le prestazioni effettuate pre e post ricovero ospedaliero, le prestazioni nell’ambito degli screening della popolazione. La classe di priorità di una prestazione viene stabilita e contrassegnata (obbligatoriamente) dal medico compilatore dell’impegnativa. Il medico prescrittore compilerà in ogni sua parte l’impegnativa, selezionando nell’apposito riquadro la priorità della prestazione (U, B, D, P), devono essere necessariamente indicati la data di presentazione, il quesito clinico riconducibile a quanto stabilito nel Disciplinare tecnico per la prestazione di riferimento che sarà oggetto di valutazione da parte dello specialista erogante. Questi criteri, a parte le urgenze, durante questo periodo pandemico non si è potuto osservarli e ciò ha causato ulteriormente il prolungamento delle liste di attesa e il ricorso alla sanità privata in convenzione, e non. Tale conseguenza ha inoltre ritardato diagnosi e trattamenti medici e chirurgici sia pur non urgenti, ma nel contempo l’attesa senza un data di “ripresa” è stata motivo di apprensione, e probabilmente con il rischio di un possibile aggravamento del sintomo e/o della patologia in corso. Ora, che ci si sta avvicinando, sia pur lentamente, alla normalità, le Regioni devono attivare ogni sforzo possibile per ridurre le liste attesa, e quindi appianare tutto il pregresso in sospeso: visite specialistiche e cure mediche e chirurgiche. È immaginabile che ciò comporti ulteriori investimenti di risorse umane e maggior tempo da dedicare, tanto che si può ipotizzare il prolungamento dell’orario (straordinari per personale medico e infermieristico), ma sarebbe bene intensificare una maggior collaborazione tra medici di famiglia, ambulatoriali del territorio e ospedalieri. A questo punto c’è anche da chiedersi quanto è informata la popolazione sulle possibilità di ripresa, e soprattutto come deve agire nei casi in cui le prestazioni non venissero erogate secondo le disposizioni su descritte e, ovviamente, motivate dalle concrete necessità cliniche del paziente.

Richiamando l’attenzione sull’aspetto legislativo rammento che quanto esposto rientra nel PNGLA 2019-2021, nella Legge 266/2005  e nel Dlgs 124/1998. In merito a quest’ultimo al punto 13 è precisato. «Fino all’entrata in vigore delle discipline regionali di cui al comma 12, qualora l’attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato dal direttore generale ai sensi dei commi 10 e 11, l’assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero-professionale (intramoenia), ponendo a carico dell’Azienda Sanitaria Locale(ASL) di appartenenza nel cui ambito è richiesta la prestazione, in misura eguale la differenza tra somma versata a titolo di partecipazione al costo della prestazione e l’effettivo costo di quest’ultima, sulla scorta delle tariffe vigenti». Per contro, bisogna considerare che il paziente che non si presenti, ovvero non preannunci l’impossibilità di fruire della prestazione prenotata è tenuto, se non esente, al pagamento della quota di partecipazione (ticket), e comunque si ritiene possibile l’adozione di eventuali sanzioni amministrative secondo le relative disposizioni regionali. Ma va anche precisato che quando i tempi di attesa previsti dalla legge non vengono rispettati, il cittadino ha diritto ad ottenere la prestazione in regime libero-professionale pagando solo il ticket (se non esente) come stabilisce il Dlgs 124/1998. Pur considerando provvedimenti regionali a carattere modificativo, integrativo e applicativo in merito al su citato Dlgs, gli stessi sono da ritenersi in contrasto con quanto prevede il PNGLA 2019/2021, in quanto è pur vero che sussiste l’autonomia regionale, ma è altrettanto vero che tale posizione lede di fatto i diritti del cittadino che fa parte del SSN; e non è pensabile che una Regione possa “dissentire” da quanto prevede una Legge dello Stato, diversamente si tratterebbe di una sorta di “anomia coercitiva”, con la conseguenza che il non poter ottenere ad esempio una visita specialistica senza una data precisa, è come se il paziente non si fosse recato dal proprio medico curante accusando in quel momento un determinato sintomo e vedersi vanificare la proposta prescrittiva della visita specialistica. Inoltre, se la lista di attesa  per una determinata prestazione viene sospesa, tale sospensione o chiusura (specie se a tempo indeterminato) rimane un’azione illegittima punibile per legge (Legge n. 266/2005, art. 1, commi 282 e 284); ed è pure dato a sapere che, se gli obiettivi di salute e assistenziali non dovessero essere raggiunti, la Direzione Generale dell’Asl o della A.O., può automaticanente essere rimossa dal suo incarico per inadempienza, come del resto  indicato dal Dlgs 502 del 30/12/1992, art. 3 bis, comma 7 bis. È bene anche sapere che, se al momento della prenotazione viene comunicato che la lista di attesa per  la prestazione richiesta è bloccata, l’interessato deve segnalare (per Raccomandata o Pec) il fatto, alla Direzione Generale della ASL e all’Assessorato alla Sanità della propria Regione di residenza, chiedendo il modulo per lo sblocco delle liste di applicazione dell’ammenda.La procedura suggerisce inoltre di contattare il Centro Unico Penotazioni (CUP) per conoscere quali altre strutture possono erogare la prestazione. Nel caso dei superamenti massimi è opportuno chiedere l’individuazione della struttura pubblica, o convenzionata, in grado di erogare la prestazione in intramoenia (in tempi eccettabili) senza oneri aggiuntivi oltre al ticket quale partecipazione alla spesa. In caso di eventuali discordanze e/o incomprensioni, è doveroso che il cittadino si rivolga di persona o per iscritto all’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP) della Struttura sanitaria di riferimento; in subordine alla Direzione Sanitaria della stessa e, se il caso, informare l’Assessorato della Sanità della Regione. Va da se che trasparenza, onestà e buon senso devono coesistere da ambo le parti e, in assenza di tali criteri, le liste di attesa resteranno sempre un ostacolo da affrontare.

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