LE COLPEVOLI FAKE NEWS IN PERIODO DI PANDEMIA

 A Roma un evento in versione online promosso da Rerelab per contrastare le false informazioni in tema di Emergeza Covid-19

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)

É noto che le false informazioni coinvolgono la nostra emotività, sfruttando inoltre la nostra ignoranza e superficialità, e per questo vengono credute più delle informazioni reali. Con il termine giornalistico-letterario sono definite fake news (più popolarmente bufale), ossia tutte quelle informazioni, su qualunque argomento, che vengono diffuse attraverso i vari mezzi di comunicazione: oltre alla carta stampata, televisione e radio, i cosiddetti social network (Facebook, Twitter, WhatsApp, Instagram, etc.). Un sistema sempre più allargato per diffondere false notizie d’ogni sorta, e cosa importa se vere o false? Certo che importa perché se si stratta soprattutto di notizie riguardanti i temi della scienza medica e quindi della salute, esse si possono paragonare a mine vaganti. A questo riguardo, a cura di Rarelab, si è tenuto a Roma il webinar “Emergenza Covid-19: comunicazione e informazione ai tempi del coronavirus tra infodemia e fake news”, che ha visto la partecipazione in online di noti esperti del settore medico-scientifico, al fine di fare chiarezza su come deve essere una corretta informazione  di notizie inerenti la pandemia da Covid-19. L’evento ha inteso fornire una guida utile ad orientarsi nella gestione delle notizie a fronte dell’attuale emergenza. «All’inizio dell’anno – ha ricordato Ilaria Ciancaleoni Bartoli (nella foto), presidente Rerelab (Società editrice della testata giornalistica Osservatorio Malattie Rare) – il significato del termine “Coronavirus” era quasi sconosciuto ai più ma oggi, a distanza di pochi mesi, tutti lo conoscono, e lo stesso si può dire anche per il termine Infodemia. Il livello di imprecisione delle informazioni in merito al virus SARS-CoV-2, ai meccanismi con cui si trasmette, ai metodi con cui si individua e alle terapie con le quali la scienza spera di fermarlo, ci hanno indotto a riunire un gruppo di esperti in grado di spiegare i temi salienti di questa pandemia e rispondere agli interrogativi della gente, cercando nel contempo di sfatare i falsi miti ad essa legati. E ciò nell’interesse di tutti i malati, rari e meno rari, delle categorie a maggior rischio di contrarre l’infezione e di tutti coloro che hanno la responsabilità di tenere informati i cittadini». Secondo un recente studio dell’Agcom, nel periodo 21/2 -22/3 di quest’anno le notizie Covid-19 diffuse da fonti di disinformazione online sono aumentate raggiungendo una media giornaliera del 38% sul totale della produzione, rispetto al mese precedente che risultavano essere il 5%. Il mondo della comunicazione, soprattutto durante la pandemia, appare stabile: da un lato a causa della diffusione di fake news e dall’altro attraverso l’infodemia, ossia la circolazione di una mole eccessiva di informazioni, tavolta opportunamente non vagliate con la difficoltà ad orientarsi su un preciso argomento e di individuare fonti attendibili. Fenomeni che richiedono opportuni interventi  per correggere la continua diffusione di false od errate notizie.

Tra gli intervenuti Fabrizio Pregliasco (nella foto), virologo dell’università di  Milano e direttore sanitario dell’IRCCS (Milano); Antonella Viola, professore Ordinario di Patologia Generale al Dipartinento di Scienze Biomediche dell’università di Padova e direttore scientifico dell’Istituto di Ricerca Pediatrica IRP-Città della Speranza; Susanna Esposito, professore Ordinario di Pediatria all’università di Parma, e direttore della Clinica Pediatrica dell’ospedale dei Bambini dell’A.O.U., nonché presidente dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici (Waidid); Stefano Vella, esperto di Sanità pubblica e infettivologo; Sandra Petraglia, dirigente Area Pre-Autorizzazione AIFA; Michele Conversano, presidente  HappyAgeing, direttore del Dipartimento di Prevenzionee del Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dell’Asl di Taranto; Roberta Villa, giornalista, Task Force del Governo di contrasto alle Fake News.

Nel corso del webinar è stato ricordato che «il virus SARS-CoV-2 fa parte del gruppo dei Coronavirus ed il terzo ad essersi diffuso a livello mondiale nell’ultimo ventennio. Di questo nuovo virus si sa che è stato appreso in maniera diretta, affrontandone le conseguenze e sono ancora molte le domande senza risposta, soprattutto in merito alle modalità con cui entra nell’organismo e al tipo di immunizzazione generata dallo stesso in seguito all’infezione. Ad oggi si sa che la trasmissione avviene da persona a persona tramite le minuscole goccioline di saliva, o aerosol, che una persona emette con la tosse e gli starnuti. Si sa inoltre che in alcuni individui il virus è responsabile di una sindrome respiratoria acuta dalle gravi conseguenze, mentre in altri l’infezione può avere uno sviluppo pauci-sintomatico, contraddistinto da sintomi: febbre e tosse, o addirittura in alcuni soggetti è asintomatico. Inoltre, c’é ancora da appofondire per comprendere sui protocolli terapeutici maggiormente efficaci e soprattutto sul tipo di anticorpi che il nostro organismo produce in risposta all’infezione, e sui tempi in cui tale processo avviene».

È dato a sapere che una fake news in Sanità “fa danni enormi con costi sociali ed economici notevoli”, e a comportare il maggior rischio di condivisione e percezione di veridicità, ad esempio sono le bufale sui vaccini. Secondo quanto rilevato (2019) dal progetto di ricerca finanziato del Ministero della Salute e condotto dal Ceis-Egtha dell’università Tor Vergata di Roma, che ha coinvolto oltre 1.600 partecipanti, il 60% del campione condividerebbe la fake news proposta, anche se solo poco più della metà “la ritiene veritiera”. Il 92,4% delle notizie false appartiene all’ambito dei vaccini. Ma perché si crede alle bufale soprattutto sul web? In proposito il biologo e giornalista scientifico dell’università di Harward, sostiene che «a parte la scarsa attenzione dei giornalisti, se una notizia “piace” si finisce per crederla vera. Non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma esseri emotivi che pensano: la prima area del cervello che si attiva di fronte a un messaggio è sempre quella deputata alle emozioni, solo dopo si accende la corteccia razionale». In sostanza scegliamo emozionandoci, poi troviamo una giustificazione a ciò in cui crediamo in quanto siamo razionalizzatori, più che razionali. Sulla salute, in particolare, è più facile che bufale e false credenze si diffondano proprio perché è un settore che coinvolge molto di più di altri l’emotività. E in questo periodo così delicato in cui tutta l’umanità è coinvolta, e inevitabilmente anche i mass media, sarebbe opportuno adottare qualche strategia per difendersi da queste “saette fuorvianti”, ad esempio, come suggerisce la psicologa Guendalina Graffigna dell’università di Milano, «allenando il senso critico e dando credito solo a fonti di informazione autorevoli, anche se purtroppo, a volte sono autoreferenziali  tanto da essere messe in discussione in quanto il modo di comunicare appare antico… se non desueto».

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